BARBAZZA, Andrea (Barbatia, Barbatius, de Barbatia, Andreas Bartholomaeì de Sicilia, Andreas de Bartholomeo, Andreas de Sicilia)
Nacque a Messina nel primo ventennio del sec. XV.
Il cognome Barbazza, assunto dai suoi discendenti, pare possa riferirsi anche al B., perché così attesta il privilegio di laurea a lui conferito dallo Studio bolognese nel 1439 e pubblicato dallo Zaccagnini nel 1930. Senza fondamento appare invece la notizia riferita dal Mongitore (p. 25) secondo cui Barbazza non sarebbe stato che il soprannome impostogli dal volgo per la lunga e folta barba che il B. sarebbe stato solito portare: questo particolare fisionomico, infatti, non èconfermato da un suo ritratto inciso in una medaglia di epoca contemporanea (Mazzuchelli, pp. 282, 284). I documenti che a lui si riferiscono, indicandolo spesso senza il cognome Barbazza e con l'aggiunta "vulgariter dicto Barbatia" (Mongitore e Fantuzzi, p. 343 n. 1), confortano tuttavia l'opinione di quanti ritengono invece che Barbazza fosse un soprannome.
Recatosi a Bologna intorno al 1430 per studiarvi medicina, il B., dopo qualche anno, passò agli studi di diritto, ascoltando le lezioni del celebre Giovanni da Imola (m. 1436), di Battista Sampieri, figlio di Floriano, e forse di Giovanni di Anagni (F. Marletta, p. 28), pur essendo stata questa notizia, comunemente accettata, contraddetta dal Fantuzzi (p. 344 n. 5). Di ingegno vivace e di prodigiosa memoria, dopo due anni di studi il B. fu in grado di sostenere una pubblica disputa sul capitolo Is qui, Extra, de solutionibus (C. 4, X, III, 23). Conseguita la laurea a Bologna il 14 ott. 1439, per la buona reputazione che si era acquistata, fu subito richiesto da quello Studio per tenere nell'anno 1439-1440 una cattedra di diritto canonico con lo stipendio di 100 lire bolognesi.
A Bologna il B. rimase sino al 1444, anno in cui tenne la cattedra di Decretali; l'anno successivo lo troviamo lettore di diritto canonico a Ferrara, ove rimase sino a tutto il 1446. Chiamato dallo Studio di Siena per professare in quella città per l'anno 1445-46, egli non ottemperò all'impegno preso, onde fu condannato dal concistoro di Siena "tamquam fedifragus" ad essere esposto in effigie al ludibrio degli studenti e della plebaglia in tre luoghi diversi della città. L'esposizione dell'immagine durò poco più d'un mese e cessò l'8 dic. 1445.
Probabilmente legato a questo episodio, storicamente accertato e documentato, è l'altro riferito dalla tradizione, fondato su di un'annotazione di Felino Sandeo, secondo il quale il B., per aver mancato di fede al duca Borso d'Este, fu da questo condannato in effigie. L'immagine del B. impiccato, secondo la tradizione, sarebbe poi rimasta esposta sulla piazza di Ferrara per ben quindici anni, sino a quando il B. non tornò nei favori del signore estense per aver espresso un consilium favorevole a Roberto Malatesta. Questo racconto, la cui autenticità fu messa in dubbio dal Fantuzzi (p. 345), è tuttavia stato accolto dagli scrittori più recenti (Secco Suardo, Pardi).
Sin dal 1442 era stata conferita al B. la cittadinanza bolognese per sé e per i suoi discendenti, ed egli tornò ad insegnare nello studio di Bologna dopo il soggiorno ferrarese. Le sue lezioni erano affollatissime ed ebbe allievi che si acquistarono larga reputazione; tra questi il siciliano Antonio Corsetti (che gli successe nella cattedra), Bartolomeo Socini e Rodrigo Borgia, il futuro papa Alessandro VI. Ebbe come antagonista nello Studio bolognese il celebre Alessandro Tartagni.
Oltre all'attività didattica il B. si dedicò anche all'esercizio dell'avvocatura (la quale, con ogni probabilità, gli permise di costituirsi quell'irnponente patrimonio di cui tutte le fonti parlano), esercizio che lo portò in diverse città d'Italia e molto accrebbe la sua fama. I suoi consilia, richiesti anche da sovrani, erano tenuti in grande considerazione. Incerto è l'anno in cui fu creato consigliere di Ferdinando d'Aragona, che lo volle anche suo familiare domestico. La notizia data dal Mazzuchelli (p. 284), che la ricavava dai Colloquia trium peregrinorum di Matteo Selvaggio, notizia secondo la quale il B. avrebbe partecipato al concilio di Basilea, non trova conferma nelle fonti in nostro possesso.
Il B. morì il 20 luglio 1480 in Bologna e fu sepolto nella basilica di S. Petronio. Intorno al 1455 aveva preso in moglie la bolognese Margherita de' Pepoli, figlia di Romeo, dalla quale, ebbe sei figli: Antonio, Giovanna, Romeo, Bartolomeo (anch'egli giurista e professore nello Studio bolognese dal 1497 al 1503), Benedetto e Francesca.
I contemporanei rimproverarono al B., tra l'altro, di porre in discussione, per ambizione o per puro gusto d'originalità, opinioni universalmente accettate; si narra che Pietro Aretino avesse definito la sua fama "un fuoco di paglia", che nan sarebbe durato oltre la sua morte. Il B. fu anche accusato di plagio, di volubilità, di insincerità. Tuttavia, accanto ai detrattori - tra cui il Socini, il Tartagni, Felino Sandeo e Alberico Gentili -, non gli mancarono gli estimatori, dal Corsetti, suo allievo, al Grimaldi Mofa.
Gli scritti del B. che ebbero maggior fortuna furono i Consilia (edizioni: Mediolani 1490, Venetiis 1550, Lugduni 1559, e ancora Venetiis 1563, 1580, 1581), raccolti in quattro volumi, che racchiudono il più ed il meglio della produzione del B., che in essi si rivela pratico di gran valore e dialettico di rara abilità. La sua vastissima erudizione e la conoscenza precisa della legislazione e della letteratura giuridica tuttavia non ebbero, sul piano teorico, quella forza di sintesi e quel superamento dottrinale che avrebbero fatto dei B. una voce origìnale nella scienza giuridica del sec. XV. Dì ciò sono una riprova i suoi Commentaria super primam, secundam et tertiam partem Decretalium (edizioni: Venetiis 1508, 1511, 1571) e le sue Lecturae sopra diversi titoli civilistici e canonistici, pubblicate separatamente o in raccolte, e ricavate probabilmente dalle sue lezioni stesse o da sue organiche trattazioni (un elenco completo in Schulte, pp. 310 s., in Mazzuchelli e, soprattutto, in Besta, p. 892 n. 3).
Non modificano sostanzialmente il giudizio sul B. né il trattato De praestantia cardinalium dedicato al cardinal Bessarione, vescovo di Frascati (edizioni: 1487, senza indicazione di luogo di stampa, raccolto posteriormente nel Tractatus universi iuris, XII, 2, Venetiis 1580, f. 63), né l'altro De cardinalibus a latere legatìs (raccolto nel Tractatus universi iuris, XIII, 2, f. 131); lo stesso vale anche per i suoi Commentaria super Clementinas, pubblicati a Parigi nel 1517, e per le Additiones a Niccolò Tedeschi, pubblicate con le opere di quest'ultimo.
Fonti e Bibl.: N. Pasquali-Alidosi, Li dottori bolognesi di legge canonica e civile dal principio di essi a tutto l'anno 1619, Bologna 1620, pp. 11 s.; L. Vedriani, Dottori modanesi di teologia, filosofia, legge canonica e civile..., Modena 1665, p. 72; A. Mongitore, Bibliotheca Sicula, I, Panormi 1708, pp. 25-27; G. Panciroli, De claris legum interpretibus libri quatuor, Lipsiae 1721, pp. 213 s.; G. Borselli, Annales bononienses, in L. A. Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, XXIII,Mediolani 1733, col. 902; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 1, Brescia 1758, pp. 282-287; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, VI, 1, Napoli 1780, p. 409; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, I, Bologna 1781, pp. 343-354; J. F. Schulte, Die Geschichte der Quellen und Literatur des canonischen Rechts, II, Stuttgart 1877, pp. 306-311; G. Secco Suardo, Lo studio di Ferrara a tutto il secolo XV, in Atti e Mem. d. Deputaz. ferrarese di storia patria, VI (1894), p. no; N. Rodolico, Siciliani nello Studio di Bologna, in Arch. stor. siciliano, XX (1895), p. 172; G. Pardi, Titoli dottorali conferiti dall'Università di Ferrara nei sec. XV-XVI, Lucca 1899, pp. 20 S.; Id., Lo Studio di Ferrara nei sec. XV e XVI, Ferrara 1902, p. 97; L. Zdekauer, Uno scriba universitario, in Bullett. senese, XII (1905), p. 325; G. Pardi, Borso d'Este duca di Ferrara Modena e Reggio, 1450-1471, in Studi storici, XVI (1907), p. 129; R. Sabbadini, Spigolature di letteratura siciliana nel sec. XV, in Arch. stor. per la Sicilia Orientale, IV (1907), p. 120; G. Sabatini, Un nuovo documento su A. B., in Studi e memorie per la storia dell'Università di Bologna, VI (1921), pp. 23 e ss.; E. Besta, Le Fonti, in Storia del diritto ital., diretta da P. Del Giudice, 1, 2, Milano 1923-25, pp. 892, 894; G. Zaccagnini, Storia dello Studio di Bologna durante il Rinascimento, Genève 1930, p. 90; E. Besta, A. B., in Encicl. Ital., VI, Roma 1930, p. 136; A. Amanieu, Andreas Siculus, in Dict. de droit canonique, I, Paris 1935, Coll. 520 s.; A. Sorbelli, Storia dell'Università di Bologna, I, Bologna 1940, pp. 239, 241; F. Marletta, Un episodio della vita di A. B., in Arch. stor. messinese, XI,-XLIX (1939-1949), pp. 73-34; F. Calasso, Medio Evo del diritto, I, Le fonti, Milano 1954, p. 588; D. Maffei, La donaz. di Costantino nei giuristi medievali, Milano 1964, p. 317 n. 40 (dove si precisa l'anno 1477-781 in cui il B. lesse il De Verborum obligationibus); Novissimo Digesto italiano, II, Torino 1958, p. 274.