PACCAGNINI, Angelo
PACCAGNINI, Angelo. – Nacque a Castano Primo (Milano) il 17 ottobre 1930, da Filippo, calzolaio e poi operaio, e da Rosa Marzorati, filandiera e casalinga, ultimo di quattro fratelli.
Iniziò a nove anni lo studio del clarinetto col maestro della banda del paese. Non senza sacrifici da parte della famiglia, si iscrisse poi al Conservatorio di Milano: si diplomò in clarinetto (1953), in musica corale e direzione di coro (1954) e, con Bruno Bettinelli, in composizione e strumentazione (1955).
Negli anni Cinquanta frequentò gli Internationale Ferienkurse für Neue Musik di Darmstadt ed entrò in contatto con Luciano Berio e Bruno Maderna. Le sue prime composizioni furono caratterizzate dall’adesione radicale al post-webernismo. Risale al 1958 il Concerto per violino e sei ensembles, che è stato indicato tra le prime composizioni italiane debitrici del post-webernismo, assieme alla Serenata n. 2 di Maderna (1957), Ideogramma n. 1 e 2 (1959) e Informel 1, 2, 3 (1961-63) di Aldo Clementi e Aleatorio (1959) di Franco Evangelisti (Lanza, 1991, p. 114). I puntillistici Tre brevi canti, per mezzosoprano e pianoforte (1958), su versi di Paul Éluard, vennero eseguiti da Cathy Berberian e Niccolò Castiglioni a Darmstadt.
Nel 1959 Paccagnini scrisse il primo lavoro di teatro musicale, Le sue ragioni, libretto di Elio Pagliarani.
Compare qui per la prima volta, affidato alle maschere della commedia dell’arte, il dramma dell’incomunicabilità, un tema ricorrente nella produzione del compositore. La prima ebbe luogo nel Teatro delle Novità di Bergamo, un palcoscenico importante attivo dal 1931 al 1973, che aveva per missione di inscenare ogni anno opere nuove di compositori italiani emergenti. Secondo Raymond Fearn (1998, p. 53), a Bergamo si sarebbe manifestato una sorta di ‘circolo di Milano’, formato da Paccagnini, Berio e Manzoni; fu soprattutto l’engagement morale e ideologico a caratterizzare questa ‘scuola milanese’ (Alberti, 2006, pp. 43 s.).
A cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta la ricerca di Paccagnini, abbandonata la fase strutturale, si fece più attenta alle dimensioni dell’ascolto e del suono, allo studio e all’impiego della voce, ai temi sociali e alla forza espressiva. Un esempio significativo fu Tutti la vogliono, tutti la spogliano (1966), opera di teatro musicale su libretto proprio in tre atti, sui ricorsi delle vicende del ‘ventennio’.
«Il canto senza parole di Marianna, allegoria dell’Italia, desiderata e spogliata da tutti, sottolinea il dramma umano che fa da sfondo tragico al farsesco dell’azione», scrisse Armando Plebe nel programma di sala (Venezia, La Fenice, 10 settembre 1966, cit. in Maurizi, 2004, p. 13). L’opera presentava anche una riflessione sullo spazio esecutivo: gli attori erano infatti mescolati tra gli spettatori.
L’interesse di Paccagnini per la ricerca sul suono si sviluppò grazie alla frequentazione con i componenti dello Studio di fonologia della RAI di Milano, al quale nel 1959 chiese di poter lavorare (lettera del 3 aprile; Milano, Archivio dello Studio di fonologia, n. 311). Il 1959 segnò anche un rinnovamento dello Studio: Berio si dimise da direttore, gli subentrò Renzo Dall’Oglio e lo Studio si aprì a un nutrito gruppo di compositori italiani e stranieri. Il primo brano elettronico di Paccagnini fu Sequenze e strutture (1961), una progressione di altezze sempre meno riconoscibili realizzate con generatori di onde e filtri.
In quel periodo fece una fugace esperienza di attore, non meno singolare che significativa per le corrispondenze con i temi toccati in molte sue opere: fu il protagonista di un controverso film di Augusto Tretti, La legge della tromba (1960), con attori non professionisti. Nel film, Paccagnini/Celestino, con i suoi strampalati compagni, incappa in una serie di disavventure che lo portano a concludere, con una battuta di chiusura declamata in cinepresa: «È il sistema che non funziona!». La colonna sonora fu realizzata dallo stesso Paccagnini nello Studio di fonologia.
Nel 1966 entrò nel Comitato di direzione dello Studio (che dal 1963, dimessosi Dall’Oglio, aveva sostituito la figura del direttore unico), con Emilio Castellani e Luigi Rognoni; dal 1968 al 1970 divenne direttore: in uno dei suoi primi interventi in questa nuova veste (14 maggio 1968) presentò le attività dello Studio in una puntata del programma radiofonico Musica ex machina, a cura di Domenico Guaccero e Pietro Grossi, dal titolo Studi sperimentali italiani a confronto (RAI, rubrica ‘Club d’ascolto’, 1967-68).
Nel 1968 avviò una fase creativa che Riccardo Bianchini (1974, p. 9) ha definito «teatro su nastro». Bivio (1968) fu un lavoro «per ascolto mono e pluri-aurale» per voci registrate e suoni elettronici concepiti «a differenti livelli di lettura» (lettera del 7 ottobre 1968; Milano, Archivio dello Studio di fonologia, n. 276), su testi dell’Antico Testamento e del poeta e teologo Huub Oosterhuis letti da Gino Stefani e Eugenio Costa (Novati - Dack, 2012, p. 272). In Un uomo da salvare (1969), su libretto proprio, prese posizione contro la guerra, sentenziando: «Se il sistema è soltanto un sistema, è un ordine ingiustificato» (in Cresti, 2005, pp. 9 s.).
Negli anni Sessanta, grazie a una fitta rete di contatti, fece eseguire le proprie opere in Italia e all’estero e ottenne varie commissioni. Nel 1963 la RAI gli commissionò l’opera Actuelles, per soprano, coro, coro recitante e orchestra (premio Tribune internationale des compositeurs, Unesco 1966; versione con elettronica del 1968). Nel 1964 vinse il Premio Italia con l’opera Il dio di oro, radiodramma per soli, coro e orchestra.
Assieme alla compagna Carla Bianchi Weber (1914-2006), conosciuta negli anni Cinquanta, si fece promotore della riscoperta di musiche antiche, impegno che lo accomunò ad altri musicisti italiani, persuasi della necessità di accostare alla ricerca musicale più avanzata lo studio delle tradizioni musicali sommerse. Nel 1963 con Carla Bianchi fondò l’ensemble Ars Antiqua (attivo fino alla fine degli anni Ottanta), col quale eseguì musiche dal medioevo all’età barocca; trascrisse e pubblicò numerose partiture, Vivaldi e Benedetto Marcello inclusi, e incise vari dischi per la Fonit Cetra.
Nel 1971 curò con Massimo Mila un ciclo di 14 trasmissioni radiofoniche dal titolo Musica d’oggi tra suono e rumore per la RAI (in onda dal 23 ottobre 1971 al 21 gennaio 1972; Donati - Pacetti, 2002, pp. 135-201). Si dedicò anche alla composizione di musiche per la televisione: sua la colonna sonora, realizzata con Roberto Goitre, del sceneggiato televisivo I Buddenbrook (1971), nella quale, scrive Mila (ibid., p. 181), «ritornano trionfalmente, insieme ai mezzi elettronici, i vecchi strumenti tradizionali: pianoforte, organo, cembalo, voce umana. […] Il compositore non ha il minimo dubbio sulla necessità di servirsi di tutti i mezzi che la musica, vecchia e nuova, gli può offrire».
Nel 1969, un anno prima della fine del mandato di direttore nello Studio di fonologia, Paccagnini fondò la cattedra di musica elettronica al Conservatorio di Milano (attiva dal 15 dicembre 1969), una delle prime in Italia, dopo Firenze e Torino (stabilì inoltre una convenzione con lo Studio di fonologia per l’accesso alle attrezzature da parte degli studenti). Risalgono a questi anni le sue prime opere che, accanto a suoni elettronici o registrati e agli strumenti musicali, ricorrevano a media come gli schermi televisivi o la grafica (La cena, 1971; C’era una volta un re, 1974; Olivo verde vivo, 1977).
Sensibile alle problematiche pedagogiche, stilò vari saggi sulla didattica musicale (dall’infanzia alla terza età), la musicoterapia e la psicologia della musica; partecipò a convegni, trasmissioni televisive (alcune per la RAI, negli anni 1977-78) e seminari su tali tematiche. Fu una presenza costante nelle attività del Centro Educazione permanente - Sezione musica della Pro civitate christiana di Assisi (suoi interventi si leggono nei nn. 3 [1982], 4 [1983], 6 [1984], 7 [1984] dei Quaderni di musica applicata). Con Loredano Matteo Lorenzetti pubblicò Psicologia e musica (Milano 1980) e scrisse per la Rivista di musicoterapia (1986-88). Pubblicò anche musica per bambini (strumentò Teste fiorite, 14 filastrocche musicali, testi di Gianni Rodari, musiche di Mario Piatti, Assisi 1975).
Nel 1980 ebbe l’incarico di direttore del neocostituito Conservatorio di Mantova. Dal 1983 al 1989 diresse il Conservatorio di Verona. Durante i suoi mandati si occupò del consolidamento delle attività didattiche e musicali, sollecitando l’installazione di impianti fonoacustici tecnologicamente avanzati. A Verona promosse con l’Accademia filarmonica una serie di concerti e un concorso per giovani talenti.
Negli anni Ottanta (anche in seguito alla chiusura dello Studio di fonologia), la sua ricerca nel campo della musica elettroacustica proseguì nel Laboratorio di informatica musicale sorto nell’Università di Milano nel 1985 e diretto da Goffredo Haus; Paccagnini fu responsabile dei progetti musicali e multimediali, ne sviluppò alcuni (La dolce ombra, 1990, per sintetizzatori controllati da elaboratore elettronico e registrazioni), seguì alcune tesi di laurea e pubblicò articoli sul problema della conservazione dei materiali audio. Nel 1998 fu fra i promotori dell’Orchestra universitaria di Milano. Negli ultimi anni revisionò alcune sue opere giovanili, per depurarle dagli estremismi della prima fase strutturalista: nel 1988 rivisitò per esempio i Quattro studi per orchestra (1953).
Morì a Castano Primo il 2 luglio 1999, dopo lunga malattia. È sepolto nel paese natale.
Opere: Oltre quelle citate, per il teatro si ricordano: Il sale della terra, per coro, coro recitante e suoni elettronici (1969); La misura, il mistero, per soprano, nastro e attori, su testi di G. Ungaretti a cura di L. Piccioni e di Paccagnini (1970); Partner, per voce e suoni elettronici su nastro (1969). Tra le opere radiofoniche: Mosè, per soli, nastro magnetico, coro e orchestra (1963); Il dio di oro, in un atto per voci, soli, coro misto, nastro e orchestra (1964); Il ponte di Queensboro, di P. Chiara (1969); È l’ora, per soli, coro e orchestra (1971); Stimmen, stereofonico, per voce femminile registrata e suoni elettronici (1979). Composizioni per orchestra: Gruppi concertati (1960); I dispersi, documenti scenici in nove episodi, balletto (1961); Dialoghi (1962-63); Vento nel vento, per mezzosoprano e orchestra (1964); La città del miracolo, per flauto e orchestra (1965); Terzo concerto, per soprano e orchestra (1966). Musica da camera: Musica da camera, per ensemble (1960); Flou IV, per viola, violoncello, contrabbasso (1972); Serenata a Elena, duo pianistico (1992). Musica elettronica e per la TV: La fame, per voce recitante e suoni elettronici (1969); C’era una volta un re, per nastro magnetico(1974); Underground, balletto, per 4 sintetizzatori (1975); Olivo verde vivo, videofiaba (1977).
Tra gli scritti: Musica senza schemi nella giungla del consumismo, in Musica senza schemi per una società nuova, a cura di L.M. Lorenzetti, Assisi 1976, pp. 14-17; La musicoterapia in Italia: Problemi e prospettive, ibid. 1977; La musica e Virgilio, in collaborazione con R. Zanetti, Mantova 1981; G. Haus - A. Paccagnini - M.L. Pelegrin, Characterization of music archives contents. A case study: the archive at Teatro alla Scala, in Atti del XII Colloquio di informatica musicale, Gorizia 1998, pp. 147-150; A. Borgonovo - A. Paccagnini - D. Rossi - D. Tanzi, Valutazione delle relazioni tra gli ambiti musicale, tecnico e percettivo nel progetto AFS (Teatro alla Scala - LIM), ibid., pp. 131-134.
Le partiture manoscritte, le partiture edite e gli schizzi di lavoro, le bobine, le digitalizzazioni dei nastri (effettuate da Walter Prati) e alcune riproduzioni di strumenti musicali antichi costituiscono la Donazione Angelo Paccagnini (proveniente dall’archivio privato di Carla Bianchi Weber) nel Centro polivalente di Produzione culturale Angelo Paccagnini (Auditorium Paccagnini) di Castano Primo.
L’Archivio dello Studio di fonologia della RAI di Milano custodisce bobine originali o in copia di Paccagnini, così come la corrispondenza e altra documentazione cartacea (gestione amministrativa e altro) risalente al mandato di direttore dello Studio (1968-70) e ai contatti mantenuti negli anni successivi.
Helmut Weber, figlio di Carla Bianchi Weber, conserva a Malsfeld (Germania) documenti cartacei appartenenti alla famiglia e altre copie di strumenti musicali antichi.
Fonti e Bibl.:R. Bianchini, La nuova musica in Italia, suppl. a La musica moderna 1890-1960, a cura di M. Cooper, Milano 1974, pp. 7-10; A. Lanza, Il secondo Novecento, Torino 1991, pp. 113-115; R. Fearn, Italian opera since 1945, Amsterdam 1998, pp. 52 s.; S. Leoni, P., A., in The New Grove dictionary of music and musicians (ed. 2001), XVIII, p. 840; M. Mila - A. Paccagnini, La musica d’oggi tra suono e rumore (trascrizione del ciclo di trasmissioni radiofoniche di P. Donati - E. Pacetti), in C’erano una volta nove oscillatori, a cura di P. Donati - E. Pacetti, Roma 2002, pp. 135-201; P. Maurizi, Quattordici interviste sul nuovo teatro musicale in Italia, Perugia 2004, ad ind.; Lo scontento cosmico. A. P., a cura di G. Ranica, Milano 2005 (in particolare: R. Cresti, A. P., un uomo/musicista indipendente, pp. 7-22); A. Alberti, Niccolò Castiglioni 1950-1966, Lucca 2006, pp. 43 s.; Il conservatorio di musica «Dall’Abaco» di Verona, a cura di L. Och, Verona 2008, pp. 114 s., 225; Studi sperimentali italiani a confronto (14 maggio 1968), con Grossi, Guaccero, Paccagnini, Rampazzi, Zaffiri, trascrizione di L. Zaccone, in Le arti del suono, vol. I, Luoghi del Novecento, 2009, pp. 24-42; The Studio di fonologia. A musical journey 1954-1983. Update 2008-2012, a cura di M.M. Novati - J. Dack, Milano 2012, pp. 271-278.