ANDALUSIA ([pron. -sìa], sp. Andalucía, A. T. 39-40, 41-42 e 43)
Vasta regione della Spagna meridionale, a mezzodì della Sierra Morena. È bagnata dall'Atlantico (dalla Punta Marroqui alla foce del Guadiana) e dal Mediterraneo (dalla Punta predetta ad Águilas), ed è costituita da territorî assai varî per aspetto e per caratteri fisici. Vi si distinguono innanzi tutto la Alta Andalucía e la Baja Andalucía la prima comprende la parte più occidentale della regione con le sierre, le lomas e le campiñas dell'alto Guadalquivir (l'antico regno di Jaén), e l'Andalusia Penibetica (press'a poco l'antico regno di Granata), cioè quel complesso di sierre elevate, alpestri (Sierra de los Filabres, Sierra Nevada, Sierra de Gádor, Sierra Contraviesa, Sierra de Almijara, Sierra de Alhama, Sierra de Tolox, ecc.), separate da valli pittoresche, con le quali termina a SSE. la Penisola Iberica, che quivi raggiunge le sue maggiori altezze (Cerro Mulhacen, 3481 m.: v. sierra nevada). La Baja Andalucía, che costituisce la parte più occidentale della regione, comprende la Sierra Morena (v.), il bassopiano andaluso, che si apre ampiamente verso il Mediterraneo, nonché la zona di bassure che si stende lungo il mare tra la foce del Guadalquivir e quella della Guadiana. Alcune parti dell'Andalusia formano poi regioni a sé, ben caratterizzate e distinte con nomi speciali. Così la parte del bassopiano tra Siviglia e Cordova viene chiamata la Campiña; la zona paludosa del basso Guadalquivir, las Marismas; la cimosa litoranea tra la foce di questo fiume e quella del Rio Tinto, Arenas Gordas; la regione montuosa intorno a Malaga, Hoya de Málaga a NO. e Axarquía a NE.; la regione ad occidente di Granata, la Vega, ecc. Nel complesso, l'Andalusia, che occupa una superficie di circa 87.300 kmq., ha caratteri che l'avvicinano più all'Africa che al resto della Penisola Iberica. Il suo clima, freddo sulle alte montagne, che raggiungono il limite delle nevi permanenti, è, nelle parti basse, molto simile a quello del Maghreb settentrionale, un clima, cioè, mediterraneo oceanico. Gli inverni sono assai miti, le estati caldissime, con massimi assoluti, a Siviglia, di 50°. Le zone più calde sono i dintorni di Ecija. Le piogge sono molto scarse sul litorale mediterraneo, relativamente abbondanti, invece, lungo la costa atlantica e nell'alto bacino del Guadalquivir.
La popolazione dell'Andalusia risultò, nel censimento del 1926, di 4.413.000 abitanti, con una densità media di 50,4 per kmq. Delle otto provincie che la regione comprende, le più densamente popolate sono quelle di Malaga (77,9 ab. per kmq.) e di Cadice (76,7 ab.); la provincia meno densamente popolata è quella di Huelva (36,6 ab. per kmq.).
L'Andalusia è una regione prevalentemente agricola. Gli oliveti vi occupano superficie estesissime e la produzione d'olio, in media, corrisponde a un terzo di quella di tutta la Spagna. Anche molto estesi sono i vigneti, che dànno vini celebri in tutto il mondo (Malaga, Jerez). Abbondante è il raccolto dei cereali, soprattutto grano e granturco, dei legumi, delle frutta, specialmente agrumi, fichi, mandorle, melograne. Vi prosperano pure colture tropicali, come la canna da zucchero, la batata, la palma dattilifera.
Importante è l'allevamento del bestiame, che dispone degli ampî pascoli della Sierra Morena e delle altre sierre del SE. Il bestiame ovino conta circa 2 milioni di capi, quello suino circa 1 milione di capi; numerosi sono pure i bovini (rinomati quelli di Cordova e di Siviglia), gli equini (celebri i cavalli, di tipo arabo, di Jaén; Cordova e Siviglia) e le capre. L'Andalusia è pure ben fornita di minerali utili, alcuni dei quali, come il piombo della Sierra Morena e di Almería e il rame di Río Tinto, sono estratti fin da tempi antichissimi. A Espiel e a Bélmez si estrae inoltre carbone, e, presso Malaga, il ferro. Le industrie non sono molto sviluppate, ad eccezione di quelle agricole (oleifici, distillerie, aziende vinicole). Vi è qualche fonderia, qualche fabbrica di porcellane, di tessuti di cotone e di seta, di oggetti di cuoio, ecc. Il principale centro industriale e commerciale della regione è Siviglia, grande e bella città, ricca di monumenti e di ricordi storici, situata a soli 10 m. s. m. sul Guadalpuvir, che fin qui è risalito dalle maree ed è navigabile anche a grandi navigli. Siviglia, infatti, è uno dei più attivi porti spagnuoli. Conta (1926) 214.000 abitanti. Altri centri molto importanti sono Cordova (80.000 ab.), anch'essa sul Guadalquivir, a 100 m. s. m., la città dei Califfi; Linares (32.000 ab.), con notevoli industrie metallurgiche; Jaén (33.000 ab.); Granata (107.000 ab.), circondata da bei giardini, ricca di edifici meravigliosi (Alhambra), con industrie agricole notevoli; Almería (50.000 ab., compresi i dintorni), con porto molto attivo, dal quale si esportano soprattutto frutta, uve e minerali, Malaga (158.000 ab.), forse di origine fenicia, con porto molto attivo e industrie metallurgiche e agricole; Cadice (78.000 ab.), anch'essa d'origine fenicia, e con un porto di traffico assai notevole; Huelva (34.000 ab.), città industriale e commerciale, il cui porto serve per l'imbarco dei minerali di Riotinto e Tharsis. Molte altre città sono pure importanti per ricordi storici o per commerci e industrie: così Antequera (20.000 ab.), Vélez Malaga (10.000 ab.), Ronda (19.000 ab.), La Linea (63.000 ab.), Algeciras (19.000 ab.), S. Fernando (27.000 ab.), Jerez de la Frontera (50.000 ab.), Sanlucar de Barrameda (21.500 ab.), donde partì la spedizione di Magellano (19 settembre 1521) e Palos, da cui partì Colombo (3 agosto 1492).
Provveduta di ottimi porti, attraversata da un fiume ampiamente navigabile, qual'è il Guadalquivir, fornita di una rete abbastanza fitta di ferrovie e di strade ordinarie, l'Andalusia ha facili comunicazioni col resto della Spagna e con l'estero. I suoi commerci, quindi, sono molto attivi.
Amministrativamente è divisa in otto provincie, com'è stato già detto, delle quali è data la superficie e la popolazione nella tabella che segue:
Bibl.: M. Bertrand e W. Kilian, Rapports sur les bassins secondaires et tertiaires de l'Andalousie, in Comptes rendus Ac. Sc., C (1885); O. Quelle, Beiträge zur Landschaftskunde von Ostgranada, in Jahrb. der Hamb. Wiss. Anst., XXI (1913); J. Carandell, Un tipico paisaje cárstico en Andalucía. El Torcal de Antequera (Málaga), in Bol. Real. Soc. Esp. de Hist. Nat., XXIII (1923); id., Apuntes fisiográficos de la región andaluza. El Guadalhorce en el Chorro de los Gaitanes (Málaga), in Ibérica, X (1923); id., Datos para la Geografía física y humana del litoral atlántico de la provincia de Cádiz. Estudio de una población tipica: Rota, in Bol. Real Soc. Geogr. Madrid, LXXI (1924); L. M. Echeverría, Geografía de Espana, Barcellona 1928, voll. 3 (cfr. vol. III, pp. 94-145). Numerosi studî geologici e geografici sulle provincie andaluse sono stati pubblicati nel Boletín Com. Mapa Geológico dal 1875 in poi.
Storia. - Già verso il 2500 a. C. nella Spagna meridionale era fiorente la lavorazione dei metalli, assai abbondanti in quella regione, soprattutto del rame; e fin d'allora vi furono fabbricate le prime armi di metallo. Ma anche altre arti conoscevano gli abitanti preistorici dell'Andalusia, connesse con la produzione del suolo: tali erano l'industria tessile e quella delle terre cotte (vasi campaniformi). L'architettura, poi, fu ottimamente rappresentata dalle costruzioni megalitiche del terzo millennio a. C., che, partendo dalle semplici stanze sepolcrali in forma di grotta, e attraverso alle tombe a corridoio, giungono alla tomba a vòlta di Antequera. Sembra che i creatori di questa civiltà antichissima fossero già in relazioni commerciali, da una parte coi mercanti orientali di Creta e di Troia, perché in questi due luoghi sono state trovate armi che, secondo Schuchardt e Schmidt, sarebbero spagnuole; e dall'altra parte, coi paesi del nord, particolarmente con l'Irlanda, le cui tombe megalitíche hanno grande affinità con quelle della Spagna. Anzi, queste tombe a falsa cupola si spingono fino alla Vistola; e quelle di Micene e di Orcomeno rappresentano le ultime e più lontane produzioni del genere.
Si è generalmente attribuito a Cadice, fondata dai Fenici, il nome di Tartessos; ma lo Schulten, a cui dobbiamo gli scavi di Numanzia, rettifica quell'errore (Tartessos, Amburgo 1922) e prova l'esistenza di una città molto più antica di Cadice, situata sulle rive del Guadalquivir e capitale di un vasto regno, che si estendeva da Cintra nel Portogallo fino ad Alicante, ossia quasi esattamente su tutto il paese che fu poi chiamato Andalusîa. A quel regno, dopo i Cretesi, giunsero secondo la tradizione i Tirî, che per avviare meglio il loro commercio fondarono Gades (Cadice) nel sec. XI. La tradizione ci ha tramandato una parte delle gesta di re favolosi e alcune leggende, in cui spicca il sentimento religioso dell'agricoltura e dell'allevamento del bestiame. Famose erano le mandre di tori e di pecore che pascolavano in quelle pianure, e importanti i prodotti agricoli, soprattutto i cereali e il miele.
La rovina di Tiro segnò per Tartesso la riscossa dal giogo fenicio: la città tornò libera nel 700 a. C. A tale epoca appartiene il famoso re Argantonio, immensamente ricco, che, secondo la leggenda, avrebbe regnato 150 anni. Ma l'indipendenza di Tartesso non durò a lungo, perché, nel sec. VII, i Focesi se ne impadronirono e, per assicurare il loro commercio, come già avevan fatto i Tirî, fondarono una nuova città, Mainake, ad oriente di Malaga. Questi viaggi che i Focesi fecero a Tartesso influirono in modo straordinario sulla mitologia, sulla letteratura e sull'arte dei Greci. Gli abitanti che i Focesi trovarono a Tartesso erano i più colti tra gl'Iberi: si servivano della scrittura e, fin da tempi remoti, possedevano cronache in prosa, poesie e leggi in forma metrica, che, secondo essi, rimontavano a 6000 anni.
I Cartaginesi, vinta la battaglia di Alalia, che aprì ad essi il dominio del Mediterraneo occidentale, non tardarono molto a giungere a Tartesso, e la lotta tra questa città e Cartagine fu una lotta a morte. All'assedio di Cadice per la prima volta si usò l'ariete. La distruzione di Tartesso avvenne probabilmente prima del 500 a. C. e fu completa. I Cartaginesi s'impadronirono allora di tutta l'Andalusia; sicché lo stretto di Gibilterra rimase chiuso ad ogni straniero. L'Andalusia divenne il centro di tutta l'attività organizzatrice dei Cartaginesi, che vi fondarono le colonie principali, sul tipo di Cartagena. Essendovi nelle vicinanze miniere abbondantissime d'argento, s'impiantò colà un gran mercato che presto divenne una grande città con superbi edifici, circondata da mura magnifiche. Ma, nel 209 a. C., Cartagena cadde nelle mani di Publio Cornelio Scipione, il giovane generale romano, il quale, con una politica di accordi e di alleanze con gl'indigeni, riuscì anche ad ottenere, nel 206, la resa di Cadice e poco dopo quella di tutte le altre piazze forti cartaginesi. Così aveva fine la dominazione di Cartagine nell'Andalusia e nella Spagna.
Non è questo il luogo d'esporre lo svolgimento della conquista romana nella Spagna; ma la regione andalusa presenta caratteri speciali nel processo di romanizzazione della penisola, perché le popolazioni indigene dei paesi orientali e meridionali, corrispondenti all'Andalusia, essendo le più civilizzate per il frequente contatto con le colonie straniere, si sottomisero con molta facilità. L'Andalusia fu testimone e teatro della lotta fra Cesare e Pompeo: a Munda, presso Ronda, furono disfatti gli ultimi pompeiani (45 a. C.). La regione andalusa, adattatasi, come s'è detto, con maggior prontezza e facilità alla nuova civiltà, fu quella che ebbe un maggior numero di città fondate dai Romani: tanto che, già nel sec. II a.C anche i piü piccoli centri della popolazione avevano perduto il proprio carattere indigeno nelle costruzioni e nel modo di vivere. Al tempo di Augusto, ben si comprese che tutta la regione andalusa aveva un'ìmpronta speciale ed uniforme, e per questo essa venne distaccata dalla provincia Ulteriore per formarne una nuova, col nome di Betica. L'Andalusia, sotto la dominazione dei Romani, creò una cultura propria, ben individuata, e contribuì con uomini eminenti alla civiltà romana (v. betica).
Al principio del sec. IV, quando, caduto l'Impero Romano, i primi barbari penetrarono nella Spagna, la regione andalusa fu invasa dai Vandali Silingi. Ma essi vi rimasero per breve tempo, e nel 420 lasciarono il posto ai Vandali, che già occupavano la Galizia e che alla lor volta, dieci anni dopo, passarono nella Mauritania. La Betica continuò a trovarsi in una situazione quasi indipendente, sotto la direzione dei nobili ispano-romani, che erano fedeli alle tradizioni dell'Impero. Alla metà del sec. VI, il re Agila tentò di sottometterli, ma fu sconfitto presso Cordova: del che approfittò un nobile (v. atanagildo), per detronizzare Agila, sotto il cui regno i Bizantini, ch'erano corsi in suo aiuto, avevano occupato l'Andalusia. Segue un'epoca in cui la vita andalusa continua a palesare il suo spirito cattolico, erede della tradizione romana. Ma, dopo il 711, con l'invasione araba, la regione, divenuta il centro spirituale della Spagna, appare come il focolare più importante della civiltà araba occidentale, di cui Abd ar-Raḥmān I, nel sec. VIII, getta in Cordova le basi. Nel sec. X, chiusa l'èra dei martiri di Toledo, i cui capi erano stati S. Eulogio e S. Alvaro, lo stato omayyade di Spagna raggiunge con Abd ar-Raḥmān III una potenza straordinaria. Cordova conta 200.000 case, 600 moschee, 900 case da bagno; le sue strade sono lastricate; magnifici i suoi palazzi, come quelli del centro suburbano di Madīnat az-Zahrā', eretto da Abd ar-Raḥmān III e dell'altro borgo di az-Zāhirah, dovuto alla munificenza del ministro Almanzor. La grande moschea, principiata da Abd ar-Rahmān I e continuata ed ampliata dai suoi successori, ha 19 arcate nei lato da E. ad O. e 30 in quello da N. a S., con 21 porte e 1293 colonne di porfido e di diaspro, con capitelli dorati. Da tutte le parti del mondo accorrevano i viaggiatori per ammirare una sì grande meraviglia. Quanto alle industrie, erano celebri in tutto il mondo quelle di Cordova, di Malaga e di Almería: in quest'ultima citd si fabbricavano vasi di vetro con ricami e smalti; in Malaga broccati con quadri e istorie, a Cordova il cuoio impresso e dorato per ornare le sale, donde il nome di "cordovani", celebre nel commercio. Murcia dà tessuti dai colori vivaci. Un medico spagnolo, Aben Firnàs, inventa la fabbricazione del cristallo. Siviglia è uno dei porti principali del mondo; Almería ha un arsenale per la costruzione delle navi. La letteratura conta una moltitudine di rappresentanti; e così la filosofia e le scienze. Grande l'entusiasmo per la cultura, fino a trovarsi biblioteche contenenti 400.000 volumi. L'arte s'innalza a produzioni sì numerose e importanti, che vi è ora una bibliografia copiosissima che le concerne.
Nel 1031 finisce il califfato di Cordova e dal suo sfacelo pullulano i piccoli stati conosciuti col nome di reinos de Taifas, che più energico, della riconquista. Uno di questi regni, quello di Siviglia, raccoglie e conserva, pur con alcuni cambiamenti, l'eredità culturale di Cordova; ma, nel sec. XIII, viene conquistato da Fernando III il Santo. Allora il primato passa a Granata, che ha una vita fiorente e suntuosa, fino a che, conquistata dai re cattolici nel 1492, essa pure entra a far parte della storia generale della Spagna. Tuttavia, anche dopo l'unità, l'A. ha conservato un suo proprio carattere, percepibile in tutte le manifestazioni della sua vita.
Bibl.: v. le singole voci (cordova, granata, siviglia, ecc.) e le voci betica, iberia e spagna. Inoltre B. Sánchez Alonso, Fuentes de la historia española e hispano-americana, 2ª ed., Madrid 1927, nn. 377 (opere generali sulla Spagna primitiva), 6977, 7239, 9234, 9495 segg., 11428, 11448, 12098. V. specialmente, sulla Andalusia preromana, G. E. Bonsor, Colonies agricoles préromaines de la vallée du Bécis, in Revue archéologique, XXXV (1899); id., Tartessos, in Boletín de la Real Academia de Historia, LXXVIII e LXXIX, Madrid 1921; A. Schulten, Tartessos, ecc., Amburgo 1922; O. Jessen, Südwestandalusien, ecc., Gotha 1924. Sull'Andalusia musulmana v. il quadro d'assieme in A. Gonzáles Palencia, Historia de la España musulmana, Barcellona 1925.