Fabroni, Angelo
Poligrafo (Marradi 1732 - Pisa 1803), giansenista, professore all'università di Pisa, cultore di diritto ecclesiastico. Pubblicò il " Giornale dei letterati " dal 1771 al 1796, la Historia Academiae pisanae, le Vitae Italorum doctrina excellentium, 153 biografie in 20 volumi, più parecchie altre vite, elogi e lettere, che gli meritarono da parte di J. Andres e di P. Duranti il titolo di " Plutarco italiano ". L'Elogio di D., pubblicato insieme con quelli di Poliziano, Ariosto e Tasso (Parma 1800), è l'unica opera dantesca del Fabroni. Le notizie biografiche sono quelle imperfette del Boccaccio e del Bruni, mentre ne aveva a disposizione di più precise nelle Memorie del Pelli; i giudizi accedono spesso a quelli del Dionisi. Sostiene la realtà storica di Beatrice, vede nella selva il governo di Firenze, nelle tre fiere Firenze, la Francia e il Papato, nel veltro Cangrande, nella canzone Donne che avete la, prima ideazione della Commedia; fissa perciò l'inizio del poema " avanti l'esilio ", quello del Convivio dopo il 1310. La parte più interessante dell'Elogio è però dove s'illustrano i meriti della Commedia e dove fanno spicco alcuni giudizi sul pensiero, la lingua, lo stile di D. nel gusto tipico delle poetiche del Settecento, in cui l'utile, sia pure mescolato al dolce, appare l'acquisto più alto della poesia.
Il F., da religioso, può fondare l'elogio sul fatto che D. " traesse la sostanza del poetare non già dalle finzioni, ma dalla stessa divina rivelazione e dagl'Interpreti i più celebrati della medesima ", giacché " fin dal suo nascimento la poesia, divenuta il linguaggio dei sapienti, si collegò strettamente con la teologia come la sola che poteva render ragione di ogni evento sì naturale che civile ". Perciò " non solo la scienza delle cose divine, ma anche naturali si trova sparsa " nella Commedia e D. " venne a dare alla nostra lingua espressione per ogni cosa e per ogni concetto ". Se questa è una " critica entusiastica " che " trasporta a un sentimento d'ammirazione benevola, anche quando... è vuota nel concetto " (Sarappa), dall'altra parte nello stesso Elogio risuona l'eco della condanna bettinelliana. Il vero è che il F., come la maggior parte della critica dantesca del Settecento, percorre insieme le vie contrastanti del Bettinelli e del Gozzi, al quale certamente si rifanno altri giudizi, come quello che assegna a D. " una energia che ci rapisce, un patetico che ci raccapriccia, un tenero che ci commuove e nel tutto insieme un'originalità da non essere né imitatore né imitabile ".
Bibl. -A. Fabroni, Vitae Italorum doctrina excellentium qui saeculis XVII et XVIII floruerunt, Pisa 1778-1805; E. De Tipaldo, Biografie degli Italiani illustri nelle scienze lettere e arti del sec. XVIII e de' contemporanei, Venezia 1836, 5; G. Rosini, Orazione in lode del F., Pisa 1853; C. Torriani, Elogio biografico di Mons. A.F., Firenze 1845; F. Duranti, Discorso per l'inaugurazione dell'anno accad. 1883-84 nell'Univ. di Pisa, Pisa 1883; F. Sarappa, La critica di D. nel sec. XVIII, Nola 1901, 169-178.