ANASARCA (dal gr. αἀνά "in alto"; e σάρξ "carne"; fr. anasarque; sp. anasarca; ted. Hautwassersucht; ingl. general dropsy)
In medicina si chiama così l'edema di notevole entità esteso a tutto il tessuto sottocutaneo. Esso si accompagna quasi sempre a versamenti nelle cavità sierose del torace e dell'addome. Tali versamenti hanno i caratteri del trasudato (v.).
L'anasarca si produce soprattutto nelle nefriti gravi e negli stati di grave scompenso cardiaco. Alla produzione dell'edema nefritico concorrono diversi fattori: alterazioni della costituzione chimica del sangue (idroemia), ritenzione di cloruro di sodio nei tessuti, alterazione delle pareti vasali per sostanze tossiche non eliminate dal sangue, stasi venosa dovuta a insufficienza cardiaca concomitante alla nefropatia, specie nelle fasi terminali.
La cura dell'anasarca, e in generale degli edemi, deve anzitutto tendere a combattere la malattia fondamentale. Se vi è insufficienza cardiaca occorre sollevare le condizioni del circolo (riposo in letto, salasso, o sanguisugio nella regione epatica, cardiocinetici). Per la terapia delle nefriti, v. nefrite.
Per favorire il riassorbimento del liquido trasudato giovano le derivazioni cutanee (ventose secche sul torace, rivulsivi), intestinali (purganti salini, drastici), renali (diuretici). Sarà bene limitare la quantità dei liquidi introdotti mantenendo l'infermo per alcuni giorni a dieta asciutta, senza sale, o riducendo notevolmente la quantità giornaliera di latte (mezzo litro). Altre pratiche terapeutiche coadiuvanti sono: tenere gli arti inferiori alquanto sollevati sul piano del letto, vuotare le cavità sierose del liquido stravasato mediante la toracentesi e la paracentesi. Si può aprire meccanicamente una via d'uscita al siero infiltrato nei tessuti mediante le punture e le scarificazioni. Le punture si praticano infiggendo degli aghi piuttosto grossi alle gambe: si ottiene così la fuoriuscita di quantità abbastanza notevole di siero. Ma poiché gli aghi si otturano facilmente per formazione di coaguli, è più opportuno il trequarti capillare del Southey che si lascia a permanenza in sito. Anche migliore è l'apparecchio di Fornaca, composto di quattro tubi del Southey riunentisi in un tubo unico che si mette in comunicazione con l'aspiratore del Potain. In tal modo si può aspirare gradatamente gran copia di liquido.
Le scarificazioni, che si fanno col bisturi, sono molto efficaci e utili specie quando urge di scaricare il circolo periferico con una pronta e abbondante fuoriuscita di siero accumulato nei tessuti (prevalentemente degli arti inferiori). Sia le punture, sia le scarificazioni debbono essere praticate adottando le più rigorose misure dell'asepsi e dell'antisepsi per evitare le infezioni facili in tessuti mal nutriti come sono quelli edematosi (v. edema).
In patologia veterinaria si chiama anasarca, o carbonchio bianco, o idropisia cellulare una malattia abbastanza frequente nel cavallo, nel bue e nel montone. L'inizio della malattia è improvviso; compaiono sulla cute placche di edema di varie dimensioni, dure, tese; dapprima sono divise dalle regioni sane da un rilievo nettamente distinto, poi confluiscono, specialmente nelle parti declivi del corpo, si estendono al petto e alle facce laterali del collo: sulla pelle compaiono flittene e sulle mucose petecchie. L'edema delle narici e della glottide rende penosa la respirazione; anche la prensione e la deglutizione degli alimenti sono difficili. Nelle forme acutissime con temperatura a 40° fino dall'inizio, l'animale muore in pochi giorni per asfissia, polmonite, tossiemia; nelle forme subacute si può avere la risoluzione in una diecina di giorni. Lignières attribuisce la malattia allo Streptococcus pyogenes: su 15 casi di anasarca idiopatico del cavallo ottenne 13 guarigioni col siero di Marmorek.