CORSALI, Andrea
Non si hanno notizie precise sulla sua nascita e sulla sua morte. Fu astronomo, cosmografo e navigatore; intimo di casa Medici, visse certamente a Firenze nei primi anni del sec. XVI. Sappiamo che il 6 ott. 1514 Leone X, non ignorando l'imminente viaggio del C. nelle lontane Indie, gli dette una lettera commendatizia, scritta da Pietro Bembo, allora segretario del papa, e indirizzata "Davidi regi Abissinorum", il mitico Prete Gianni, meglio conosciuto come Lebna Dengel, della dinastia Amhara, re d'Etiopia dal 1508 al 1540. Sappiamo, ancora, dal navigatore Giovanni da Empoli, nella lettera scritta il primo gennaio 1517 dall'India al vescovo di Pistoia Antonio Pucci, che il C. era "uomo certamente di ogni fede degno, per essere litterato, e che ha cognizione assai, quanto fa di bisogno a questi avvisi, e della astrologia e della cosmografia; el quale assai tempo ha consumato utilmente a ricercare questi mari e terre et insule di qua, e datone di tutto perfettamente buon conto: talmente che io tengo per cosa certa, che altro meglio di lui non possa scrivere, per le molte buone qualità che sono in lui". Infine, in un manoscritto cartaceo della prima metà del Cinquecento, conservato alla Biblioteca nazionale di Firenze (Magl. XIII, 84, c. 58 r), un religioso abissino, certo Abbā Tomās, asserisce che nel maggio 1524 nella capitale dell'Etiopia il C. svolgeva l'attività di tipografo: "a Barara... [Ifat] dove al presente si ritrova Andrea Corsali fiorentino che va stampir Libri Caldei in ditta terra".
Questa è l'ultima notizia sicura che ci è giunta del C. che presumibilmente trascorse il resto dei suoi giorni in Etiopia perché agli stranieri non era consentito lasciare il paese una volta che avevano avuto la ventura di entrarvi.
Il C. fu autore di due lettere: la prima inviata da Cochin, in India, il 6 genn. 1515 a Giuliano de' Medici; la seconda da una località ignota dell'Oriente a Lorenzo de' Medici duca d'Urbino il 18 sett. 1517. Queste due lettere furono prontamente stampate per diffondere le avvincenti notizie sulle terre visitate dal C.: la prima, Lettera allo illustrissimo Iuliano de Medici venuta dell'india da Io. Stephano di Carlo da Pavia l'11 dic. 1516, l'altra Lettera allo ill. Laurentio de' Medici ex India venne stampata sempre in Firenze nel 1518, ma è priva di illustrazioni e di indicazioni tipografiche. Degno di nota appare il frontespizio della prima lettera, illustrato da un cerchio con contorno di due nuvolette e numerose stelle che vogliono raffigurare la visione del cielo australe così come apparve al C., appena superato il Capo di Buona Speranza "due nugolette [erano le nubi magellaniche, ammassi di stelle extragalattiche] di ragionevol grandezza, ch'intorno al polo Antartico, continuamente hora abbassandosi, hora alzandosi in moto circulare camminano, con una stella [secondo Humboldt è la Beta dell'Idra] sempre nel mezzo... sopra di queste apparisce una croce maravigliosa [la costellazione della Croce del Sud] nel mezzo di cinque stelle, che la circondano con altre stelle... è di tanta bellezza, che non mi pare ad alcuno segno celeste doverla comparare".
Con la prima lettera il C. annunciò a Giuliano de' Medici il successo del suo viaggio in India, raccontò come esso era avvenuto e descrisse tutte le cose interessanti che aveva visto. Salpato da Lisbona e superato agevolmente, col favore del vento, il Capo di Buona Speranza, la prima terra avvistata fu il Mozambico, già dominio portoghese, abitata da maomettani e da "huomini bestiali": qui incrociò due navi portoghesi che provenivano dall'isola di San Lorenzo [oggi Madagascar] "che sta a fronte di Monzambiqui... copiosa d'infiniti armenti e di ogni sorte d'animali silvestri... di risi e altri semi... argento, ambracan [ambra grigia], gengiovo [zenzero], limoni, cedri, aranci... di molti fiumi... di porti sicuri". Ancora quasi un mese di navigazione e il C. sbarcò a Goa, conquistata nel 1510 dal condottiero portoghese Alphonso de Albuquerque e da questo trasformata in una poderosa fortezza. Goa era abitata da popolazioni indigene "di bell'aspetto e di color lionato" e dai Nairi, "huomini di guerra", i migliori di tutta l'India che "con un panno di cottone si copron le parti vergognose del corpo". Questa terra fertilissima era ricca di animali domestici e selvatici, in particolare di tigri, coccodrilli e "serpenti d'incredibil grandezza". Fiorentissimo era il commercio dei cavalli, importati da Ormūz, sul Golfo Persico, che venivano venduti a tutte le popolazioni dell'Indostan. I Portoghesi, dominatori di questi mari, avevano gravato di forti dazi questo commercio sicché fruttava moltissimo all'erario: nel solo 1514 30.000 ducati. Il C. lamentò la distruzione, da parte dei Portoghesi, di una pagoda situata nell'isola Dinari (nei pressi di Goa), mirabilmente costruita e ornata con meravigliose figure in pietra nera. Partito da Goa approdò nella terra di Batticala (dovrebbe corrispondere alla regione circostante l'odierna città di Mangalore), quindi nella città di Cannanore ove era una munitissima fortezza portoghese ed infine a Calicut, dal clima mitissimo, capitale del regno Malabari, fortemente decaduta perché i Portoghesi avevano dirottato il commercio delle spezie nelle città di Cochin e Cannanore, roccaforti e basi di spedizione per Lisbona. La politica imperialista portoghese di supremazia assoluta nei mari caldi e il conseguente blocco navale del Mar Rosso e del Golfo Persico, che non permetteva il flusso delle merci verso il Mediterraneo, attraverso le tradizionali vie di comunicazione per Aden, La Mecca e Il Cairo, aveva messo in crisi Venezia che deteneva, in Europa, il monopolio del commercio delle spezie.
Il C. descrisse, poi, la terra di Cambaia (Cambay, a est della foce dell'Indo) produttrice di "indaco, storace liquido [balsamo medicinale], corniole, calcedoni" e abitata dai Guzzaratti (popolazione che viveva nell'odierno Gujarāt), vegetariani e abilissimi mercanti. Descrisse anche l'isola di Zeilan (Ceylon), ricchissima di "zaffiri perfetti, rubini, balasci [specie di rubino], topatij, giacinti [zircone], cannella e elephanti". Criticò, quindi, Tolomeo che aveva mal localizzato la Taprobana (nome con cui era noto ai Greci e ai Romani l'isola di Ceylon); narrò del viaggiatore italiano Piero Strozzi che in una non meglio identificata terra di Paliacatte, ricca di pietre preziose, acquistò un diamante di 23 carati. Descrisse, infine, le terre ad oriente dell'India: Malacha (la penisola di Malacca), l'isola di Sumatra e la Cina, meta nello stesso anno del viaggiatore fiorentino Giovanni da Empoli, esportatrice di "Reubarbaro, perle, stagno, porcellane e sete, drappi di ogni sorte lavorati, damaschi, rasi, broccati di molta perfettione".
Il 18 sett. 1517, due anni dopo aver scritto la lettera a Giuliano de' Medici, che nel frattempo era morto, il C. scrisse la seconda lettera dove riferì di avere partecipato con l'armata portoghese a una spedizione militare contro il sultano d'Egitto che minacciava la supremazia portoghese sui mari e i loro possedimenti in India. La flotta mosse da Goa l'8 febbr. 1516, prima tappa l'isola di Soquotora (Socotra), abitata da pastori cristiani dal "capello lungo, nero e riccio" che vestono alla "moresca" e da curiosissimi camaleonti. Il 14 marzo furono ad Aden "porto e scala principale di Arabia e d'Etiophia", ricco mercato delle "spetiarie, droghe medicinali, odori, tinte, gioie, panni di seta finissimi, di cotone e d'ogni qualità di mercantie orientali". Ripreso il mare una tempesta causò il distacco, dal grosso della flotta, della nave su cui erano imbarcati il C. e l'ambasciatore etiope Mattheo di ritorno dal Portogallo e ciò "fu cagione anchora che gli Ambasciatori che noi levavamo per il Prete Ianni non andassero a lor cammino".
La nave errò a lungo nel Mar Rosso e non poté rifornirsi d'acqua né all'isola di Camaran (Kamarān, lungo la costa dello Yemen del Nord), né all'isola di Suaché (Swakin, nel Mar Rosso, lungo le coste sudanesi) "dove i Christiani di Etiophia s'imbarcano per Gierusalem"; finalmente, dopo aver molto patito, la nave approdò a Dalaccia (isola Dahlak, di fronte a Massaua), dove la sete fu soddisfatta. Rimasero a Dahlak "isola di sano aere, bassa et sterile con certi colli e valli pieni di pruni e stecchi senza nessun arboro fruttifero" un mese intero; qui il C. raccolse interessanti notizie sul Prete Gianni, sul suo regno che secondo lui comprendeva, oltre all'Etiopia, tutte le terre sino alla Guinea portoghese sull'Oceano Atlantico. I sudditi del Prete Gianni erano cristiani usi al battesimo e alla circoncisione, che osservavano "le festività degli Apostoli et de Sancti moderni et de patriarchi et padri del vecchio testamento".
Ripartiti e ricongiuntisi al grosso della flotta, in vista della città di Zidem (l'odierna Gidda), porto della Mecca, il capitano maggiore Lopo Soares decise di non dare battaglia. Il C. lamentò, quindi, che pur essendo stato diverso tempo così prossimo all'Etiopia, non gli fu consentito di sbarcare in quella mitica terra perché nell'isola Kamarān sopraggiunse la morte dell'ambasciatore portoghese che accompagnava quello etiopico. Furono a Kamarān sino al 12 giugno e dopo aver distrutto la fortezza eretta dai Mamelucchi, il 13 giugno si diressero verso Seyla, nel Nord della Somalia, importante centro di interscambio commerciale tra l'Etiopia cristiana e il mondo musulmano, che fu saccheggiata e rasa al suolo dall'armata portoghese. Il C. riprese il mare su una nave araba e dopo aver costeggiato il Sudest della penisola arabica, visitò l'isola di Ormūz, in posizione strategica all'imbocco del golfo Persico; qui raccolse interessanti notizie sulla Persia e sui suoi abitanti, che sebbene professassero l'islamismo (setta degli sciiti), spesso erano in lotta con gli altri popoli della stessa fede perché "la differenza ch'è fra Turchi e Mori d'Arabia e d'Africa procede dalli compagni che furno di Maumetto... e che solamente Aly, che fu genero di Maumetto, fu ambasciador e propheta di Dio... e che tutti gli altri furono falsi".
Lasciata Ormūz, dopo trenta giorni di navigazione, il C. ritornò al porto indiano di Goa e quindi a Cochin "dove arrivammo nel mese di Decembre, e qui finimmo un'anno giustamente dal dì che di là eravamo partiti e passati alli travagli soprascritti". Il C. concluse questa seconda lettera proponendosi di trascorrere un anno col viaggiatore fiorentino Piero Strozzi alla "casa di San Thomaso, di qua distante leghe 250", ripromettendosi, poi, di recarsi in una regione che dovrebbe corrispondere all'odierna Birmania "con certi Armeni Christiani miei amici determino di transferirmi per la terra ferma e spendere cinque o sei mesi in vedere..." per poter riferire a Lorenzo de' Medici ulteriori notizie tramite Piero Strozzi che stava per rientrare in Italia.
Il C. fu uno dei primi viaggiatori europei a descrivere con acume e col tipico interesse dello studioso il mondo, allora ancora fantastico ed esotico, dell'Oriente. La sua figura è certamente misteriosa: non sappiamo, infatti, bene chi fosse né quale fu il vero motivo che lo spinse ad intraprendere il viaggio verso le lontane Indie, né, ancora come gli sia riuscito di imbarcarsi su navi da guerra portoghesi che svolgevano missioni evidentemente segrete. A spingerlo al viaggio non fu solo il desiderio di riferire alla famiglia Medici, cui era molto devoto, precise notizie su terre poco conosciute, ricche dì spezie e di oggetti preziosi, affinché se ne potessero avvantaggiare commercialmente, né quello di raggiungere l'Etiopia cristiana di Lebna Dengel per favorire una alleanza politico-religiosa tra la Chiesa di Roma e il regno etiope contro la strapotenza musulmana, in nome di papa Leone X, anch'egli di casa Medici. Dalle due lettere del C. emerge con chiarezza che fra i moventi dei suoi viaggi fu prevalente quello scientifico. La sua notevole cultura, la descrizione minuziosa ed appassionata delle terre visitate e delle popolazioni incontrate, l'uso dell'astrolabio e di altri strumenti scientifici per lo studio delle coordinate geografiche dei luoghi attraversati, stanno a confermare che il C. non era mosso da semplici interessi mercantili. Tra i suoi meriti: l'aver individuato l'errore di Tolomeo che aveva mal calcolato la distanza tra l'Africa e l'India; l'aver cercato di distinguere l'isola di Ceylon dall'isola di Sumatra che spesso venivano confuse e l'essere stato, infine, con i viaggiatori Cadamosto, Pigafetta e Vespucci tra i primi ad osservare e a studiare il cielo australe. Una delle prime citazioni della Croce dei Sud e delle nubi magellaniche è nelle sue lettere, ma in seguito la scoperta delle nubi magellaniche fu erroneamente attribuita al Pigafetta come avvenuta nel 1521, cioè sei anni dopo essere state descritte dal C. nella lettera a Giuliano de' Medici.
Fonti e Bibl.: Petri Bembi Epistolarum Leonis Decimi Pont. Max. nomine scriptarum libri XVI, Lugduni 1538, pp. 206-207; G. B. Ramusio, Delle navigationi et viaggi, I, Venezia 1563, pp. 176-189; A. Orteli, Theatrum orbis terrarum, Antuerpiae 1601, p. 108; Giov. da Empoli, Lett. dalla India ad A. Pucci, vescovo di Pistoia, in Arch. stor. ital., App., III, Firenze 1846, pp. 89-91; A. Humboldt, Cosmos. Saggio di una descriz. fisica del mondo, II, Venezia 1860, pp. 262, 266, 378378 s.; De Gubernatis, Memoria intorno ai viaggiatori ital. nelle Indie orientali dal sec. XIII al sec. XVI, Firenze 1867, passim; P. Amat di San Filippo, Biografia dei viaggiatori ital., Roma 1882, pp. 250-254; Id., Gli illustri viaggiatori ital. con una antol. dei loro scritti, Roma 1885, pp. 145, 149-170; G. Conti Rossini, Geographica, in Rass. di studi etiopici, II (1943), pp. 177, 180, 183, 194 s.; R. Lefevre, L'Etiopia nella stampa del primo Cinquecento, in Quaderni d'Africa dell'Istituto ital. per l'Africa, s. I, Como 1966, pp. 24-35; Id., Due cinquecentine di A. C. viaggiatore nelle Indie, in Almanacco dei bibliotecari ital., Roma 1967, pp. 45-52; British Museum. General Catalogue of Printed books, London 1955, ad vocem.