FAELLA (Faelli), Angelo (Angelo da Verona)
Nacque a Verona, presumibilmente intorno alla metà del XV secolo, figlio di Nicola e Isabella Pellegrini, e fu battezzato col nome di Oddone. Il F. - appartenente ad una famiglia eminente del ceto dirigente veronese, i cui membri furono presenti quasi ininterrottamente nel Consiglio cittadino e ricoprirono incarichi onorifici nella città scaligera - assunse il nome di Angelo quando entrò nell'Ordine dei domenicani.
Il legame tra i Faella e l'Ordine dei predicatori si mantenne per tutto il secolo XV, come si può ricavare dalla presenza di un fra' Giacomo Faella sindaco nel 1494 del convento domenicano di S. Anastasia, convento che, avendo aderito nel 1449 alla riforma osservante, si era successivamente unito alla Congregazione dei riformati di Lombardia.
Proprio nell'ambito della riforma osservante si sviluppò la carriera ecclesiastica del F., la cui cultura teologica si formò presso il convento di Bologna, guida spirituale e politica del movimento e centro della Congregazione dei riformati lombardi; infatti il 5 luglio 1465 venne accolto come studente in teologia nello Studio bolognese e nel 1474 fu preposto alla formazione degli studenti.
Il F. non si limitò tuttavia allo studio e all'approfondimento teologico, ma contribuì all'affermazione del movimento dell'Osservanza domenicana in diverse città dell'Italia settentrionale, inserendosi in quel processo che portò principi, governi e Comunità locali dell'Italia centro-settentrionale a sostenere le osservanze, anche per conseguire un più stretto controllo politico sulle locali istituzioni ecclesiastiche. La sua attività in questo ambito è ricostruibile con difficoltà a causa della dispersione dei documenti.
Dal 1477 al 1480 il F. ricoprì, a Verona, la carica di priore del convento domenicano di S. Anastasia, dopo che questo aveva aderito, come già ricordato, alla Congregazione dei riformati lombardi, probabilmente in seguito alle pressioni della Serenissima, come la documentazione lascia intravedere. Non è azzardato ipotizzare che questa e le successive designazioni veronesi vadano collegate all'influenza esercitata dal patriziato cittadino sul movimento osservante: dopo il F. altri patrizi veronesi assunsero infatti la carica di priore del convento di S. Anastasia. Nel frattempo il frate veronese proseguì il cursusstudiorum a Bologna e nel 1481 divenne insegnante col titolo di baccelliere.
Nel 1481 il F. compare anche come priore del convento milanese di S. Maria delle Grazie; egli fu infatti uno dei tre commissari straordinari scelti per rappresentare, in una congiuntura difficile, gli interessi dei riformati di Lombardia al capitolo generale dell'Ordine, convocato per chiedere la conferma delle costituzioni che la Congregazione si era data e dei privilegi concessi fino a quel momento. Anche grazie all'opera del F. il 16 nov. 1481 tutte le richieste dei riformati vennero accolte.
Recenti studi hanno messo in luce l'appoggio che gli Sforza, signori di Milano, e in particolare Ludovico il Moro diedero alla Congregazione esercitando in cambio un accorto controllo, anche attraverso legami personali come l'amicizia del duca con Vincenzo Bandelli, personalità di particolare spicco nel movimento osservante domenicano e in più occasioni collaboratore del Faella. A probabile che, sin dagli anni '80, anche il F., che nel 1483 era di nuovo priore di S. Maria delle Grazie, importante centro culturale e spirituale della riforma osservante, abbia avuto rapporti diretti col Moro anche se questi rapporti sono documentati solo per gli anni successivi.
Parallelamente alla carriera politico-diplomatica all'interno del movimento osservante il F. approfondì gli studi teologici: il 23 ott. 1487 gli fu conferito il magistero presso la facoltà di teologia dell'università di Bologna e nel 1489 successe a Vincenzo Bandelli come reggente dello Studio bolognese. Per l'anno 1494 è testimoniata la sua attività di inquisitore, quando il papa Alessandro VI, preoccupato dal dilagare di "diaboliche superstizioni" e pratiche di magia, incaricò il F., già inquisitore di Lombardia, di indagare su questi fenomeni.
Nel 1496, in seguito alla morte improvvisa di Sebastiano Maggi, il F. assunse la guida temporanea dei riformati di Lombardia; la carica di vicario della Congregazione gli venne poi regolarmente conferita nel capitolo generale che si tenne a Ferrara nel novembre dello stesso anno. Qualche mese dopo, precisamente nel gennaio 1497, intercorse una breve corrispondenza tra il F. e Ludovico il Moro, relativa ad una raccomandazione compiuta dal duca, per scopi non precisati, presso il cardinale Ascanio Sforza in favore del F. che a quell'epoca, da poco tempo eletto vicario generale della Congregazione, era assai interessato ad assicurarsi l'appoggio del signore milanese, nonché il favore del cardinale Ascanio, protettore dell'Ordine e intercessore presso il pontefice. Fra i diversi aspetti del suo vicariato emergono in particolare l'interesse per il controllo e la riforma dei monasteri femminili ed una certa assiduità nella visita dei conventi riformati.
Nel 1499, dopo aver lasciato la guida della Congregazione, il F. compare fra gli inquisitori generali della città di Brescia; contemporaneamente fu ancora priore, per la seconda volta, nella sua città natale dal 1498 al 1502. I primi due decenni del '500 sono scarsamente documentati: fra il '508 ed il 1513 il F. risiedette probabilmente nel convento domenicano di S. Agostino a Padova, svolgendo incarichi per conto del maestro generale dell'Ordine Tommaso De Vio. In diverse circostanze si trattò di delicati incarichi, come per esempio la revisione della decisione del provinciale di espellere un certo frate Francesco dallo Studio padovano, incarichi che permisero al F. di accrescere il prestigio e la considerazione di cui godeva all'interno dell'Ordine: infatti Leandro Alberti, nella sua opera De viris illustribus Ordinis praedicatorum (1517), lo inserisce tra le personalità dell'Ordine dei predicatori "nodos theologales solventes", e lo appella "vir integerrimus et iustus".
Non conosciamo il luogo e la data esatta della morte del F., ma la sua ultima presenza nella documentazione è reperibile nella città d'origine, Verona, dove ricoprì, per la terza volta, la carica di priore di S. Anastasia negli anni 1515-1516.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Verona, Notarile. Ufficiodel Registro. Testamenti, m. 64, n. 49, 1472 aprile 22; m. 84, n. 121, 1492 giugno 18; m. 93, n. 217, 1501 aprile 21; Archivio di Stato di Milano, Archivio Sforzesco, Carteggio, Potenze straniere, c. 119, 1497 gennaio 8; Ibid., Fondo di Religione, Parte antica, c. 1397: G. Gattico, Descritione succinta e vera delle cose spettanti alla chiesa e convento di S. Maria delle Gratie, e di S. Maria della Rosa et altre loro adherenze in Milano dell'Ordine dei predicatori, ff. 84v-85r, 90v; Bullarium Ordinis fratrum praedicatorum, a cura di T. Ripoll, IV, Romae 1732, p. 190; Acta capitulorum generalium Ordinis praedicatorum 1380-1498, a cura di B. M. Reichert, in Monumenta Ordinis fratrum praedicatorum historica, VIII, Roma 1900, pp. 300, 362; Registrum litterarum fratris Thomae de Vio Caietani O. P. magistri Ordinis 1508-1513, a cura di A. De Meyer, ibid., XVII, Roma 1935, pp. 72, 77; Catalogus patrum priorum S. Mariae Gratiarum Mediolani, a cura di Z. Grosselli, in Arte lombarda, LXVI (1983), pp. 69 s.; L. Alberti, De viris illustribus Ordinis praedicatorum, IV, Bologna 1517, p. 141; J. Quétif-J. Echard, Scriptores Ordinis praedicatorum recensiti, II, Paris 1721, p. 332; A. D'Amato, Sull'introduzione della riforma domenicana nel Napoletano per opera della Congregazione lombarda (1489-1501), in Archivum fratrum praedic., XXVI (1956), pp. 250, 256, 271; R. Creytens-A. D'Amato, Les Actes capitulaires de la Congrègation dominicaine de Lombardie (1482-1531), ibid., XXXI (1961), p. 249; R. Creytens, Les vicaires généraux de la Congrègation dominicaine de Lombardie (1459-1531), ibid., XXXII (1962), pp. 224, 246 s.; A. D'Amato, I domenicani a Bologna, Bologna 1988, pp. 350, 355 s.; S. Fasoli, Tra riforme e nuove fondazioni: l'Osservanza domenicana nel Ducato di Milano, in Nuova Rivista storica, LXXVI (1992), p. 465.