CUNAVI (erronee le grafie Cumani, Cumano, Cunacci, Cunaci, Cunari, Cunovi), Andrea Vito
Figlio di Angelo e di Dianora Tabetta, nato a Mesagne (Brindisi) il 1° giugno 1586 da una famiglia originaria di Corone del Peloponneso immigrata in Puglia almeno dal 1555, fu avviato al mestiere dal pittore Giampietro Zullo, suo zio materno (cfr. A. Gambacorta, in Almanacco salentino 1970-72, Galatina 1972, p. 259).
Gli storici e i cronisti locali parlano concordemente di un suo periodo di apprendistato a Venezia, presso la bottega di Iacopo Palma il Giovane. Tornato in Puglia verso il 1613, fissò la sua dimora ad Ostuni, nel Brindisino, dove sposò Lucrezia Brandi, ostunese, e dove morì in data incerta, ma comunque posteriore al 1626.
La dislocazione dei dipinti del C. sinora rintracciati - il loro numero è però probabilmente destinato ad aumentare, in seguito all'opera di catalogazione tuttora in corso -, distribuiti nelle città di Terra di Bari e del Salento (con una probabile puntata sino a Foggia), pare risentire dei tradizionali legami tra questi centri e Venezia: Monopoli fu occupata dai Veneziani dal 1495al 1530; Ostuni ospitava una vera e propria colonia veneziana, senza contare che lo stesso Andrea Albrizio, viceconsole della Repubblica veneta ad Ostuni dal 1574al 1579, aveva commissionato a Venezia, come dono per il convento dell'Annunziata, la splendida Deposizione di Paolo Veronese. Parallelamente, sin dal sec. XIV era iniziata, con i fastosi polittici di lacobello di Bonomo, l'importazione di dipinti dalla Serenissima; il fenomeno era continuato per tutto il XV e il XVI secolo, per poi essere sostituito gradatamente dall'importazione di dipinti napoletani.
li più antico dipinto sinora noto del C. è una Pietà ai piedi della Croce (Gambacorta, 1971), nella chiesa del Carmine a Grottaglie (Taranto), firmata e datata 1614, dipinta su conunissione del nobile Luigi Antonio Cesare. Segue cronologicamente la collaborazione alla Natività di Giampiero Zullo, nel transetto della chiesa madre di Mesagne, rimasta incompleta alla morte di questo (1619); al C. spetterebbero, secondo quanto attesta Ferdinando Epifanio il Giovane, vissuto nel sec. XVII (Mesagne, coll. Cavaliere, ms. 1702, Delle famiglie di Mesagne, I, p. 185) "i pastori e i contorni del presepe" (forse il paesaggio?).
Nel 1625 il C. fu incaricato da Girolamo de' Monti, marchese di Corigliano, di dipingere per il santuario di Santa Maria di Leuca, all'estrema punta del Salento, una S. Maria de finibusterrae in sostituzione di un dipinto di analogo soggetto di Palma il Giovane distrutto dai Turchi nel 1625, durante un'incursione nel santuario.
Fu questa una delle commissioni più prestigiose ricevute dall'artista, che lo vide in diretta emulazione col suo maestro veneziano. Purtroppo non ci rimane nessun ricordo del quadro dipinto dal Palma, e non sappiamo se la paia del C., esile larva dopo i rovinii causati dalle incursioni saracene del 1637 e del 1689, sia una copia più o meno fedele di esso o sia frutto di una scelta originale.
Coevo al dipinto per il santuario di Leuca, o di poco posteriore, è il S. Carlo Borromeo nella cattedrale di Monopoli (firmato e datato 1626), commissionato dal nobile Vincenzo de Benedictis per l'altare della cappella Palmieri nella chiesa di S. Francesco di Paola, passato poi in quella di S. Angelo del Borgo e infine in cattedrale (M. D'Elia, Mostra dell'arte in Puglia..., catal., Roma 1964, p. 97). A questo catalogo accertato deve probabilmente essere aggiunta una Pietà conservata nella chiesa parrocchiale di Poggiardo (Lecce). La Calò (1969, p. 90) ipotizza inoltre una collaborazione dei pittore coi Palma in una pala d'altare della chiesa di Gesù e Maria a Foggia, raffigurante una Vergine in trono e santi, per le manifeste cadute di tono in essa rilevabili. Nessuna traccia, invece, dell'"eccellente Quadro di Cappella in Sava" ricordato dall'Epifanio, irreperibile già nel 1894 (Profilo).
Il C., fatto oggetto di altissime lodi da parte degli storici e cronisti locali e spesso accostato, per l'altezza del linguaggio pittorico, al Palma, ad una spregiudicata disamina si rivela personalità ben più modesta e provinciale. Le assunzioni palmesche, indubbie, vengono stravolte dalla complessità e macchinosità dell'impaginazione spaziale (retaggio dell'ultimo e più stanco Palma), dalla meccanicità e ripetitività dell'esecuzione, dalla banale retorica dei gesti e delle pose, dal colorismo stridente e malfuso, che indugia a polire e a limare le superfici. Ma è un tipo di pittura, la sua, che, per la chiarezza e perentorietà dei messaggio, doveva risultare particolarmente gradita alla dura e bigotta feudalità salentina, sua quasi esclusiva committente, alla quale i dettami postridentini in materia d'arte fornivano un facile ed immediato mezzo per ottenere consenso. I soggetti dei dipinti (indicativo al riguardo è soprattutto S. Carlo Borromeo, tipico rappresentante della Chiesa cattolica controriformata) sono anch'essi tutti contenuti nell'ambito di una programmata confessionalità che, irrigidendo la libertà inventiva del pittore, ne determina le scelte contenutistiche e formali. Nella cultura pittorica pugliese del Cinquecento e del primo Seicento, ancora di tradizione bizantineggiante e tardogotica, e sempre segnata da un tenace attaccamento a questa, e dalla quasi totale incapacità di comprendere le motivazioni profonde del rinnovamento operato dai grandi maestri del Rinascimento, la figura del C., ad onta delle limitazioni che si sono rilevate, è però degna d'interesse come indice di un'occasione storica mancata: quella cioè d'una recezione della pittura veneta in Puglia che non fosse riassorbita in una modesta dimensione pietistica e provinciale.
Fonti e Bibl.: Monopoli, Arch. comunale: L. Corona, Relaz. del convento di S. Francesco di Paola a Monopoli [ms. sec. XVIII], f. 17; Brindisi, Bibl. arcivescovile: O. De Leo, Vita di Gianfrancesco Maia Materdona di Mesagne de' Salentini nel Regno di Napoli [ms. 1780], f. iv; Lecce, Bibl. provinciale: A. Foscarini, Artisti salentini [ms. c. 1935], p. 117; L. Tasselli, Antichità di Leuca, Lecce 1693, pp. 102, 377 s.; G. Indelli, Cronaca di Monopoli [sec. XVIII], in La stella di Monopoli, a cura di G. Tartarelli, Monopoli 1964, pp. 390, 393; G. Arditi, La Leuca salentina, Bologna 1875, pp. 95, 98 s.; L. Pepe, Storia d. città di Ostuni..., Trani 1894, p. 283; A. Profilo, Vie, piazze, vichi e corti di Mesagne.Ostuni 1894, pp. 89 s., 132, 273; Don Ferrante [L. Ceci], Da libri e periodici, in Napoli nobiliss., s. 1, V (1896), 4, p. 64; C. De Giorgi, Pittori leccesi dei secc. XV, XVI e XVII, in Riv. stor. salentina, V (1909), p. 290; A. Anglani, Un antico artista ostunese, in La Provincia di Lecce, 30 maggio 1909; P. Marti, Ruderi e monum. n'ella penisola salentina, Lecce 1932, pp. 100, 149, 158, 199 s.; L. Russo Minerva, Una nuova opera del Finoglio ed altri quadri di Monopoli, in La Gazz. del Mezzogiorno, 12 apr. 1937; A. Gambacorta, Un pittore del '600, in Tempi nostri, XIII (1967), 21, p. 16; M. S. Calò, La pittura del Cinquecento e del primo Seicento in Terra di Bari, Bari 1969, pp. 70, 87 s., 90, 95, 127, 166, 194-97; A. Gambacorta, Artisti salentini dei secc. XIV-XVIII in Terra di Bari, in Studi di storia pugliese in on. di N. Vacca, Galatina 1971, pp. 221 ss.; A. Petrucci, Cattedrali di Puglia, Roma s. d. [ma 1975], p. 84; R. Jurlaro, Storia e cultura dei monumenti brindisini, Brindisi 1976, p. 204; G. Bellifemine, La basilica Madonna della Madia in Monopoli, Fasano 1978, p. 181 e fig. 107; L. Mortari, Appunti sulla pittura del Sei e Settecento in Puglia, in Ricerche sul Sei-Settecento in Puglia, I (1978-79), pp. 67 s.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VIII, p. 194 (s. v. Cunacci, Andrea).