Febrer, Andreu
Poeta catalano, autore della prima traduzione catalana della Commedia. Nato tra il 1375 e il 1380 a Vich, entrò giovanissimo nella cancelleria del re Martino I l'Umano, alla quale apparteneva già nel 1398 con l'ufficio di scrivano, che richiedeva la capacità di scrivere lettere in latino, in catalano e in aragonese; e nell'ambiente colto della cancelleria reale, della quale facevano parte letterati e dotti uomini di legge, dovette completare la sua formazione letteraria e conoscere la Commedia, ben nota nei circoli di corte, e imitata proprio in quegli anni da Bernat Metge.
Nel 1398 partecipò a una spedizione contro i Mori di Barberia, che avevano saccheggiato Torreblanca e ne avevano depredato la chiesa; questa spedizione gl'ispirò due liriche, in una delle quali si trova una reminiscenza di Dante. Svolse importanti incarichi diplomatici presso Martino il Giovane di Sicilia, poi presso Alfonso il Magnanimo (che lo creò castellano del Castello Ursino nel 1418, e ‛ algutzir ' l'anno seguente). Era a Barcellona il 10 agosto 1429, giorno in cui terminò - come risulta dall'explicit del manoscritto dell'Escorial, nel quale è ancora detto " algutzir " del re Alfonso - la sua traduzione della Commedia. Nel 1437, sempre a Barcellona, fece testamento in favore del figlio, prima di partire per Napoli al comando di cento balestrieri. Nel 1444 è ricordato come già morto.
Nella sua giovinezza il F. si acquistò fama come poeta lirico. Ci restano di lui quindici poesie di vario argomento, tutte composte, come ha mostrato M. de Riquer, tra il 1390 e il 1400, scritte in una lingua imbevuta di provenzalismi, nelle quali è evidentissima e predominante l'influenza della lirica trobadorica, ma si notano qua e là anche tracce d'influenza francese e varie reminiscenze di poeti italiani (stilnovisti, Dante, Petrarca). I ricordi danteschi rilevati da M. de Montoliu sono stati ridotti a più modeste proporzioni dal de Riquer; ma una sicura reminiscenza della nota similitudine di If III 112-114 si trova in un passo del Sirventesch per lo passatge de Barbaria (33-36 " Si tombaran com fay la sequa fulha / dels cims del branchs, quel forts vent enderrocha, / barbres e turchs, alarps els de Marrocha, / e nos firén pendrem la lur despulha "): una reminiscenza databile con certezza (1398), e da considerarsi quindi, insieme col Somni del Metge, una delle più antiche testimonianze sicure della fortuna di D. in Catalogna. È anche possibile che l'allegoria astrologica della canzone a Maria di Sicilia sia stata suggerita dalla lettura del Paradiso.
La traduzione catalana della Commedia - conservataci da un solo manoscritto, non autografo, proveniente dalla biblioteca del conte-duca de Olivares (un altro manoscritto, ancora reperibile nel 1836, è andato da tempo perduto) - appartiene alla maturità dello scrittore. Essa fu terminata, come si è detto, il 10 agosto 1429, probabilmente dopo vari anni di lavoro, e fu condotta direttamente sull'originale, indipendentemente dalla versione in prosa castigliana di Enrique de Villena, finita nell'ottobre 1428, ma molto probabilmente rimasta sconosciuta al Febrer. Questi volle dare un'immagine quanto mai fedele dell'originale, riproducendo anche il metro del poema; cosicché gli spetta non solo il merito di averci dato la prima traduzione in versi che abbia avuto la Commedia, ma anche quello di aver introdotto nella poesia catalana la terzina dantesca e l'endecasillabo di tipo italiano.
In genere il F. si mantiene aderentissimo al testo, sforzandosi di conservare il più possibile anche le rime usate da D., e traduce per lo più con esattezza e con grande fedeltà, pur ricorrendo di frequente a italianismi o addirittura (specialmente in rima) a veri e propri calchi di parole e di locuzioni dantesche, o a voci provenzali assai vicine a quelle italiane; e dobbiamo riconoscere che spesso riesce a conservare anche il tono e l'accento dell'originale e a rendere non infelicemente la poesia di Dante. Anche se non vi mancano i passi non compresi o mal tradotti (ma parecchi errori andranno attribuiti al copista, tutt'altro che impeccabile, come ha mostrato A. Gallina, o alle corruttele del manoscritto che il F. aveva dinanzi), e se non pochi versi sono resi in modo alquanto sforzato o con durezze e disarmonie dovute alla difficoltà di trasportare nel verso catalano l'accentazione dell'endecasillabo italiano, la versione del F. è senza dubbio un'opera assai notevole, e certo una delle migliori tra le traduzioni più antiche della Commedia; il Farinelli la riteneva addirittura " la miglior traduzione... di quante s'ebbe la Commedia prima del lavorio dei romantici ".
Bibl.-A.F., Poesies, a c. di M. De Riquer, Barcellona 1951. La traduzione della Commedia fu pubblicata, in modo assai difettoso, da C. Vidal Y Valenciano, La Comedia de Dant Allighier (de Florença) traslatada de rims vulgars toscans en rims vulgars cathalans per N'Andreu Febrer, ibid 1878. Sull'opera di A.F., e in particolare sulla traduzione della Commedia, v. R. D'Alós Y Moner, De la primitiva traducció catalana de la D.C., in " La revista " VII (1921) 1-28; J. Soler Y Palet, L'obra del Dant a Catalunya, in " Catalana " IV (1921) n. 92, 145 ss.; J. Franquesa Y Gomis, Nota sobre la Comèdia del Dant a Catalunya, ibid n. 102, 4 ss.; A. Farinelli, D. in Spagna, Francia, Inghilterra, Germania, Torino 1922, 79-82; M. Casella, D. in Catalogna, in " Studi d. " VI (1923) 146-150; A. Par, Acotacions lingüístiques i d'estil a clàssichs menors catalans, in " Anuari de l'0ficina Romànica de Lingüística i Literatura " IV (1931) 178-183; W.P. Friederich, Dante's Fame Abroad (1350-1850), Roma 1950, 16-18; M. De Riquer, introduzione a A.F., Poesies, Barcellona 1951; J. Rubió Balaguer, Literatura catalana, nella História general de las literaturas hispánicas, diretta da G. Díaz-Plaja, III, Barcellona 1953, 790-791, 802-803; J. Ruiz I Calonja, História de la literatura catalana, Barcellona 1954, 263-269; A. Gallina, Una traduzione catalana quattrocentesca della D.C., in " Filologia romanza " IV (1957) 235-266; A.M. Badía Margarit, La versione della D.C. di A.F. e la lingua letteraria catalana, in Atti dell' VIII Congresso Internar. di Studi Romanzi, II, Firenze 1959, 3-35; R. Brummer, Ueber die Eigennamen in der katalanischen Dante-Uebersetzung von A.F., in " Zeit. Romanische Philol. " XXVI (1960) 231-246; M. De Riquer, História de la literatura catalana, I, Barcellona 1964, 592-611; ID, Il poeta A.F. castellano di Catania, primo traduttore della C. in catalano, in Atti del Convegno di studi su D. e la Magna Curia, Palermo 1967, 425-435; M. Boni, La prima segnalazione di D. in Spagna, in D. e Bologna nei tempi di D., Bologna 1967, 391-392. Sulle vicende dell'ediz. del Vidal y Valenciano, v. V. Todesco, La prima edizione della versione catalana della D.C. e le sue vicende, in " Atti Accad. Patavina Scienze Lettere Arti " LXIV (1951-52) 129-139.