DALLA DECIMA, Angelo
Nacque ad Argostoli nell'isola di Cefalonia, allora appartenente alla Repubblica di Venezia, il 12 febbr. 1752, dal conte Costantino e da Stella Crasa (secondo il Masarachi; il Meneghelli ricorda il cognome nella forma Crasian). La famiglia faceva parte della piccola nobiltà locale, spesso animata da lealismo veneto. Com'era consuetudine di quel ceto, il padre l'inviò ad effettuare gli studi elementari presso il collegio somasco di Padova, nel quale rimase fino all'iscrizione al corso di laurea in medicina nella stessa città. Nel collegio il D. ebbe come docente in filosofia Iacopo Stellini, la cui sintesi tra solida ortodossia cattolica e aggiornamento culturale si ritroverà - con altre modalità - nel discepolo; la successiva attività di questo palesa infatti interessi e competenze non solo medici, ma matematici, fisico-chimici, storici e letterari, la cui genesi va certo riferita agli studi con i somaschi, che furono coinvolti, nella loro azione didattica, nella netta evoluzione dell'insegnamento scientifico che si ebbe nell'Italia settentrionale dalla metà del Settecento.
Durante i suoi studi di medicina, conclusi con la laurea nel 1775., il D. poté beneficiare dell'elevato livello scientifico della scuola padovana, consolidato da maestri come Poleni e Morgagni; dopo la laurea egli compì un lungo viaggio nei centri italiani più significativi per gli studi medici e l'organizzazione sanitaria: fu a Bologna e Pavia (dove seguì le lezioni di G. Fontana e del Tissot), a Firenze, a Napoli e a Roma, avendo modo di conoscere anche il Boscovich e F. Fontana, oltre a molti esponenti dei circoli intellettuali. Particolarmente notevole fu il soggiorno a Firenze, dove si trovava nel 1782 prestando anche servizio come medico "astante" (provvisorio) nell'ospedale di S. Maria Nuova, e raccogliendo osservazioni cliniche utilizzate in scritti successivi. La produzione a stampa del D. iniziò ancor prima del suo ritorno nel Veneto, con la pubblicazione a Pavia, nel 1780, della De trium corporum celeberrimo problemate mathematica inquisitio, una rassegna delle opinioni circa il classico problema newtoniano dei tre corpi dedicata a G. Fontana; seguirono delle Riflessioni sopra vari veleni e sopra varie altre sostanze, che con una Continuazione furono stampate nella ferrarese Raccolta di opuscoli scientifici e letterari (XII [1781], pp. 75-102, e XIII [1782], pp. 75-146).
Queste prime prove, dimostrazione d'un preciso interesse per la ricerca di base anche non strettamente medico-biologica, ebbero alcuni sviluppi espistolari (Lettera scritta addì 15 maggio 1784 in Napoli ... al Sig. Lancellotti principe di Marzano ... con riflessioni per determinare il Parametro delle sezioni coniche, pubblicata nel Nuovo Giornale enciclopedico di Vicenza, giugno 1784, pp. 102-17; e la Lettera sugli accidenti del moto di più corpi fra loro uniti per mezzo di verghe inflessibili, ed obbligati a marciare per due scanalature fra loro inclinate, indirizzata a G. Toaldo, nel numero del gennaio 1785della stessa rivista, pp. 97-127), che s'interromperanno quando si faranno troppo assorbenti gli impegni didattici e professionali.
Tornato nel Veneto, il D. iniziò ad esercitare la medicina a Venezia, incontrando tra i medici locali ostilità che il Masarachi, portavoce dei gruppi dalmato-ionici e quindi a lui favorevole, attribuirà in seguito a risentimento per la modernità della sua preparazione; quale che ne fosse il motivo, comunque, esse non gli nocquero: i suoi scritti, e forse anche le conoscenze contratte (era già socio dell'Accademia Virgiliana di Mantova e della Patriottica di Spalato; in seguito lo sarà di quella delle scienze di Padova e di varie altre) lo posero all'attenzione del Senato veneto, che nel 1786 gli conferì la cattedra di materia medica nell'ateneo patavino.
Questa nomina ha un notevole significato nell'evoluzione dell'assetto della didattica medica italiana nel tardo Settecento. La cattedra affidata al D. riprendeva, con un mutamento di denominazione di per sé significativo d'una diversa impostazione, la precedente lettura dei semplici: la nuova "materia medica" venne così ad essere la congiunzione tra quella lettura (dal cui tronco medievale erano venute staccandosi anche le cattedre di botanica e di storia naturale) e le successive cattedre di farmacologia.
Ricevuta la nomina con lettera ducale del 29 luglio (il testo in Padova, Biblioteca del Museo Civico, Raccolta delle Ducali, LXV, p. 10), il D. iniziò l'insegnamento il successivo 9 ottobre e nella prolusione (Oratio habita in Gymnasio Patavino cum Materiam Medicam tradere ingrederetur Anno MDCCLXXXVI, VIIId. Octob., Patavii 1787; recensita dalle Novelle letterarie, n.s.; XIX [1788], coll. 151 s.) tracciò un quadro storico della disciplina, secondo un'impostazione che ricompare nelle opere maggiori, esaltando la tradizione padovana e discutendo con equilibrio le critiche teoriche e pratiche mosse alla farmacologia del tempo. Il settore didattico conglobato nella sua cattedra venne anche a comprendere la lettura di storia naturale, fino a pochi anni prima autonoma e tenuta da A. Vallisnieri iunior, cosicché il D. divenne affidatario dell'ampia collezione naturalistica che questi aveva ereditato dal padre e in seguito ampliato e donato all'università; la collezione, che egli arricchì e, intorno al 1807, riorganizzò secondo criteri sistematici più moderni, divenne con lui il Gabinetto di materia medica, complemento essenziale dei corsi dell'intera facoltà, ove egli tenne abitualmente le sue lezioni (i suoi programmi e metodi d'insegnamento furono illustrati dal D. nel Prospectus eorum quae anno 1786 in Gymnasio Patavino publice tradet A. Dalla Decima, Patavii 1786, e nelle Orationes duae habitae in Gymnasio Patavino IX kal. Decembris, anno MDCCLXXXVI et IV kal. Maii anno MDCCLXXXVII, Patavii 1788). Al gabinetto dedicò cure assidue, formandovi un valido nucleo di discepoli e potenziandolo: interessante a questo proposito la sua proposta, non accolta dalle autorità accademiche, di annettergli una clinica di sei letti per la sperimentazione diretta dei farmaci.
Va segnalata, tra le altre iniziative del D., quella di approntare un manuale di materia medica che sostituisse i semplici prontuari o le opere aspecifiche cui si era fatto ricorso fino allora; a questo scopo tradusse in italiano uno dei manuali più recenti e validi, quello inglese di W. Cullen, che corredò d'un ampio apparato di note e appendici.
Il Trattato di Materia Medica del Signor Guglielmo Cullen ... tradotto dall'idioma Inglese nell'Italiano e corredato di copiose note, edito a Padova in due volumi nel 1793, nonostante alcune critiche dirette alla mole eccessiva delle note del D., circolò ampiamente ed ebbe un ruolo notevole nella cultura medica italiana dell'età napoleonica (com'è anche mostrato dalla seconda sollecita edizione padovana del 1798-1800, in sei volumi, con note ulteriormente ampliate e un'appendice fortemente critica sul sistema patologico del Brown). Gli interventi del D., collocati alla fine di ogni volume, sono spesso più estesi del testo originale; meritano d'essere ricordati gli ampi cenni di storia della farmacologia (I, pp. 55-368), l'appendice "sopra la maniera di ricettare" (II, pp. 439-79) e le note dei volumi III-VI dedicate all'uso terapeutico di singole sostanze. Con i numerosi riferimenti all'organizzazione sanitaria, agli usi clinici e alla didattica le pagine del D. servono da contrappunto a quelle del Cullen, evidenziando differenze tra vari contesti nazionali. Al Trattato va associato uno scritto minore, De facultatibus remediorum recte investigandis, edito a Venezia nel 1813, e così pure gli si connettono il saggio Sopra l'Opobalsamo o Balsamo della Mecca, nel pavese Giornale di fisica, chimica e storia naturale, IV (1811), le Osservazioni sopra i funghi, Padova 1815 (in collaborazione con G. A. Bonato e G. V. Brera) e la memoria Degli accumulamenti aerei e gazosi nel corpo umano, presentata all'Accademia delle scienze di Padova e pubblicata nei Nuovi Saggi di questa (I [1817], pp. 72-91).
Dal 1786 l'attività del D. fu assorbita dalla docenza e dai connessi incarichi accademici e di polizia sanitaria, dei quali resta qualche documentazione: fu tra i compilatori del nuovo Codice farmaceutico per lo Stato della Serenissima Repubblica di Venezia (Padova 1790) e nel 1795 fece parte della commissione che si pronunciò per la successione dell'Olivi all'Arduino come sovrintendente all'agricoltura. Solito ad aprire la sua casa agli alunni, integrando ampiamente i corsi ufficiali, vi tenne regolarmente le lezioni nei periodi critici del crollo della Serenissima e delle guerre napoleoniche e fu un punto di riferimento stabile per gli studenti provenienti dalle isole ionie, che protesse e aiutò (costoro gli dedicheranno due vasi onorifici con iscrizioni nel Prato della Valle). Le vicende politiche del periodo, che toccarono diversi scienziati dell'ambiente veneto, non ebbero ripercussioni sul D. sia per il generale apprezzamento di cui godeva, sia per la sua esclusiva caratterizzazione di uomo di scuola e di studi; ebbe così il ruolo di una sorta di tramite della continuità didattica attraverso le interruzioni imposte dagli eventi politico-militari. Nel 1802, sospesi i corsi nella sede universitaria, insegnò nella sua abitazione oltre alla materia medica, anche la medicina teorica e pratica (redigendo per gli uditori appunti che sono l'origine delle successive sue Istituzioni di patologia generale), e supplì più volte i titolari di altre cattedre. Nel 1813-1816 insegnò anche la storia naturale, ripristinata come materia a sé e questo insegnamento originò il suo Discorso sulla storia naturale (Padova 1814) e il Trattato di geologia (Venezia 1816); nel 1817, dopo un riassetto delle cattedre mediche, gli fu affidata stabilmente la patologia generale, e per le esigenze di questo insegnamento sviluppò e pubblicò le già ricordate Istituzioni (quattro parti in cinque volumi, Padova 1819-1823).
Dedicata al barone A. G. De Stiffi, consigliere di Stato asburgico e supervisore degli studi medici (e ciò conferma quanto detto sull'estraneità del D. ai sommovimenti contemporanei), l'opera, strutturata sulla scorta del manuale dello Sprengel, di poco anteriore, tratta nel volume I della storia della patologia e delle generali sistemazioni dottrinali date a quest'ultima; nel volume II (in due parti) dell'etiologia; nel volume III della sintomatologia e nel volume IV della nosologia (in quest'ultimo il cap. III, alle pp. 157-88, situa l'intera opera nel quadro degli orientamenti del pensiero medico contemporaneo). Si tratta d'una sintesi aggiornata, pur nella cautela di base consueta nel D. verso sviluppi dottrinali rivoluzionari, equilibrata e didatticamente chiara, che godette buon favore.
A questa nuova fase della sua attività appartengono anche orazioni tenute in circostanze accademiche (Discorsi pronunciati nella collazione dei gradi Accademici nella Università di Padova, Padova 1817).
Trascorsi anche gli ultimi anni nell'insegnamento, il D. morì a Padova il 14 febbr. 1825.
Bibl.: G. A. Moschini, Della letter. veneziana del sec. XVIII fino a' nostri giorni, I, Venezia 1806, p. 301; Necrologio, in Giornale dell'ital. lett., LXIII (1825), p. 142; A. Meneghelli. Cenni biogr. degli Accademici di Padova mancati a' vivi, nei Nuovi Saggi della Imperiale Regia Accademia di Padova, III (1831), pp. 12-14; G. Vedova, Biografia degli scritt. padovani, I, Padova 1832, p. 126; A. Masarachi, Vite degli uomini illustri dell'isola di Cefalonia, Venezia 1843, I, pp. 195-225; E. De Tipaldo, Biografia degli Ital. illustri, IX, Venezia 1844, pp. 109-17; E. A. Cicogna, Saggio di bibliografia venez., Venezia 1847, p. 734; G. Dandolo, La caduta della Repubblica di Venezia. App., Venezia 1857, pp. 335 ss.; F. Coletti, Ricordi stor. della cattedra e del gabinetto di materia medica nella univ. di Padova, Padova 1871, pp. 13 ss.; 19, 35-40 e passim; G. A. Saccardo, La botanica in Italia. Materiali per la storia di questa scienza, Venezia 1905, I, p. 59; II, p. 38; L. Sabbatani, L'istituto di farmacologia della università di Padova, in Memorie e doc. per la storia della università di Padova, Padova 1922, pp. 395-425 (specie a pp. 404-06); L. Augliera, Postille al manoscritto di G. Fabio "Le Ionie e lo Studio di Padova", in Bollettino del Museo civico di Padova, LX (1971), 2, pp. 149-57.