CARENA, Angelo Paolo Francesco
Nacque a Carmagnola il 6 marzo 1740 da Ignazio, dottore in medicina e da Francesca Caterina Roppo. La famiglia, stabilita da secoli in tale località, fu nel Seicento nell'elenco di quelle che presentarono le loro armi gentilizie per ottenere il riconoscimento dei propri titoli. Ma, a dire del Manno, dopo il 1589 le patenti di nobiltà vennero attribuite ai suoi componenti solo ad personam, senza la trasmissibilità.
L'adolescenza e la giovinezza del C. furono fortemente dominate dalla volontà paterna. A lui infatti, desideroso di agevolare gli studi del figlio, si dovette la decisione di trasferire la residenza familiare a Torino. Qui il C., seguendo la propria naturale inclinazione per le scienze esatte, in particolare per l'ottica, si iscrisse alla facoltà di fisica e matematiche, dedicandosi, assieme al conte Carlo Ludovico Morozzo, allo studio di strumenti quali il telescopio e il microscopio. Ma fu ben presto costretto dall'insistenza del padre ad abbandonare le discipline predilette per quelle giuridiche. L'11 giugno 1762 si laureò a pieni voti. Al corso teorico fece seguire un periodo di pratica presso un certo avvocato Anelli, di cui si sa che patrocinava le cause dei cittadini milanesi in Torino; ma, poco attratto dalla professione forense, preferì entrare come voloritario nell'ufficio del procuratore generale presso la Camera dei conti sperando di conseguire una regolare assunzione come sostituto di tale magistrato.
L'ufficio non gli dovette tuttavia essere mai conferito, nonostante l'affermazione contraria di alcuni suoi blografi, dal momento che nei registri relativi a tale magistratura, conservati nell'Archivio di Stato di Torino, non vi è traccia di una sua nomina. Già il Claretta, autore di un ampio ed esauriente studio biobibliografico sul C., del resto, si pronunciò in senso negativo, citando la testimonianza non sospetta contenuta in una memoria d'un cugino del C. che quasi sicuramente va identificato con quel Paolo Emilio Carena che, negli anni in cui il C. frequentava l'università torinese, vi era divenuto professore di diritto. Sebbene non si conoscano i reali motivi della sua esclusione dall'impiego, certo van qui ricordati, come dati oggettivi, ma non esattamente valutabili, la diffidenza e l'ostilità degli ambienti più conservatori, quali quello di corte e quello degli uffici pubblici, durante il regno di Carlo Emanuele III, nei confronti di chi, come il C., si era dedicato agli studi storici, considerati pericolosi per la sicurezza stessa dello Stato, a tal punto che si limitò la libertà di azione sia nella ricerca archivistica (esperienza cui il C. sembra talvolta alludere cautamente), sia nella scelta del periodo storico da indagare. In questo quadro acquistano piena credibilità quindi le affermazioni del cugino, che scrivendo al conte Morozzo dell'amara e più grave delusione patita dal C. negli ultimi tempi della sua vita, cioè quella della mancata missione negli archivi della Savoia, di cui sarebbe stato ufficialmente incaricato, ma poi "impedito per mezzo di segreto rigiro", aggiunse che dopo la sua morte non si era trovato "in casa verun biglietto né ordine del signor duca di Savoia, poiché furono le scritture… involate" (Claretta, p. 133).
Ben più favorevole dell'ambiente di lavoro, gli fu quello degli studi nel quale trovò consenso pressoché immediato, riconoscimenti e l'approvazione di cui la sua natura sensibile aveva bisogno. Dopo aver interrotto gli studi prediletti di ottica, infatti, il C. aveva orientato i propri interessi verso un campo nuovo, quello delle discipline storiche, che non gli risultò meno congeniale e gli consentì di esplicare l'innata attitudine ad una ricerca di tipo scientifico, che ebbe a modello il Muratori e, più direttamente, l'iniziatore in Piemonte della moderna storiografia G. T. Terraneo, che gli fu "guida amorevole nella ricerca della patria storia". Un suo saggio, le Observations sur le cours du Po, nel quale si intrecciano cognizioni strettamente storiche a nozioni topografico-geologiche al fine di illustrare le modificazioni ambientali e paesaggistiche del corso di tale fiume attraverso i secoli, fu pubblicato nel 1762, nel secondo tomo dei Mélanges de philosophie et de mathématique della Société Royale, la futura Accademia delle scienze, da poco fondata e di cui il C. fu socio dal 1760. Ancora nel 1762 diede alle stampe un altro suo breve studio, le Osservazioni sopra l'età di Omero e di Esiodo, in appendice al Saggiosopra la letteratura italiana di C. Denina (Torino-Lucca 1762), nel quale basandosi soprattutto sulle Storie di Erodoto intese determinare l'epoca di fioritura dei due poeti.
Ma la maggior parte dell'opera careniana rimase inedita ed è quindi giunta, ad eccezione di alcuni saggi pubblicati postumi, in forma mqnoscritta, talvolta autografa. Passata alla morte del C. in mino a G. Vernazza (che gli fu affettuosissimo amico e condivise con lui il profondo interesse per gli studi patri), e, da questo, in buona parte, a Prospero Balbo, fu in seguito acquistata dalle biblioteche reale e universitaria di Torino. Di alcuni scritti furono redatte copie a cura di amici e studiosi, cosicché rimane aperto il problema della sopravvivenza di quelli di cui già il Claretta non conosceva l'ubicazione o il cui unico esemplare a lui noto andò distrutto nell'incendio della Biblioteca universitaria di Torino. Una completa bibliografia delle opere del C. fu compilata dallo stesso Claretta che ne diede anche un'ampia descrizione. La più antica, che si ritiene dati al 1759, dovrebbe essere il Ragionamento sulla povertà religiosa, una dissertazione di carattere storico-giuridico con cui l'autore si propose di dimostrare come l'acquisto e l'abuso dei beni temporali avessero deviato la Chiesa e in particolare le comunità religiose dai fini spirituali per cui furono costituite. Del 1762 è il breve Saggiosulla storia della Sardegna (il cuimanoscritto è stato esaminato dal Claretta), svolto in parte e interrotto dal C. in seguito a difficoltà di consultazione del materiale archivistico relativo; ma assai interessante perché per la prima volta il C. enuncia quei principi ai quali si deve attenere lo storico nella propria ricerca, che troveranno poi nei Discorsistorici la loro definitiva formulazione. La profonda attitudine critica del C. e la validità del metodo scientifico applicato alla ricerca storica da lui propugnato, trovarono una piena conferma nelle Osservazioni sopra il "Memoriale" di Raimondo Turco (1764), con cui dimostrò in modo definitivo, rilevandone le incongruenze e gli errori, la falsità di un testo ch'era considerato una delle principali fonti della storia astigiana.
Del 1766 sono i Discorsi storici, l'opera che attrasse di più l'attenzione degli studiosi, non solo contemporanei, e la cui diffusione è attestata dall'esistenza di più copie manoscritte.
Con i Discorsi il C. intese affermare l'utilità degli studi storici locali, indicando quali ne dovessero essere gli sviluppi e quali strumenti fosse necessario predisporre per un corretto svolgimento delle indagini. Il problema della metodologia della ricerca, la cui istanza è fondamentale nel C., viene qui affrontato in modo definitivo e, sebbene la trattazione non sia di tipo teorico, ma proceda per enunciazioni concrete e pratiche, essa sottintende una chiara individuazione dei problemi preliminari in tale campo, talvolta anticipatrice rispetto ai risultati cui sarebbe pervenuta la storiografia piemontese posteriore.
Nella prima delle tre parti o "discorsi" in cui si articola il saggio, dopo aver affermato che la storia sabauda è in buona parte oscura, ma che la ricchezza delle sue vicende ne postula lo studio come improrogabile, e che dalla sua conoscenza trarrà giovamento il diritto del sovrano, il C. procede ad una analitica e completa individuazione delle fonti, la cui supremazia nel ricostruire la storia egli accetta come assiomatica. In particolare afferma la necessità di procedere a nuove raccolte: di scrittori patri, non parendogli abbastanza ampia quella muratoriana; di diplomi concernenti la storia d'Italia; di geografi e di storici a partire dall'antichità; di tutti i reperti archeologici, storici e geografici, che sono la testimonianza più diretta del passato; dei documenti relativi alla storia delle chiese e dei monasteri; degli statuti e dei sinodi. Nella seconda parte, intitolata Discorso intorno a ciò che potrebbe farsi per la raccolta ed illustrazione degli scrittori e monumenti delle cose patrie e per uso specialmente dei regi archivi, scende a più specifiche indicazioni sul modo di condurre la ricerca storica in Piemonte, proponendo la raccolta di tutti i documenti concernenti i diritti della Corona sia nei confronti dei sudditi che degli altri Stati; la costituzione di unn biblioteca storico-politico-diplomatica annessa ai regi archivi; la compilazione di indici generali, cronologici e sistematici per materia, di tutto il materiale documentario sparso in archivi pubblici e privati, civili ed ecclesiastici; la descrizione degli Stati sabaudi; la redazione di un trattato di numismatica sabauda; infine la pubblicazione a stampa di fonti indirette ch'egli segnala dandone una valutazione critica dettagliata. La terza parte o Discorso intorno ad alcune opere dall'autore intraprese e proposte ad alcuni suoi amici per concorrere con essi a comporle, rimasta incompiuta, costituisce una preziosa testimonianza dell'affermarsi degli studi storici in Piemonte ai tempi del Carena.
Delle rimanenti opere del C. vanno ancora almeno segnalate le Considerazioni sopra una nuova divisione delle provincie e diocesi (pubbl. da E. Bollati in Miscell. di storia italiana, XVII [1878], pp. 595-670), in cui il C., basandosi sugli esempi del passato esaminati nella loro successione cronologica, e dando concreta applicazione a una delle sue convinzioni più ribadite, quella dell'utilità della storia, propone un tipo di divisione territoriale subordinato alle esigenze di un decentramento giurisdizionale e amministrativo della cui opportunità dice: "E così riunirebbonsi ai vantaggi del governo monarchico e di un ampio Stato, la celerità delle operazioni del primo con l'ordine e l'accuratezza del secondo…". In forma per lo più di appunti, non datati, rimangono, a testimoniare la vastità degli interessi del C., altri brevi studi storicobibliografici e genealogici, che fornirono un prezioso sussidio a studiosi contemporanei che gliene avevano fatta espressa richiesta, come il conte Saluzzo; e a chi, dopo di lui, si occupò degli stessi argomenti, come L. Cibrario, I. Durandi, G. Vemazza, P. Balbo.
Nonostante le affettuose esortazioni al riposo del conte Morozzo che, a dire dello stesso C., gli fu sempre "amorevole e saggio mecenate", e di altri nobili e generosi amici, che cercarono invano di distoglierlo dall'ostinazione a un lavoro troppo assiduo, che comprometteva la sua già fragile salute, il C. morì appena ventinovenne a Torino il 16 ott. 1769.
Opere: Una breve descrizione dei manoscritti italiani del C., conservati nella Biblioteca nazionale universitaria di Torino anteriormente all'incendio del 1904, si trova in: B. Peyron, Codices Italici manu exarati qui in Bibliotheca Taurinensis Athenaei ante diem XXVI ianuarii MCMIV asservabantur, Taurini 1904. Di questi il solo superstite è l'O.II.23: Dell'origine dei titoli e progressi della R. Casa di Savoia, cui va aggiunto il K3.V.10: Notae variae, scritto in buona parte in latino e quindi estraneo al catalogo del Peyron (cfr. anche: F. Cosentini, Inventari dei manoscritti delle Biblioteche d'Italia, XXVIII, Torino, Firenze 1922). Con la distruzione dell'esemplare posseduto dalla Biblioteca naz. univ. di Torino si sono forse perdute alcune opere del Carena. In particolare: Ragionamento sulla povertà religiosa; Dictionnaire géographique des Etats de S.M.; Notizie storiche degli antichi Liguri e dei paesi da essi abitati; Sopra Quadrata, città della Gallia transpadana; Notizie di storia naturale patria che negli antichi si trovano; Descrizione dell'Italia.
Oltre alla Biblioteca reale di Torino, nei cui fondi si trovano i manoscritti careniani elencati dal Claretta, conservano manoscritti di opere del C. la Biblioteca della Provincia di Torino (ms. b. 2: Origine dei titoli della R. Casa di Savoia…) e l'Accademia delle scienze di Torino (ms. 0126: Discorsi storici).
Per quanto concerne la fortuna delle opere del C. va segnalata la già citata pubblicazione postuma delle Considerazioni sopra una nuova divisione delle provincie e diocesi.Inoltre la traduzione in italiano delle Observations sur le cours du Po di Carlo Baruffaldi, nella rara edizione di Ferrara del 1783.
Fonti e Bibl.: Di alcune fonti, non sempre accompagnate dalla precisa citazione archivistica, si è servito G. Claretta nel suo studio sulla vita e le opere del C., ancora oggi fondamentale per chi si accinga allo studio di questo autore. Si segnalano inoltre: Torino, Accademia delle scienze, mss. Cart.7502-7503: lettere autografe del C. in data 2 maggio 1769, 19 sett. 1769; Torino, Biblioteca reale, ms. Misc. 82.28: Notizie del C. raccolte da Prospero Balbo;Torino, Biblioteca nazionale: A. Manno, Ilpatriziato subalpino (dattiloscritto), sub voce;G. Claretta, Memorie storiche intorno alla vita ed agli studii di Gian Tommaso Terraneo, di A. P. C. e di Giuseppe Vernazza con documenti, Torino 1862, pp. IX, XII, 82, 131-198, 207 s.; commemorazione in Mémoires de l'Académie Royale des Sciences. Années 1784-1785. Première partie, Turin 1786, pp. IXs.; G. F. Galeani Napione, Discorso intorno alla storia del Piemonte, in appendice a Dell'uso e dei pregi della lingua italiana…, II, Milano 1819, pp. 344 n. 2, 345, 354, 357 ss., 360, 366, 374 s. (nota), 379 n. 1, 380-382; T. Vallauri, Delle società letterarie del Piemonte, Torino 1834, pp. 161 s., 284 G. Casalis, Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli Stati di S. M. il re di Sardegna…, III, Torino 1836, p. 612; L. Cibrario, Storia della monarchia di Savoia, I, Torino 1840, p. XXI; G. Claretta, Suiprincipali storici piemontesi e particolarmente sugli storiografi della R. Casa di Savoia…, Torino 1878, pp. 347-349; E. Bollati, Avvertenza, in Considerazioni sopra una nuova divisione delle provincie e diocesi… per A.P.F. C., in Misc. di storia ital., XVII(1879), pp. 597-601; Il primo secolo della R. Accademia delle scienze di Torino. Notizie storiche bibliografiche (1783-1883), Torino 1883, p. 154; R. Menochio, Memorie storiche della città di Carmagnola, Torino-Roma-Napoli 1890, pp. XI-XIII, 146; A. Manno, Bibliografia storica degli Stati della monarchia di Savoia, IV, Torino 1892, pp. 64 s.; D. Carutti, Storia della corte di Savoia durante la Rivoluzione francese e l'Impero, II, Torino-Roma 1892, p. 368; G. Mantellino, La scuola primaria e secondaria in Piemonte e particolarmente in Carmagnola dal sec. XIV alla fine del sec. XIX, Carmagnola 1909, pp. 236 s.; C. Calcaterra, Il nostro imminente Risorgimento…, Torino 1935, pp. 129, 169, 345; F. Cognasso, Vita e cultura in Piemonte, in Storia del Piemonte, II, Torino 1961, p. 695; G. Natali, IlSettecento, I, Milano 1964, pp. 364, 427.