PAZIENZA, Andrea
PAZIENZA, Andrea. – Nacque il 23 maggio 1956 a San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno), da Enrico e Giuliana Di Cretico, nella casa della famiglia materna dove vennero alla luce i fratelli Michele (1958) e Mariella (1965).
Il padre, pittore acquerellista, insegnava educazione artistica; la madre, figlia di un industriale di San Benedetto, insegnava applicazioni tecniche. Andrea trascorse l’infanzia a San Severo (Foggia) luogo d’origine del padre, e l’estate a San Menaio, tra Rodi Garganico e Peschici, e manifestò presto il proprio talento nel disegno. Si iscrisse un anno in anticipo al liceo artistico di Foggia, ma, insofferente all’ambiente, si trasferì al liceo artistico statale Giuseppe Misticoni di Pescara. Il distacco a 13 anni dalla famiglia fu un trauma: all’inizio fu ospitato dal locale collegio dei gesuiti, dove conobbe Gaetano «Tanino» Liberatore, futuro autore di Ranxerox. Negli anni del liceo affinò la tecnica già notevole e la cultura artistica, grazie al lavoro con gli insegnanti Sandro Visca e Albano Paolinelli, che lo spinsero a partecipare a mostre collettive. Nel 1973, a San Benedetto, tenne la prima personale e partecipò al laboratorio comune d’arte Convergenze di Pescara, di cui fu anche socio. Nel 1975 ricevette i primi compensi per la copertina e le 9 illustrazioni del libro I due dadi del gioco. Libro di narrativa in prospettiva interdisciplinare di Enzo Miglio dall’editore Dotoli di San Severo.
Iniziò la carriera artistica con l’obiettivo di diventare pittore, sull’esempio paterno, anche se nei suoi quadri emergeva già una chiara impronta fumettistica e realistica «Prima di fare fumetti dipingevo quadri di denuncia» (Pazienza, 1997, p. 47). Alla scelta del fumetto concorsero le riserve sulla sua qualità di pittore avanzate dal direttore di Convergenze, Giuseppe d’Emilio, il desiderio di raccontare la realtà e, soprattutto, l’iscrizione al Dams di Bologna (mai terminata), nell’autunno del 1974.
Tra il 1974 e il 1977 maturò la sua cifra artistica e il suo primo successo editoriale: Le straordinarie avventure di Pentothal, pubblicato a puntate su Alter Alter – supplemento per i fumetti più sperimentali e politici di Linus – dall’aprile 1977.
Su come Pazienza sia entrato in contatto con l’ambiente di Linus esistono diverse versioni, avallate nel tempo dallo stesso Andrea. La più accreditata sostiene che si presentò con due fumetti – Allei op e Armi – che conquistarono la redazione e Hugo Pratt lì presente; e che vi concorse anche una telefonata a Oreste del Buono di Umberto Eco, cui aveva mostrato in anteprima i lavori. Il risultato fu un contratto molto ben pagato, «un gradino sotto al solo Hugo Pratt» (Giubilei, 2011, p. 73).
Pentothal segnò una svolta: per la prima volta un fumetto lungo ricorreva alla tecnica del flusso di coscienza intrecciando una dimensione onirica e allucinatoria a uno sfondo iperrealistico. Nel fumetto italiano, fin lì centrato sull’avventura e sulla trasposizione dei classici della letteratura, Pazienza introdusse la realtà come chiave della narrazione, attraverso la dimensione autobiografica, cifra costante di tutta la sua produzione. Sul piano stilistico Pentothal si distinse per la pluralità di stili e segni, con molteplici influenze: dall’estetica del fumetto underground di Robert Crumb al Donald Duck di Carl Barks, all’elusività narrativa del francese Moebius e del suo Garage hérmetique, all’uso del chiaro scuro di Magnus e Jacovitti. Riprese inoltre dal fumetto americano di fine Ottocento l’uso della pagina a tavola singola, la cui libertà compositiva impiegò per rompere la dimensione spaziotemporale e la relazione causa-effetto sul piano narrativo. Altra novità di Pentothal, poi sviluppata sulle pagine di Cannibale, fu la creazione di una lingua vernacolare, che intrecciava italiano letterario, slang urbano, neologismi, nonsense e gergalismi di origine dialettale o da altre lingue. L’attenzione dadaista al nonsense e alle rotture grafiche e narrative si accompagnava a una attenzione quasi giornalistica alla realtà bolognese del momento, esemplificata dalla sostituzione in corsa delle ultime tavole consegnate alla redazione di Linus, nel marzo 1977, per inserire il riferimento all’uccisione di Francesco Lo Russo. Non per caso fu ritenuto il «cantore, il poeta, l’artista forse più grande» del ’77 bolognese (Tondelli, 2001, p. 210).
Pentothal fece di Pazienza «praticamente una rockstar» del fumetto, secondo l’autodefinizione messa in bocca a Colasanti, uno dei protagonisti del ciclo Zanardi, accreditandolo come autore capace di far aumentare le tirature delle riviste e, come tale, uno dei pochi a poter pretendere anticipi.
Il suo profilo artistico si definì attorno a un eclettismo stilistico assoluto, che subordinava la fedeltà a uno stile all’esigenza di restituire al meglio l’idea artistica. In uno scritto teorico, spiegò questa scelta con il riferimento al kendo, di cui era cultore: «Se io dico tu ti devi spostare perché io ti schiavardo, ti appiccico contro il muro, lo dico con lo stomaco. È allora che si fa paura veramente, e a me interessa far paura, tutto il resto non esiste. E da qui deriva il discorso sulla tecnica» (Pazienza, 1997, p. 44).
Il suo eclettismo si espresse anche nella capacità di far convivere nella stessa tavola il tragico e il senso della morte, presenza costante della sua produzione, con il comico e il dissacrante, espressi in temi mai apparsi nel fumetto italiano, come l’eroina, la violenza, la quotidianità cittadina.
Nel 1977 frequentò la Traumfabrik, appartamento occupato di via delle Clavature 20, centro della controcultura bolognese, dove incontrò Filippo Scozzari, con il quale partecipò al secondo numero della rivista Cannibale, fondata a Roma l’anno prima da Stefano Tamburini e Massimo Mattioli. Cannibale pubblicò quattro numeri soltanto, ma impose un gruppo di autori che cambiò il fumetto italiano. Pazienza disegnò diverse tavole di Ranxerox e fu suo il primo disegno di Lubna la fidanzata storica del protagonista. Nello stesso 1977 fondò con Tamburini, Mattioli e Scozzari la Primo Carnera Editore; conobbe poi Vincenzo Sparagna e nel 1978 iniziò a collaborare con il settimanale Il Male, fondato l’anno prima da Giuseppe Zaccaria, in arte Pino Zac, e diretto da Vincino (Vincenzo Gallo). Qui Pazienza pubblicò alcune delle sue storie migliori, da Il Partigiano a Pertini, che valse alla redazione un invito al Quirinale da parte dello stesso presidente della Repubblica.
Risale al settembre 1977 l’incontro con Elisabetta Pellerano, figlia di un docente universitario, «il suo grande amore» (Giubilei, 2011, p. 127), nonché il modello per quasi tutti i personaggi femminili della sua produzione artistica, alla quale dedicò Pentothal.
Nel gennaio 1979 un editoriale di del Buono lo consacrò tra i grandi del fumetto e due anni dopo in un’intervista a Linus fu presentato come «classico postmoderno» (Serra - Tettamanti, 1981, p. 127). Nello stesso periodo prese forma la rivista Frigidaire, promossa da Sparagna e fondata dal gruppo di autori riuniti nella casa editrice Primo Carnera, la cui idea editoriale segnava l’abbandono di una dimensione volutamente underground rilanciando la proposta di contaminazione tra fumetti e cultura, segno distintivo del Linus di del Buono, con una libertà creativa totale e una vivace sperimentazione culturale. Nell’aprile 1981 su Frigidaire comparve il secondo grande personaggio della sua produzione, già anticipato nelle ultime pagine di Penthotal: Massimo Zanardi, liceale feroce e amorale, la cui «caratteristica principale è il vuoto. L’assoluto vuoto che permea ogni azione», secondo le parole dello stesso autore (ibid., p. 128). Pazienza collaborò a Frigidaire con decine di storie in formati diversi, illustrando articoli e racconti, disegnando copertine e collaborando con altri autori.
I primi anni Ottanta segnarono l’apertura del nuovo fumetto alla contaminazione con altre forme di comunicazione.
Se nel 1979 aveva preparato il videoclip della canzone Milano e Vincenzo di Alberto Fortis e quello di Michelle dei Beatles, per la trasmissione Mister Fantasy di Raiuno, nel 1980 allestì le scenografie per lo spettacolo The toilet di Leroy Jones, quindi disegnò i manifesti dei film La città delle donne (1980) di Federico Fellini e di Lontano da dove (1983) di Stefania Casini e Francesca Marciano. Nel 1987 firmò la scenografia dello spettacolo di danza Dai colli di Giorgio Rossi e collaborò con Roberto Benigni per il film Il piccolo diavolo che, uscito dopo la morte di Pazienza fu a lui dedicato. Disegnò poi le copertine di molti dischi: Passpartù (1978) della Premiata Forneria Marconi; Antipatici Antipodi (1983) di Claudio Lolli; Cuore di pace (1986) di Amedeo Minghi; Non svegliate l’amore (1991) di David Riondino; per Roberto Vecchioni quattro LP (Robinson, come salvarsi la vita, 1979; Montecristo, 1980; Hollywood Hollywood, 1982; Il Grande Sogno, 1984) e quattro 45 giri (Signor Giudice, 1979; Montecristo 1980; Dentro gli occhi, 1982; Hotel degli assassini, 1983); per Enzo Avitabile S.O.S. Brothers (1986) e il 45 giri Black out/soul express (1986).
In un’ottica di contaminazione tra le arti, nel 1982, fu invitato da Francesca Alinovi a esporre nella rassegna Registrazione di frequenze alla Galleria comunale d’arte moderna di Bologna; l’anno successivo alla galleria milanese Nuages e, insieme a Pablo Echaurren e Francesco Tullio Altan, alla mostra Nuvole a go-go al Palazzo delle Esposizioni di Roma. A Genova dipinse un murale nell’aula di lettere del polo didattico della facoltà e nel 1984, invitato dal Comune, realizzò nella piazza centrale di Cesena un altro enorme murale, il cosiddetto Zanardi equestre.
Tra il 1983 e il 1985 – nonostante l’impossibilità di restituire in modo adeguato il suo pastiche linguistico – alcuni suoi lavori furono pubblicati sulla rivista spagnola El Vibora, su quella francese Les Echo des savanes, mentre l’editore Babel di Atene pubblicò un albo di settanta tavole (Cattive compagnie). Moltiplicò le collaborazioni con riviste, in parte istituzionali: Frizzer, nata da Frigidaire, Tempi Supplementari, Zut, Avaj, Glamour international, La nuova ecologia, Panorama, Agenda verde, Reporter, e gli inserti satirici de l’Unità, Tango, di Paese Sera, Ottovolante, La Repubblica, Satyricon. Nell’ottobre 1983, con Pratt e Milo Manara fondò la cooperativa che pubblicò il mensile Corto Maltese. Tenne corsi di fumetto alla Libera Università di Alcatraz di Jacopo Fo e, tra il 1983 e il 1984, insegnò alla Scuola Zio Feininger, corso post diploma di fumetto e arti grafiche presso l’istituto tecnico Aldini Valerani di Bologna, fondata da un gruppo di autori del gruppo Valvoline Motor Comics.
Con l’esaurirsi della stagione del grande successo del fumetto d’autore e delle riviste che l’avevano sostenuta, cominciò anche la sua crisi personale.
La consuetudine con le droghe e la fine della relazione con Elisabetta Pellerano lo portarono a un crescente ricorso all’eroina e a un periodo molto duro tra «overdosi, cattive compagnie e dicerie velenose» (Giubilei, 2011, p. 167), riflesso anche nella ferocia di alcune storie di questi anni, come Cenerentola ’87 e Cuore di mamma, apparse su Comic art. Nel 1984 la madre lo portò per due mesi a San Severo per disintossicarsi e l’anno successivo lasciò Bologna per Montepulciano, dove iniziò a collaborare con Mauro Paganelli, degli Editori del Grifo.
Il 7 giugno 1986 nella chiesa di San Biagio a Montepulciano sposò Marina Comandini, fumettista romana conosciuta nel 1985.
Nell’aprile 1985 comparve su Alter Alter la prima puntata di Pompeo, terzo grande personaggio della produzione pazienziana, una sorta di «alter ego invecchiato di Penthotal», poi pubblicato nel 1987 con il titolo Gli ultimi giorni di Pompeo. Fino all’estremo e con dedica alla moglie Marina. Alcuni temi costanti della sua produzione (la morte, l’eroina, l’amore, la creazione artistica), esplodevano qui in un racconto sofferto e sconvolgente dell’esperienza dell’eroina e del suo rapporto con l’arte, reso con un durissimo bianco-nero e un lettering in corsivo, accompagnato da testi lirici che ne facevano, secondo Scozzari, uno «straordinario terribile lucido pas d’adieu» (Farina, 2005, p. 49). Portando all’estremo la dimensione dell’autobiografia e della confessione, nel mostrare la crisi del genio creativo e la fragilità dell’autore, Pompeo anticipò alcuni caratteri di quella che sarebbe stata poi chiamata graphic novel. Nel 1986 la morte di Tamburini per overdose fu un trauma ulteriore. Negli ultimi anni a Montepulciano, lavorò a fumetti che si indirizzavano verso la poesia e la storia: Zanardi medievale, e soprattutto Campofame, da un poema di Robinson Jeffers, e Astarte, rimasti incompiuti e pubblicati postumi su Comic art nel luglio 1988.
Morì a Montepulciano di overdose nella notte tra il 15 e il 16 giugno 1988.
Il 21 luglio a Peschici fu inaugurata la prima mostra che avrebbe dovuto tenere insieme al padre Enrico. Fu sepolto nel cimitero di San Severo.
Fonti e Bibl.: F. Serra - A. Tettamanti, P. e la manutenzione del fumetto, in Linus, n. 12, dicembre 1981, pp. 127-129; A. Faeti, Alle spalle di Zanardi, in Id., I tesori e le isole, Firenze 1986, pp. 160-177; O. Calabrese, L’eterno rinnovamento del “volgare”, in A. P., a cura di M. Comandini Pazienza - M. Paganelli, Montepulciano 1991, pp. 12-15; G. Frezza, Pompeo/Pazienza, in Id., La macchina del mito tra cinema e fumetti, Scandicci 1995, pp. 206-210; S. Rossi, La morte europea di Pompeo, in Id., La croce vuota. La morte a fumetti, Roma 1996, pp. 69-83; L. Boschi, Frigo, valvole e balloons. Viaggio in vent’anni di fumetto italiano d’autore, Roma-Napoli 1997; F. Scozzari, Prima pagare poi ricordare. Da “Cannibale” a “Frigidaire”. Storia di un manipolo di ragazzi geniali, Roma 1997; L. Raffaelli, Il fumetto. Un manuale per capire un saggio per riflettere, Milano 1997; A. Pazienza, Paz. Scritti, disegni, fumetti, a cura di V. Mollica, Torino 1997; S. Prestopino, Riso in sequenza. L’umorismo amaro del grande fumettista, in La scienza gaia. Saggi sul riso, Milano 1998, pp. 182-200; P. Echaurren, A. P., in Id., Compagni, Torino 1998, pp. 73-76; M. Tavosanis, A. P. e la lingua del fumetto, in Il Rogiolo. Rivista telematica, 1998, 1; P.V. Tondelli, A. P., in Id., Un weekend postmoderno. Cronache dagli anni ottanta, Milano 2001 (I ed. 1990), pp. 209-212; R. Farina, I dolori del giovane Paz! Contributi alla biografia negata di A. P., Roma 2005; V. Sparagna, Frigidaire. L’incredibile storia e le sorprendenti avventure della più rivoluzionaria rivista d’arte del mondo, Milano 2008; A. P., una estate. Saint’Mnà, spiagge contigue e le altre bellezze del Gargano, a cura di M. e M. Pazienza, Roma 2008; O. Glioti, Fumetti di evasione. Vita artistica di A. P., Roma 2009; S. Castaldi, Drawn and dangerous. Italian comics of the 1970s and 1980s, Jackson 2010; F. Giubilei, Vita di Paz. Storia e storie di A. P., Firenze 2011.