ANCHILOSI (dal gr. ἀχκύλωσις "incurvamento")
Nella vecchia nomenclatura questo nome designava una rigidita articolare in flessione angolare, mentre si parlava di ortocolosi quando l'anchilosi era rettilinea (Eulenburg). Presentemente si usa la parola anchilosi per indicare una rigidità articolare in qualsiasi forma causata da alterazione e fusione delle parti articolari, sia della capsula e dei legamenti (sindesmosi), sia delle parti ossee e cartilaginee (sinostosi). Quando la rigidità è data da aumento del tono e della contrazione muscolare, si parla di contrattura. Nell'anchilosi l'immobilità articolare è completa, nella contrattura la riduzione dei movimenti può essere limitata ad alcuni di essi. L'anchilosi è molto spesso l'esito di un fatto infiammatorio articolare, che ha dato luogo a distruzione delle superficie cartilaginee che assicurano il movimento. Tra le malattie più gravemente e precocemente anchilopoietiche vanno ricordate le artriti gonococciche, in cui si forma un essudato articolare e soprattutto periarticolare che presto diventa plastico, si organizza e immobilizza l'articolazione come in una guaina rigida. Seguono le artriti acute suppurative, in cui le cartilagini cadono in necrosi e l'osso denudato granuleggia e si lega coll'osso antestante con legami connettivali o anche ossei. Con processo analogo, ma con più lenta evoluzione, si possono saldare le superficie ossee dopo un'artrite fungosa tubercolare, quando passa a guarigione (v. artrite).
La cura dell'anchilosi è uno dei più interessanti capitoli della chirurgia ortopedica. Gl'interventi possono avere un diverso scopo a seconda che siano diretti allo scopo di rettificare la posizione dell'articolazione anchilosata, sostituendo l'anchilosi in una data posizione con un'anchilosi in posizione funzionalmente più favorevole, oppure che siano diretti allo scopo di restituire alla giuntura anchilosata la mobilità perduta. Vi è poi tutta una serie di interventi destinati a creare l'anchilosi in articolazioni che, per la deficienza dei muscoli che muovono la giuntura, siano funzionalmente più utili rigide che mobili.
I primi interventi possono essere cruenti o incruenti. Si può, per es., incruentemente tentare in narcosi e con un'unica manovra violenta di ridurre in flessione un gomito anchilosato in estensione e di ridurre in estensione un ginocchio anchilosato in flessione, quando la natura dell'anchilosi e della malattia che l'ha causata lo consentono. È ovvio che non sarebbe ragionevole di tentare simile mezzo in un'articolazione saldata da legami ossei difficilmente frangibili o, in una giuntura in cui sia ancora da troppo poco tempo spenta un'infezione tubercolare o blenorragica. Quando il carattere dell'anchilosi lo consenta, si può ottenere incruentemente la correzione di un'anchilosi con mezzi dolci e progressivi, quali la trazione a pesi o i bendaggi lentamente e progressivamente correttivi. Questi mezzi si prestano assai bene per le rigidità articolari in cattiva posizione nella tubercolosi. Gl'interventi cruenti sono in genere destinati non tanto a penetrare nella giuntura anchilosata, quanto a fare delle osteotomie, che asportino il blocco articolare o a fare delle osteotomie che correggano la posizione dell'arto senza toccare l'articolazione ammalata. Sono esempî tipici di questi interventi l'osteotomia lineare o cuneiforme sottotrocanterica nell'anchilosi in flessione e adduzione dell'anca, nella coxite tubercolare; l'osteotomia lineare sopracondiloidea o l'osteotomia cuneiforme comprendente il blocco articolare, nelle anchilosi angolari del ginocchio e del gomito.
I mezzi incruenti hanno da molto tempo dimostrata la loro insufficienza, perché, anche se si ottiene in narcosi una rottura dell'anchilosi, i movimenti successivi sono per la reazione infiammatoria articolare talmente dolorosi e difficili, che di solito il malato non può affrontarli e il risultato definitivo è in genere sfavorevole e la mobilità non superiore a quella precedente all'intervento. Solo in casi specialissimi e con eccezionale tolleranza e pazienza si ottiene qualche risultato. È naturale che si sia pensato all'intervento cruento che solo può creare nell'articolazione il presupposto anatomico della mobilità e cioè l'interlinea articolare, che separa superficie lisce e scorrevoli l'una sull'altra. Donde tutta una serie di interventi destinati a separare le superficie articolari congiunte nell'anchilosi, a modellare convenientemente le parti articolari deformate dal processo patologico e finalmente ad interporre delle parti, che impediscano un nuovo coalito tra le superficie ossee cruente. A quest'ultimo scopo fu usata ogni specie di membrane, autoplastiche omogenee ed estranee: membrane metalliche, capsule di lamina di gomma, lamine di tessuti varî fissati ed eterogenei e finalmente trapianti autoplastici di muscoli, di fascia, di grasso, peduncolati o no, a seconda dei casi. I nomi di Murphy, di Payer, di Putti, di Hey Groves vanno ricordati come specialmente benemeriti della sistemazione di questi interventi, sui quali si troveranno maggiori indicazioni alla voce artroplastica.