AMILOIDOSI (dal gr. ἄμυλον "amido" e εἴδος "forma"; sinonimi: degenerazione amiloidea; degenerazione lardacea)
In anatomia patologica si chiama così un processo che colpisce i tessuti connettivi e gli stromi degli organi con la precipitazione dal sangue di un prodotto abnorme (sostanza amiloide), che, come massa cristallina, infiltra i tessuti quando essa giunge a saturazione nei liquidi organici. Conosciuta in antico (Bonetus, sec. XVII) come "lignificazione" e indicata poi come "degenerazione lardacea" (Rokitanski, 1842), o "degenerazione cerea" (Christensen, 1844), per l'aspetto particolare che induce negli organi che ne sono colpiti, questa alterazione fu più tardi (1853) chiamata "degenerazione amiloide" da Virchow, che credeva (in contrasto con l'idea dominante nel suo tempo che i tessuti ammalassero per un sovraccarico di colesterina: Meckel) di ravvisare nel comportamento colorativo, di fronte ad alcuni reattivi, analogie di costituzione chimica della sostanza infiltrante con le sostanze amilacee: e se ne concluse che essa fosse un corpo simile all'amido (cellulosa animale). Il nome di amiloidosi è rimasto, ma il processo è oggi diversamente interpretato nel suo significato e nella sua natura.
Con soluzione iodata, per esempio il liquido di Lugol, la sostanza amiloide prende una colorazione rosso-br̄una di varia intensità, fino a rosso-mogano: ma, a differenza delle sostanze amilacee, l'aggiunta di soluzioni deboli di acido solforico o di cloruro di zinco modifica il colore bruno in violetto o violetto bluastro.
La formazione della sostanza amiloidea viene considerata come espressione di un abnorme processo disintegrativo a carico di proteine eterologhe o eterogeneizzate (Kuczynski, Rondoni), il cui prodotto sembra entri solo secondariamente in combinazione con l'acido condroitinsolforico preesistente nei tessuti connettivi (e non preformato nell'amiloide), che la trasformerebbe (Leupold) dal suo stato di sol in gel. In tal modo l'amiloidosi va intesa come un'intossicazione proteica. Altri sostengono (Domagk) che la produzione dell'amiloide sia in diretto rapporto, non con proteine eterologhe, ma col disfacimento di cellule a carattere fagocitico (leucociti, elementi del sistema reticolo-istiocitario).
Prova della sua natura albuminoide fu data con l'ottenere alcuni amminoacidi (leucina e tirosina) come prodotti di scissione di questa sostanza, che assomiglia alle sostanze proteiche basiche e precisamente alle protamine e agl'istoni (Lustig e Galeotti). L'amiloide dà caratteristiche reazioni metacromatiche di fronte ai colori di anilina.
Il potere metacromatico è rappresentato dalla diversa colorazione che le parti colpite assumono rispetto al tessuto sano che prende normalmente il colore della sostanza colorante: così, ad esempio, la sostanza amiloide si colora in rosso-violaceo col metilvioletto e col violetto di genziana, in violetto col verde di metile, ecc. Esistono numerosi metodi tecnici per la colorazione dell'amiloide (Pianese, Schmorl, Ischreyt, ecc.).
Nella sua precipitazione nei tessuti è probabile che vengano trascinati altri corpi, donde forse una sua certa diversità di composizione e di apparenza che spiegherebbe il frequente suo vario comportamento metacromatico in presenza di uno stesso reattivo. L'affinità del rosso congo per l'amiloide in vivo (Bennhold) può essere utilizzata come metodo diagnostico clinico (Rondoni). S'è molto insistito già in passato e poi più tardi (Chantemesse e Podwissotsky) sui rapporti fra la sostanza amiloide e quella ialina, che parevano dimostrati dai varî atteggiamenti colorativi, e che venivano spiegati dalla combinazione, o no, con l'acido condroitinsolforico; ma in proposito non c'è accordo di vedute (Sotti).
Oltre l'uomo, ammalano di amiloidosi anche altri animali e specialmente il cavallo, i bovini, gli ovini.
L'amiloidosi si forma lentamente ed ha evoluzione ordinariamente cronica e progressiva senza alcuna manifesta tendenza a riassorbirsi: la morte avviene per cachessia. La sostanza precipita nelle pareti dei piccoli vasi e si estende progressivamente nei tessuti. nelle arteriole si accumula prima tra le fibre muscolari, che, degenerando o atrofizzandosi, scompaiono; nelle venule si raccoglie immediatamente al disotto dell'intima e nei precapillari e nei capillari essa è a diretto contatto con gli endotelî: si osservano notevoli fasi degenerative del tessuto elastico (che da qualcuno, con estensione ad altri tessuti che ne sono ricchi, s'è voluto anche mettere in rapporto genetico con l'amiloide). Gli organi affetti ne restano ingranditi, ma non deformati, anche quando raggiungono volume e peso enormi: induriscono e sulla superficie di taglio, asciutta, esangue, grigia o grigio-rossastra, hanno una particolare lucentezza cristallina, in forma diffusa, o ad aree circoscritte. La presenza di questa sostanza, che va sempre accrescendosi, comprime i vasi e i parenchimi, donde l'anemia e l'atrofia o la degenerazione (per lo più grassa) degli organi ammalati.
Antiche ricerche istochimiche, riprese più tardi da qualcuno (Maximoff), che tendevano ad avvalorare l'ipotesi di un processo iniziale di amiloidosi dalle cellule parenchimali o di una diretta partecipazione loro al processo, non sono più seguite. Allo stesso modo non trova più credito l'ipotesi che i globuli bianchi e gli eritrociti abbiano importanza come vettori (granulazioni iodofile o eosinofile) della sostanza nei tessuti (Finzi).
Riguardo alla sua distribuzione, la degenerazione amiloidea si generalizza nello stesso tempo in più organi, o si localizza in uno solo, o in parte di esso. Gli organi che più facilmente ne restano colpiti sono la milza, il fegato, i reni, le linfoghiandole, i surreni, la mucosa dell'intestino crasso, in secondo ordine gli altri: nessuno ne è rispettato, sebbene alcuni (midollo osseo, sistema nervoso, ecc.) si mostrino solo di rado e scarsamente affetti. In alcuni organi, per la loro stessa tessitura, il processo può assumere di sposizione nodosa o diffusa: così nella milza, per amiloidosi dei follicoli (milza sagù), o generalizzata (milza prosciutto o lardacea); così nel rene, per la più frequente degenerazione amiloidea esclusiva dei glomeruli (noduli splendenti e sottili linee lucide), o per una diffusione, più rara, del processo a tutto l'organo (cilindri amiloidei nell'urina); il fegato ne è di solito invaso diffusamente, ma lo stato di sanguificazione dell'organo, eventuali processi di cirrosi, ecc., o di steatosi spesso associata, modificano sensibilmente il quadro macroscopico complessivo. L'amiloidosi generalizzata, che in passato era frequente, va facendosi sempre più rara.
Le cause più comuni della degenerazione amiloidea si ritrovano nei processi infettivi cronici, negli stati marasmatici, ecc., e perciò nelle suppurazioni inveterate (ossa, vescica, pleure, ecc.), nella tubercolosi, nella sifilide, nella lepra, nell'actinomicosi, nella cachessia cancerigna, malarica, leucemica, ecc., che provocano abnormi e complessi processi di scissione proteica.
La produzione sperimentale riesce facilmente in alcuni animali (coniglio, topo, pollo, ecc.), provocando infiammazioni croniche ripetute del sottocutaneo (stafilococco, piocianeo, proteo, ecc.), o con tossine batteriche (cavalli, in preparazione di siero antidifterico: Zenoni, Kraus; o dissenterico: Markus), con fermenti, ecc.: essa può essere ottenuta anche con iniezioni per via parenterale di caseina e altre proteine (Kuczynski), di nutrosio (Morgenstern), ecc.: altri, come il cane, sembrano quasi refrattarî. Con speciali accorgimenti tecnici si potrebbe ottenere la comparsa dell'amiloidosi sperimentale in brevissimo tempo, anche in pochi minuti (iniezione massiva di cocchi viventi in animali sensibilizzati: Domagk).
Indipendentemente dall'amiloidosi generalizzata o viscerale, si possono trovare infiltrazioni amiloidee localizzate in tessuti infiammati cronicamente (linfoghiandole, laringe, vescica, ecc.); o in cicatrici (sifilide), o in neoplasmi (per lo più fibromi); nelle palpebre e nella congiuntiva (spesso su fondo tracomatoso) il processo può assumere l'aspetto di grossi tumori duri (Zwigmann): anche in infarti emorragici del polmone (Ziegler) o di altri tessuti furono dimostrate formazioni amiloidi. Spesso, quando la degenerazione amiloide resta localizzata e persiste per lungo tempo, le masserelle di sostanza, forse agendo da corpi estranei nel tessuto infiammato, si trovano circondate da cellule giganti, che finirebbero, secondo alcuni, con assorbirle; ciò non si verifica di solito nelle forme di amiloidosi diffusa. La coesistenza frequente di processi flogistici, che mancano nelle forme generalizzate, fa pensare a un diverso meccanismo patogenetico dell'amiloidosi circoscritta, tanto più che di solito questa si riscontra in organi che ordinariamente non partecipano all'amiloidosi generalizzata (laringe, vescica, ecc.), e che il comportamento istogenetico appare notevolmente diverso (Sotti).
Bibl.: M. H. Kuczynski, in Virchow's Arch., CCXXXIX (1922), e in Klin. Woch., XLVIII (1923); P. Rondoni, Elementi di biochimica, 2ª ed., Torino 1928; G. Leupold, in Ergeb. d. allg. Path. (Lubarsch), XXI (1926); G. Domagk, in Ergeb. d. inn. Med. u. Kinderheilk., XXVIII; A. Lustig e G. Galeotti, Trattato di patologia generale, Milano 1923; A. Bennhold, in Deutsch. Arch. für Klin. Med., CXLII; A. Chantemesse e W. W. Podwissotsky, Les processus généraux, Parigi 1901; G. Sotti, Contr. alla conosc. dell'A. della laringe, in pathologica, 1928, n. 437 (Bibl.); A. Maximoff, Hystog. de la dég. du foie chez les anim., in Arch. de Podwissotsky, I (1896), con bibl.; O. Finzi, Ric. sull'amiloidosi sperimentale, in Lo Sperimentale, 1911; S. Morgenstern, in Virchow's Arch., CCLIX (1926); L. Zwigmann, Die Amyloidtumoren d. Conjunct., in Diss. Dorpat., 1879; G. Ziegler, in Virchow's Arch., LXV (1876).