CASALI, Andrea
Nacque a Roma 17 nov. 1705 da un modesto sarto lucchese, Giovanni Antonio, e da Maddalena Giovanna Luciani, originaria di Fermo nelle Marche. Trascorse un periodo di tirocinio nello studio di S. Conca e divenne quindi allievo di F. Trevisani. Nel 1725 partecipò al concorso Clementino e vinse il secondo premio della seconda classe. Il suo successo fu rapido, e la croce di cavaliere ricevuta da Benedetto XIII il 23 luglio 1729 per gli affreschi del chiostro di S. Sisto Vecchio lo consacrò sin dall'inizio della carriera. Grazie alla protezione del cardinale Ottoboni e alle raccomandazioni del Trevisani (Battisti), le ordinazioni non mancarono al giovane artista che nel 1737 veniva reputato "uno tra primi giovani che presentemente si trovano in Roma" (Adami).
Il 1740 segnò una svolta nella vita del Casali. Nonostante il successo, infatti, decise di espatriare, accettando l'invito di alcuni ricchi inglesi tra cui il conte di Carlisle e sir Charles Frederick. Vero e che era rimasto vedovo e in seguito alla morte del cardinale Ottoboni ormai privo di potenti appoggi. Seguì quindi la consuetudine degli artisti del suo tempo, in verità più frequente tra i veneti che tra i romani, di recarsi in Inghilterra.
Dopo una sosta di qualche mese a Parigi, ove venne ammesso all'Académie royale de peinture il 28 genn. 1741, senza avere eseguito - almeno a quanto risulta - il "morceau de réception" (Procès verbaux de l'Acad. ..., Paris 1883, V., p. 291), nella primavera dello stesso anno giunse in Inghilterra.
Il suo soggiorno durò venticinque anni, con almeno due interruzioni: un viaggio in Germania - durante il quale, nel 1748, ritrasse all'Aia lo statolder Guglielmo IV di Nassau (dipinto perduto) - e un soggiorno di alcuni mesi a Roma (1763-64).
Le note di Vertue ci danno preziose informazioni sui primi anni del lungo periodo inglese, che gli diede il successo soltanto dopo il 1750, nonostante i solidi appoggi ottenuti presso la nobiltà locale sin dall'inizio. Si integrò al gruppo di artisti londinesi che si riunivano nella Turk's Head Tavern in Gerrard street, la stessa strada nella quale il C. aveva lo studio ed espose alla Society of Artists e alla Free Society, sin dalla loro fondazione, vincendo ben quattro premi (1760, 1761, 1762 e 1766).
Dopo aver organizzato a Londra, nel 1762 e 1766, due vendite pubbliche della sua "collezione" - costituita da opere sue oltre che da alcuni dipinti italiani e olandesi -, il C. ritornò ad installarsi definitivamente a Roma, con due dei suoi tre figli, in una casa in piazza S. Silvestro, in cui risulta censito annualmente.
Il soggiorno in Inghilterra era stato un successo, almeno finanziario, se si considerano le numerose transazioni fatte al momento di ritornare in Italia e l'inventario dei beni dopo la morte dell'artista. Ma non fu la nostalgia l'unico motivo a determinare il suo rientro in patria. Il gusto era cambiato e la giovane scuola inglese, dietro l'impulso di Reynolds, mirava a distaccarsi dalle influenze straniere. Ormai, però, anche l'ambiente romano lo avrebbe accolto con indifferenza: la troppo lunga assenza lo aveva fatto dimenticare. Così questo pittore, fecondo di tante promesse nella prima giovinezza, non ebbe né gli onori dell'Accademia di S. Luca, né dei Virtuosi del Pantheon, peraltro dispensati in genere con larghezza.
Continuò tuttavia a dipingere, a beneficio dei trinitari calzati e della loro chiesa in via Condotti. I suoi rapporti con l'Inghilterra non furono interrotti: quasi ogni anno, suoi dipinti erano esposti alla Free Society, ma non sappiamo se si trattasse di quadri lasciati a Londra o spediti da Roma. Morì a Roma il 7 sett. 1784. È sepolto nella cappella di S. Caterina alla Trinità degli Spagnoli.
Nella carriera dell'artista si verificano tre momenti: il periodo romano, quello inglese e, da ultimo, il nuovo periodo romano. Il primo e costellato di numerose opere tuttora visibili e ben documentate. Affreschista a due riprese, il C. esercitò il suo talento soprattutto con grandi pale d'altare. Il suo esordio venne patrocinato dal papa Benedetto XIII: dipinse infatti a fresco le trentadue lunette del chiostro di S. Sisto Vecchio, nel corso dei restauri della chiesa e del convento. Il breve che nel 1729 gli conferì il titolo di cavaliere precisa che il lavoro durò "un anno e mesi". Il pittore illustrò in varie scene, con grandi figure che occupano tutto lo spazio, la Vita di s. Domenico. Purtroppo l'insieme è molto rovinato. In S. Gregorio ai Quattro Capi - consacrata nel sett. 1729, anch'essa dopo il rifacimento a spese di Benedetto XIII - esiste tuttora sull'altare di destra una Visione di s. Filippo Neri, tradizionalmente attribuitagli.
In questi stessi anni il C. ricevette commissioni per alcune chiese di Rieti. Nella chiesa di S. Antonio del Monte, cappella Ponnetti, restano due ovali (di cui uno firmato e datato 1729) con S. Giacinta Marescotti e S. Margherita da Cortona, che, benché non originali, rivelano molta capacità. Nella Madonna del Rosario (1731), conservata nel palazzo vescovile, ma proveniente da S. Domenico, per la prima volta la firma è preceduta dal titolo di cavaliere; qui il colore è più sommario e la composizione tradizionale. "dispersa la Vergine col Bambino sulle nubi e i ss. Gregorio, Scolastica e Benedetto che era nella chiesa di S. Scolastica sino al 1931 (E Palmegiani, Rieti..., Roma 1932, p. 284). Il coevo Martirio di s. Cristina della collegiale di Bolsena, di cui Adami fa l'elogio, figura oggi su di un altare laterale.
Nel 1735 il cardinale Ottoboni affidò al C. la decorazione a fresco della cappella del SS. Sacramento in S. Lorenzo in Damaso a Roma. Nella volta si può ancora ammirare la grande Adorazione dell'Agnello, mentre la pala d'altare con L'Eterno Padre e lo Spirito Santo risulta perduta dall'inizio del sec. XIX. La fama del C. si estese. In una lettera del 22 sett. 1735 il Trevisani lo raccomandò calorosamente a Iuvara, che era alla ricerca di dipinti per la corte di Spagna: due grandi pendants recentemente ritrovati e restaurati, datati Roma 1736, decorano attualmente una sala del palazzo reale di Madrid. Sono due scene di storia romana: Sofonisba che si avvelena dopo aver ricevuto la lettera di Massinissa e la Vestale Tuccia che prova la propria innocenza portando l'acqua del Tevere in un vaglio. Le ultime opere certe di questo primo periodo sono due quadri dell'Accademia Albertina di Torino: l'Annunciazione e l'Adorazione dei Magi, firmati e datati 1738, eccezionali per la qualità e per le dimensioni ridotte.
Durante il periodo inglese il C. si dedicò contemporaneamente a tre generi diversi: il ritratto, la pittura religiosa e la pittura decorativa. È probabile che alla scuola del Trevisani avesse avuto modo di esercitarsi come ritrattista ma non vi sono tracce delle sue prime prove, mentre al suo arrivo in Inghilterra fu proprio il ritratto del cantante Angelo Maria Monticelli ad assicurargli una certa rinomanza (come annotava il Vertue nel 1742); di questo dipinto non rimane che un'incisione. Probabilmente di questo periodo è il ritratto di Sir Charles Frederick - uno dei primi protettori dell'artista - sorprendente per originalità e foga romantica, riapparso all'asta londinese di Christie's del 23 dic. 1954. La serie di ritratti che si conserva a Holkharn Hall (Norfolk) è di molto successiva: nel 1757 il C. riscosse un pagamento per nove ritratti a figura intera; tra di essi quello di Thomas Coke, di sua moglie Margaret Tufton e del loro figlio morto nel 1753; gli altri sei, probabilmente ispirati da ritratti più antichi, raffigurano gli antenati del conte di Leicester e formano un insieme di stile omogeneo. Altri tre ritratti a mezzo busto sono attribuibili al Casali. Firmato e datato Londra 1759 è il ritratto di Lady Anne Howard, moglie del nono lord Petre (Ingatestone, Essex: cfr. Piper). Appartiene attualmente alla collezione del duca di Hamilton il ritratto dello scrittore William Beckford fanciullo (nato nell'anno 1759); questo grazioso bambino che gioca con un uccello è degli ultimissimi anni del periodo inglese (vedine la riproduzione in W. Beckford, The Travel Diaries..., a cura di G. Chapman, Cambridge 1928).
Quanto alla pittura religiosa, sappiamo che nel 1747 il C. eseguì una pala d'altare (Pietà)per la cappella dell'ambasciatore di Baviera, conte Haslang. Il dipinto, firmato e datato, è riapparso all'asta londinese di Christie's del 21 luglio 1973 (lotto 18). Nel 1748 il C. si offrì di dipingere per il Foundling Hospital una Adorazione dei Magi, terminata nel 1750. che oggi si trova nel piccolo museo allestito dopo la distruzione dell'ospedale. La pala d'altare eseguita nel 1762 per il conte di Viri, in occasione della ricostruzione della cappella dell'ambasciata di Sardegna, andò distrutta nel 1780 nel corso dei "Gordon Riots", nonostante le proteste dell'ambasciatore stesso che tentò invano di sottrarla al furore del popolo offrendo in cambio del denaro. Sappiamo, infine, che il comitato parrocchiale di St. Margaret a Westminster commissionò al C. i chiaroscuri imitanti le statue di S. Pietro e S. Paolo che nell'agosto del 1763 (Walpole) furono istallati in due nicchie del coro gotico ai lati dell'altare, ma che andarono perduti alla fine del XIX sec. nel corso del restauro che soppresse l'abside della chiesa.
Nel campo della pittura decorativa, sono da ricordare sei grandi tele nella casa di lord Castelmaine a Wanstead (Essex) delle quali parlano tutte le guide dell'epoca: tre nella hall (Coriolano, oggi a Burton Constable, Yorkshire. Porsenna e Pompeo che si congeda dai suoi)e tre in una delle sale da pranzo (Alessandro che ordina ad Apelle di dipingere Campaspe, la Continenza di Scipione e Sofonisba che si avvelena). The Ambulator or the stranger's companion..., nella edizione del 1744 (la più completa), cita (pp. 198-200) anche Angelica e Medoro sopra al caminetto di uno dei saloni. Secondo il catalogo della vendita (A catalogue of the magnificent... furniture of... Wanstead House, London 1822, pp. 114, 115, 124), il C. sarebbe venuto dall'Italia per eseguire questa decorazione, eccezionale almeno per quanto riguarda il formato dei quadri. La data - che risale ai primi tempi del soggiorno inglese - è precisata e confermata da una lettera del 1743 di lady Charlotte Fermor alla madre, lady Pomfret, da Copped Hall, nella quale si racconta di un ballo dato a Wanstead in onore del Casali (cfr. Finch, p. 64). La decorazione di Wanstead sembra essere la sola eseguita prima del viaggio in Germania del 1748.
Di ritorno in Inghilterra, il C. collaborò con due italiani e un francese alla creazione di un grande congegno ideato dall'architetto G. N. Servandoni per i fuochi di artificio con i quali il 27 apr. 1749 si doveva celebrare in St. James Park la pace di Aquisgrana. Il suo contributo fu considerevole: disegnò ventuno statue di divinità, delle quali tre, che costituivano il gruppo centrale, furono (con altre due) modellate in gesso. Dipinse inoltre tre scene allegoriche che grazie a uno speciale gioco di luci e trasparenze apparivano come bassorilievi in marmo e venivano poi sostituite da loro copie a colori. Queste metamorfosi vennero accompagnate dalla celebre musica di Haendel. Furono eseguite numerose incisioni dell'insieme e di quattro delle opere del C.: il gruppo centrale La Pace in trono affiancata da Marte e Nettuno e i tre dipinti Il re che offre la pace alla Gran Bretagna, Il ritorno di Marte e Il ritorno di Nettuno. La partecipazione a una commissione ufficiale dovette procurargli una certa notorietà poiché è proprio a questo secondo periodo inglese che risale la maggior parte di lavori decorativi. Un importante ciclo a Ranston (Dorset) risale all'anno del rinnovamento della casa (la data "1753"figura sulla ringhiera dello scalone), ed è stato molto ben restaurato nell'ultima recente trasformazione della villa. Nella hall d'ingresso, la Poesia, la Pittura, la Scultura e l'Architettura, e sul soffitto dello scalone due ovali (Bacco e Arianna e S. Cecilia, o meglio la Musica).
Il C. ebbe un ammiratore e potente protettore nella persona dell'"alderman" William Beckford, il quale fece ricostruire secondo il gusto italiano la casa di Fonthill (Wiltshire) che era stata distrutta da un incendio nel 1755. Non fu per l'artista che una gloria effimera, poiché William Beckford figlio - lo scrittore - affascinato dalla moda del neogotico, disprezzando queste "dauberies alla Casali", disperse l'arredo della villa settecentesca prima di farla demolire. I cataloghi di vendita registrano un numero considerevole di quadri del C. in una collezione di per sé prestigiosa. Alcune tele del soffitto della galleria con Allegorie delle arti e delle scienze dopo varie peripezie si trovano attualmente a Dyrham Park (Gloucestershire). A Beaminster (Dorset), nella "manor house", si può tuttora ammirare un altro soffitto proveniente da Fonthill: Il festino degli Dei, una buona composizione a tinte chiare e cangianti. A Richmond (Surrey), nella Asgill House, l'ottagono decorato con scene mitologiche del più puro rococò (opera posteriore all'anno 1758) può essere considerato uno dei lavori più riusciti del Casali. Tutte queste decorazioni su tela furono eseguite per le residenze di campagna nei dintorni di Londra, ma la copia della Aurora di Guido Reni (olio su gesso) nella volta dello scalone di Hovingham, Hall (Yorkshire), probabilmente ritoccata nel XIX sec., induce a pensare che il C. si sia recato anche nel Nord-Est: l'attribuzione di essa al pittore è confermata dallo stesso proprietario, Thomas Worsley, in Pictures at Hovingham Hall (London 1771; ristampa del 1964). Hovingham Hall fu terminata nel 1760; probabilmente durante lo stesso viaggio il C. dipinse anche le "sette figure alate in cerchio" sul soffitto della sala da pranzo della villa di Charles Brandling a Gosforth (Northumberland), distrutta nel 1914.
Nello stesso periodo l'ispirazione del C. cambia. Nel 1760 Il trionfo dell'innocenza di Gunilda - il cui soggetto è tratto dalla storia medievale inglese - vinse il secondo premio, di 50 ghinee, all'esposizione della Society of Artists. L'assassinio di Edoardo il Martire e Ilre Stefano prigioniero condotto alla presenza dell'imperatrice Matilde ottennero il primo premio (100 ghinee) della Free Society rispettivamente nel 1761 e nel 1762 (oggi i primi due dipinti sono a Burton Constable, Yorkshire). Un quarto dipinto dello stesso genere, Ilre Edgardo e El/rida, fu esposto nel 1761. Il disegno per l'incisione di Edoardo il Martire, eseguita dallo stesso C., si trova al British Museum. L'artista realizzò anche una incisione di Gunilda, meno buona di un'altra dallo stesso soggetto, eseguita da S. F. Ravenet per J. Boydell. Dal 1763 in poi aumentò notevolmente la quantità di dipinti in chiaroscuro imitanti la scultura e la statuaria antica, secondo il gusto neoclassico che aveva invaso l'Inghilterra. Il C. fu tra gli artisti che lavorarono a Syon House con R. Adam: dai documenti è possibile attribuirgli i cinque medaglioni dell'ingresso - quattro riproducono, semplificandoli, quelli dell'arco di Costantino a Roma, e il quinto un bassorilievo dei Musei Capitolini - e quattro fregi della sala da pranzo a soggetti antichi (Croft Murray).
I cataloghi delle due vendite che precedettero la partenza dell'artista dall'Inghilterra (A Catalogue of the genuine collection of pictures of Chevalier A. C., London 1762 e 1766), illuminano i differenti aspetti del suo talento e delle sue attività in quel paese. Pittore, collezionista o, piuttosto, mercante di opere italiane, inglesi e soprattutto olandesi, vi offriva sotto il proprio nome alcuni ritratti, un autoritratto (non ancora ritrovato), un Giorgio III nelle vesti di Augusto assistito da Agrippa e Mecenate, qualche paesaggio difficilmente individuabile e, infine, alcune scene di storia biblica che formano tradizionali pendants come Loth e le figlie, Susanna e i vecchioni (quest'ultimo attualmente nella collezione del conte di Wemyss a Gosford nell'East Lothian). È possibile trovare ancora in commercio alcuni quadri: ad esempio, Lucrezia che piange la sua disgrazia (Italian and the italianate, Hazlitt Galleries, London 1966, n. 23; ora a Roma, coll. Lemme); L'addio di Antonio e Cleopatra (Neo classical paintings at Agnew's, catal., 3-27 ott. 1972, n. 20); il Rhode Island School of Design Museum of Art ha acquistato nel 1974 una Continenza di Scipione (Art Journal, XXXIV [1975], 4, p. 354). Infine, grazie a un'incisione di J. G. Haid conosciamo due dipinti di Fanciulli che giocano con arieti.
Al ritorno a Roma, l'ispirazione del C. si è forse esaurita, benché egli non cessi di esporre quasi ogni anno a Londra. L'inventario post mortem dei beni (Archivio di Stato di Roma, 30Notai capitolini, ufficio19, vol. 688) rivela che la casa era piena di schizzi e di repliche delle opere che conosciamo e ciò ci induce a pensare che il pittore, conservando i modelli, si ripetesse instancabilmente. Ciò che resta di questo periodo forma un insieme omogeneo di pitture, destinate ai trinitari calzati, che riproducono in uno stile trasandato formule sorpassate. Alla Trinità degli Spagnoli, nelle sei cappelle - ciascuna delle quali comporta tre dipinti - tutte le pitture laterali sono dovute al C. (Vasi), come pure le tre pale d'altare del lato destro. Ilmartirio di s. Caterina (prima cappella a destra) reca sulla ruota la firma del pittore, l'iscrizione "pin. ac dono dedit" e la data 1764. Le altre tele (1773-77) sono dedicate a S. Felice di Valois e alla Passione. Ilmarchese di Lozoya ha pubblicato (1959) due opere di sua proprietà: lo schizzo del S. Felice di Valois dei trinitari e una pittura su rame che rappresenta S. Miguel de los Santos, firmata e datata 1781. Una lunga iscrizione sul retro di quest'ultima traccia l'itinerario del quadro, fa l'elogio del pittore e ne indica la data di morte.
La fortuna del C. fu legata all'evoluzione del gusto. I contemporanei della sua giovinezza ne apprezzarono la capacità di animare la scena con numerosi personaggi e gli effetti drammatici uniti alla grazia dell'"arcadismo", tutte lezioni, queste, apprese da Conca e Trevisani. La naturale predisposizione nascose loro l'assenza di originalità e di profondità, l'imitazione troppo docile dei maestri. I medesimi fattori ne determinarono anche il successo in Inghilterra, ove portò temi e disegni destinati a creare un mondo affascinante e luminoso, preferendo i toni chiari e moltiplicando le figure femminili, mentre il ripetersi dei motivi e la rapidità dell'esecuzione ne alteravano la tecnica. L'aspetto teatrale e superficiale di questa antichità convenzionale avrebbe finito per emergere. Tuttavia il C. fu lungamente considerato artista di talento e la sua socievolezza contribuì al successo. Il ritorno alla "maniera grande" nelle ultime opere - che piacciono ancora - dimostra con evidenza, per le numerose reminiscenze, l'esaurirsi dell'immaginazione, ma anche la fine di uno stile.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Roma, 30Notai capitolini, ufficio19, vol. 688; Arch. Segr. Vaticano, Segret. brevi, vol. 2728, f. 11r; Roma, Arch. stor. del Vicariato, S. Lorenzo in Damaso, Libr. bapt., 1700-1713, f. 177r; Ibid., S. Maria in Via, Libr. mort., 1761-1794, p. 286; Ibid., S. Maria in Via. Stati d'anime 1768-1784; Roma, Arch. stor. dell'Accad. di S. Luca, busta 48, p. 141; A. Adami, Storia di Volseno, Roma 1737, II, p. 106; The Gentleman's Magazine, 1760, p. 198; The Annual Register for the year 1760, p. 89; 1761, p. 99; F. Titi, Descrizione delle pitture... in Roma, Roma 1763, pp. 72, 123, 459; H. R. Füssli, Allgemeines Künstlerlexicon..., Suppl., I, Zürich 1767, p. 58; R. Venuti, Accurata e succinta descrizione... di Roma moderna, Roma 1767, pp. 481, 867, 918; G. Vertue, Note books, in Walpole Society, XXII (1934), passim;H. Walpole, Anecdotes of Painting in England (1760-1795), a cura di F. W. Hilles-P. B. Daghlian, New Haven 1937, V, pp. 89 s.; H. R. Füssli, Allg. Künstlerlexikon, Zürich 1779, p. 140; M. Vasi, Itiner. istruttivo di Roma, Roma 1791, pp. 53, 593; E. Edwards, Anecdote of painters..., London 1808, pp. 22-24; J. D. Fiorillo, Gesch. der Künste und Wissenschaften, Göttingen 1808, V, p. 696; G. K. Nagler, Neues allgemeines Künstler Lexikon, Leipzig 1835, II, p. 489; S. Redgrave, A Dict. of artists of the English School, London 1878, p. 74; Ch. Leblanc, Manuel de l'amateur d'estampes, I, Paris 1888, p. 610; P. Finch, History of Burley on the Hill, Rutland, London 1901, II, p. 64; A. Graves, The Society of Artists of Great Britain 1760-1791, The Free Society of Artists 1761-1783, London 1907, p. 52; W. T. Whitley, Artists and their Friends in England 1700-1799, London 1928, I, p. 120 (attribuz. err.); A. Sacchetti Sassetti, Guida ill. di Rieti, Rieti 1930, pp. 68, 114; C. Blanco, La SS.ma Trinità dei Domenicani spagnoli, Roma 1931, passim;N. Gabrielli, La Galleria dell'Accad. Albertina. Inventario, in Bollettino storico-bibliografico subalpino, XXXV (1932), p. 148; D. Piper, Petre Family Portraits... at Ingatestone Hall, Chelmsford 1956, p. 13 n. 27; E. Battisti, Juvarra a S. Ildefonso, in Commentari, IX (1958), p. 282; A. Griseri, Una revisione nella Gall. dell'Accad. Albertina, in Boll. d'arte, s. 4, XLIII (1958), p. 83; J. Contreras de Lozoya, La obra del caballero A. C. en España, in Archivo español de arte, XXXII (1959), pp. 1-7; Il Settecento a Roma (catal.), Roma 1959, p. 80 nn. 140-141; G. Verani, Opere giovanili di A. C. a Rieti..., in L'Arte, LX (1961), pp. 295 ss.; A.T.E. Gardner, A Copley primitive, in The Metropolitan Museum of Art Bulletin, XX (1961-62), pp. 257-263; Y. Bottineau, L'art de cour dans l'Espagne de Philippe V, Bordeaux 1962, p. 516; A. Schiavo, Il Palazzo della Cancelleria, Roma 1963, p. 103; Royal Comm. on Histor. Monuments. An Inventory of Hist. Monuments in the County of Dorset, III, Central Dorset, I, Edinburgh 1970, p. 128; E. Croft Murray, Decorative painting in England, Feltham 1970, II, p. 181;B. Nicolson, The Treasures of the Foundling Hospital, Oxford 1972, pp. 42, 63; Restauri della Soprintendenza alle Gall. e alle opere d'arte medioevali e moderne per il Lazio 1970-1971, Roma 1972, p. 59 n. 98; Musei di Prato, Bologna 1972, p. 50 (Loth e le figlie, attribuito ad anonimo); Dictionary of National Biography, III, p. 1165;U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 100; H. W. Singer, Allgem. Bildniskatalog, IX, p. 57.