DUBINI, Angelo
Nato a Milano l'8 dic. 1813 da Angelo e da Maria Cerini, si laureò in medicina all'università di Pavia nel 1837.
Iniziata la carriera medica all'ospedale Maggiore di Milano, ritornò a Pavia per il biennio accademico 1839-41 quale assistente alla clinica medica, ove tenne un corso libero di auscultazione. Nel novembre 1841 iniziò un viaggio di perfezionamento all'estero (Francia, Inghilterra, Germania), e si fermò soprattutto a Parigi, dove frequentò anche i corsi di G. Andral. Nel tardo 1842 rientrò a Milano e riprese il lavoro di assistente di medicina all'ospedale Maggiore. Nel 1847 fu nominato primario del servizio di dissezione e nel 1865 primario di medicina e destinato alla direzione del comparto dermatologico, allora istituito. Nel 1859 si prodigò nella cura dei feriti della battaglia di Magenta, ricoverati in gran numero al Maggiore: per questo fu poi insignito della croce di cavaliere dell'Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro.
Il D. fu il più significativo rappresentante presso l'ospedale Maggiore di Milano della "medicina d'osservazione", che, muovendo lungo la direttrice tracciata da G. B. Morgagni, era stata sviluppata soprattutto negli ospedali di Parigi da illustri maestri, quali J.-N. Corvisart e R. T. H. Laennec. Questa nuova metodologia si proponeva di formulare nel vivente una diagnosi sostanzialmente anatomica attraverso un dialogo, possibile soltanto in ambiente ospedaliero, fra clinica e anatomia patologica, praticate dallo stesso soggetto e, possibilmente, sullo stesso oggetto. La scoperta che ha tramandato alla storia il nome del D. è per l'appunto legata all'attività anatomo-patologica da lui svolta nell'ambito ospedaliero, e in particolare alla diligenza con cui egli nel corso di ogni autopsia, sotto l'influenza dei recenti studi sulle ulcere tifiche e tubercolari, apriva ed esplorava sistematicamente l'intestino.
La sua scoperta di "un nuovo verme intestinale umano" avvenne nel maggio del 1838, durante la sezione del cadavere di una contadina "morta di polmonite crupale", ma il D. la rese definitiva nel novembre del 1842 e la pubblicò nell'aprile del 1843, indicando il parassita col nome di Agchylostoma duodenale e mettendone in evidenza "la bocca uncinata" e l'habitat nell'organismo umano (Nuovo verme intestinale umano [Agchylostoma duodenale], costituente un sesto genere di Nematoidei proprii dell'uomo, in Annali universali di medicina, CVI [1843], pp. 5-13). La descrizione elmintologica, molto accurata, fu ulteriormente sviluppata dal D. in Entozoografia umana per servire di complemento agli studi d'anatomia patologica, Milano 1850. Già nel lavoro del 1843 egli sottolineò l'elevatissima frequenza di riscontro del verme, "il quale, sebbene non sia stato peranco veduto da altri né descritto, riscontrasi tuttavia in venti cadaveri almeno di cento che si dissecano colla mira di ritrovarlo".
Questa affermazione, se documenta l'elevata incidenza allora raggIunta dalla infestazione nella campagna milanese, indica anche che il D., che pure aveva notato vari segni probativi per un'attività ernatofagica del verme, non era propenso ad attribuire all'Agchylostoma duodenale un'azione patogena. L'evidenza di questa andrà invece affermandosi nel corso degli studi sulla "clorosi egiziana" e sulla "anernia intertropicale o clorosi dei tropici" condotti tra il 1847 e il 1866 da F. Pruner-Bey, W. Griesinger, T. M. Bilharz e, rispettivamente, O. E. H. Wucherer, ma riceverà la sua dimostrazione sicura e definitiva dalle ricerche di C. Bozzolo del 1879 (Diz: biogr. d. Ital., XIII, pp. 591 s.) e di E. Perroncito del 1880 (La malattia dei minatori del San Gottardo, Torino 1910) sulla micidiale "cachessia dei minatori" che serpeggiava in forma gravemente endemica tra i minatori del traforo del San Gottardo.
Al D. si deve anche un accurato studio dell'agente etiologico della tigna favosa (Sulla natura vegetabile della Tigna vera o favosa, in Gazz. medica di Lombardia (Milano), I [1842], pp. 65-68) e la prima descrizione della forma mioclonica della encefalite epidemica nota come "corea elettrica" o "corea di Dubini" (Primi cenni sulla corea elettrica, in Ann. univ. di med., CXVIII [1846], pp. 5-50).
Tra gli altri scritti del D. si ricordano: Notizie intorno al baunscheidtismo, ibid., CLXXXVIII (1864), pp. 151-158; La cucina degli stomaci deboli, Milano 1857; 2 ed., ibid. 1859; L'ape e il suo governo, ibid. 1881 (ritiratosi a vita privata, il D. si era dedicato all'apicoltura).
Il D. fu membro corrispondente di numerose società scientifiche italiane e straniere. Morì a Milano il 28 marzo 1902.
Bibl.: A. Bertarelli, A. D. (8 dic. 1813-28 marzo 1902), in Boll. d. Ass. sanitaria milanese, IV (1902), pp. 115-119; G. Quarelli, La vita gloriosa di A. D., in La Medicina del lavoro, XXIV (1933), pp. 401-418; U. Pierantoni, Un secolo di progresso scientifico italiano, IV, Roma 1939, p. 43; L. BelIoni, Per la storia del cuore tigrato, in L'Ospedale Maggiore, XLIV (1956), pp. 252-258; G. Montalenti, Storia della biologia e della medicina, Torino 1962, pp. 356, 517; L. Belloni, La medicina a Milano dal Settecento al 1915, in Storia di Milano, XVI, Milano 1962, pp. 991-997; Id., La scoperta dell'Ankylostoma duodenale, in Gesnerus, XIX (1962), pp. 101-118; Id., Dalla scoperta dell'Ankylostoma duodenale alla vittoria sull'anemia dei minatori, in Folia medica, XLVIII (1965), pp. 836-855, e in Minerva medica, LVII (1966), pp. 3215-3223; W. D. Foster, A history of Parasitology, Edinburgh-London 1965, pp.81 s.; L. Belloni, The discovery of duodenal ancylostoma and of its pathogenic power, in Boston studies in the philosophy of science, XXXIV, Dordrecht-Boston-London 1981, pp. 261-279; Id., La scoperta dell'anchilostoma duodenale e del suo potere patogeno, in Metodologia delle scienze e filosofia del linguaggio, XXXII, Roma 1984, pp. 223-240; A. Hirsch, Biographisches Lexikon der hervorragenden Arzte ..., II, p. 314; Enc. Ital., App. I, p. 529.