MASINI, Angelo.
– Nacque a Bologna il 24 sett. 1815 da Domenico, facoltoso proprietario terriero, e da Anna Valdiserra. Appena dodicenne si distinse per coraggio e generosità salvando un bambino caduto nel Reno e devolvendo il premio assegnatogli al bambino salvato (Bologna, Museo del Risorgimento, Arch. posizioni, Angelo Masini, serie A).
Durante i moti del 1831 si unì ai volontari. Nel tentativo di sottrarsi al soffocante clima politico seguito ai moti, il 27 ott. 1835 abbandonò lo Stato pontificio e s’imbarcò da Livorno alla volta di Marsiglia. Nel maggio 1836, seguendo l’esempio di alcuni concittadini, decise di arruolarsi nella legione ausiliaria francese, che combatteva in Spagna (sotto il comando del generale B. Espartero) nell’esercito della reggente Maria Cristina di Borbone, opposto alle forze reazionarie guidate da don Carlos, fratello del defunto re Ferdinando VII.
Aggregato granatiere del II battaglione, il M. fu promosso caporale l’11 ag. 1836, e, messosi in bella evidenza nella battaglia del monte Jurà (presso Pamplona), ottenne, il 14 settembre successivo, il grado di sergente e la medaglia al valore dell’Ordine di Maria Isabella Luisa. Il 4 febbr. 1837, probabilmente deluso e disgustato dai contrasti che dilaniavano i liberali spagnoli, il M. chiese e ottenne il congedo definitivo, con grande anticipo sui tre anni di ferma inizialmente previsti.
Rientrato a Bologna nel marzo 1837, fu negli anni seguenti strettamente sorvegliato dalla polizia delle Legazioni. Già incarcerato in due circostanze nel corso del 1842, all’alba del 21 ag. 1845 il M. fu arrestato (su diretta disposizione del cardinale legato L. Vannicelli Casoni) nella sua proprietà di Savignano, con l’accusa, non infondata, di avere fornito fra il 1843 e il 1845 sostegno economico e logistico alle bande guidate dai fratelli P. e S. Muratori, attive nei monti del Bolognese. Detenuto per alcuni giorni in un carcere emiliano, il M. fu poi trasferito, su ordine del segretario di Stato cardinale L. Lambruschini, nel carcere romano di Castel Sant’Angelo. Sebbene il tribunale non ritenesse gli elementi a suo carico sufficienti per un processo, il cardinale legato si oppose al ritorno del M. a Bologna.
Rimasto così nelle segrete di Castel Sant’Angelo, il M. si dedicò alla traduzione del romanzo Lucy Harding dello scrittore statunitense J.F. Cooper (il manoscritto è tuttora conservato nel Museo del Risorgimento di Bologna). In seguito all’amnistia concessa nel 1846 dal nuovo pontefice Pio IX, il M. poté riacquistare la libertà e fare ritorno nella città natale.
Diffusasi la notizia della sollevazione dei liberali modenesi (20 marzo 1848), il M. si unì ai volontari raccolti attorno a L. Zambeccari, che assunsero il nome di cacciatori dell’Alto Reno. Passando per Ferrara, Badia Polesine e Montagnana, essi giunsero a Bevilacqua, presso la fortezza di Legnago, il 9 apr. 1848. Proprio durante il presidio al castello di Bevilacqua, il M. allestì a sue spese un drappello di cavalleggeri che, inquadrato nel corpo di Zambeccari, prese il nome di cavalleggeri dell’Alto Reno. Alla testa di questa formazione, il M. partecipò ai momenti più significativi della campagna del Veneto, distinguendosi in particolare a Vicenza il 20 maggio 1848. Dopo la capitolazione di Treviso (13 giugno 1848), il M., insieme con i suoi cavalleggeri, fece ritorno a Bologna.
Personalità enigmatica e comunque intrepido combattente piuttosto che fine stratega e politico, il M., appoggiandosi agli elementi più scalmanati, concepì il proposito, presto naufragato, di istituire una giunta militare che esautorasse il governo pontificio. Allo stesso torno di tempo risale il vezzo stravagante di premettere la particella «de», di chiaro sapore nobiliare, al proprio cognome borghese. I concittadini continuarono comunque a chiamarlo, per deformazione dialettale, «Anzlòn Maseina» o, più semplicemente, Masina, nome con cui è passato alla storia. Ritiratosi nelle sue proprietà fuori Bologna (agosto 1848), continuò a dedicarsi al corpo di volontari da lui fondato.
Nei mesi di ottobre e novembre 1848, il M., al quale era stato riconosciuto il grado di capitano, dovette entrare in conflitto con le autorità pontificie, che avevano disposto lo scioglimento di tutte le formazioni volontarie. A capo di quaranta uomini ordinati e disciplinati riuscì a guadagnare tempo, promettendo di recarsi in Veneto oppure in Toscana e di qui dirigersi verso la Sicilia. Spostandosi in lungo e in largo per la Romagna, rischiò più volte lo scontro con le truppe regolari papaline, ma poté completare l’addestramento dei propri uomini. Il 23 nov. 1848 i cavalleggeri dell’Alto Reno si unirono infine a Ravenna ai 350 uomini della legione italiana di G. Garibaldi, condividendone da quel momento le sorti.
Nel dicembre 1848 il M. accompagnò Garibaldi a Roma, coadiuvandolo nelle trattative con il ministro delle Armi Pompeo di Campello per l’assunzione della legione al servizio dello Stato. In seguito, tornò a occuparsi in prima persona dei cavalleggeri dell’Alto Reno: condotti nel Reatino (dove sostarono dal gennaio all’aprile 1849), essi ricevettero una eccellente organizzazione, nonostante la penuria di mezzi a disposizione, e, dotati di caratteristiche uniformi rosso-turchine, mutarono il proprio nome in quello di Lancieri della morte ponendosi al servizio della Repubblica Romana. Il 26 apr. 1849 il M. fu promosso al grado di maggiore e la sera del 27 entrò con la legione garibaldina nella capitale minacciata dai Francesi. Il 30 apr. 1849, scagliandosi con successo sul nemico in ritirata, i cavalleggeri del M. si distinsero per combattività: le perplessità di G. Mazzini circa l’opportunità politica di una esasperazione del conflitto e la richiesta di armistizio del comandante del corpo di spedizione francese, generale N.C.V. Oudinot, impedirono però al M. la realizzazione del disegno di Garibaldi di tagliare al nemico la ritirata su Civitavecchia. Dopo lo scontro di Palestrina con l’esercito borbonico (9 maggio 1849), il M. ebbe il grado di tenente colonnello e il comando della legione di Garibaldi (promosso generale di divisione). Il 19 maggio 1849, forte dei 1100 uomini della legione, il M. diede un contributo decisivo al buon andamento della battaglia di Velletri contro l’esercito napoletano, ma, anche in questa occasione, per esplicito divieto del generale P. Roselli, non poté inseguire e assestare un colpo decisivo al nemico, e anzi fu richiamato, dalla rinnovata minaccia delle armi francesi, verso Roma. Quando, all’alba del 3 giugno 1849, con un attacco a sorpresa i Francesi occuparono le posizioni di porta S. Pancrazio, villa Pamphili e villa Corsini (o casino dei Quattro venti), i reparti del M. furono i primi a tentare un contrattacco su villa Corsini, durante il quale egli fu ferito al braccio destro: Mazzini inviò allora all’Assemblea costituente un rassicurante messaggio sulle condizioni del M., ormai popolarissimo.
Medicato nell’ambulanza di S. Pietro in Montorio, il M., insieme con i suoi lancieri e con gli uomini del generale B. Galletti, tentò una nuova carica su villa Corsini nel pomeriggio del 3 giugno 1849, ma, giunto sulla terrazza, fu colpito a morte.
Fonti e Bibl.: F. Bertolini, A. M.: commemorazione fatta nel XL anniversario della morte, Bologna 1889; V. Fiorini, Note e documenti inediti su A. M., in Riv. stor. del Risorgimento italiano, I (1895), pp. 99-112; Ed. nazionale degli scritti di G. Mazzini, Indici, a cura di G. Macchia, II, 2, Imola 1974, ad nomen; Ed. nazionale degli scritti di G. Garibaldi, Epistolario, II, 1848-49, a cura di L. Sandri, Roma 1978, ad ind.; G. Garibaldi, Memorie autobiografiche, Firenze 1982, pp. 228-231, 236; E. Loevinson, G. Garibaldi e A. M. a Comacchio nel 1848, in Rass. stor. del Risorgimento, VIII (1920), pp. 1-15; Id., A. M., Bologna 1933; C. Caleffi, Vita militare di A. M., in Bologna, XXII (1935), 8, pp. 34-40; R. Nannetti, A. M. e i Lancieri della Morte, Bologna 2000. Riferimenti al M. in E. Loevinson, G. Garibaldi e la sua legione nello Stato romano, 1848-49, I-III, Roma 1902-07, ad ind.; R. Huch, La difesa di Roma, Milano 1924, passim; La Repubblica Romana e il suo esercito, Roma 1987, passim; G. Natalini, Storia della Repubblica Romana del Quarantanove, Roma 2000, pp. 52-185 passim; Diz. del Risorgimento nazionale, III, s.v. (G. Maioli).