AMERIGO di Belenoi (Aimeric de Belenoi)
Una breve notizia provenzale del sec. XIII lo dice nativo del castello di Lesparre nel Bordelese, nipote di Peire de Corbiac che scrisse il Tezaur in versi; fu chierico, ma si fece giullare (bel enoi è nome giullaresco), e scrisse belle canzoni per una valente donna bella e nobile di Guascogna, madonna Gentile de Rieux, e per lei dimorò a lungo in quel paese, poi se ne partì e andò in Catalogna, dove rimase per sempre. Un documento dell'11 maggio 1238 ci dà infatti una signora Gentilis de Genciaco (cioè Gensac, Saint-Julien, Rieux), moglie di Ramundus de Benca (Benque, Aurignac, Saint-Gaudens). Dalle sue poesie, 21 in tutto, di cui alcune in molti codici, risulta che fu in relazione col re di Aragona, che dev'essere Pietro II; si felicitò con la Provenza per la restaurazione di Raimondo Berengario nel 1217; pianse la morte di Nuño Sanchez conte di Roussillon, avvenuta nel 1241; esortò a una crociata, non si sa quale; scrisse anche un canto di pentimento. Il suo merito consiste nelle poche canzoni di amore, che sono tra le più belle in quel tramonto della poesia dell'oc; facili, sentimentali, con accenti e situazioni nuove. Una di queste, Nuls hom no pot complir adrechamen, è citata due volte da Dante, De vulg. Eloqu., II, 6 e 12, così per il metro come per la costruzione elegante e concettosa: e il pensiero contenuto in essa si può riscontrare anche come fondamentale nella canzone di Dante: Io sento sì d'amor la gran possanza, fatte le debite riserve per la profonditä e vastità di quello dantesco. La canzone Al prim pres dels breus Jorns brauns contiene un giuoco di parole-rime con movimento per dir così, rotativo, che è stato messo in relazione con la canzone di Dante Amor, tu vedi ben che questa donna. Un giullare Albertet fingendo in un serventese di dir male delle donne e dell'amore, e protestando che egli non si sarebbe innamorato delle donne più celebrate per bellezza, venne a comporre realmente un elenco encomiastico, in cui figurano tutte dame italiane, Beatrice, figlia di Tommaso I di Savoia, andata sposa al conte di Provenza; Beatrice figlia di Guglielmo di Monferrato andata sposa al Delfino di Vienna; poi Agnesina di Saluzzo, Selvaggia e Maria della casa Malaspina, Adelaide di Castello e di Massa, e la contessa del Carretto: è certo che lo scrisse in Italia. Glí rispose Amerigo rivolgendosi a quelle stesse signore ed esortandole a maltrattarlo piuttosto che a compiacersene, perché non era quello il modo di celebrarle: e stranamente si è creduto che non avesse capito lo scherzo di Albertet; basta considerare infatti che questi lo dedica appunto a Corrado Malaspina, le cui figliuole ha nominato. Così Amerigo ha anch'egli celebrato signore italiane, ma da nessuna delle sue composizioni appare che abbia fatto dimora in Italia: allora si trovava in Provenza dopo l'avvenuta restaurazione, e appunto dalla contessa di Provenza comincia il suo elogio.
Bibl.: Nessuna edizione esiste di tutti i componimenti di Amerigo; l'ha promessa V. De Bartholomaeis. Si trovano nelle solite raccolte, di Raynouard e di Mahn, Werke, III, e un bel gruppo in Mahn, Gedichte, nn. 889-895; così nella stampa del codice vaticano 5232, nn. 339-347; il canto di crociata in Lewent, Altprovenzalische Kreuzlieder, p. 101; quello pel conte di Provenza in Suchier, Denkmäler, p. 324; inoltre Appel, Chrestomathie, n. 30; M. Milá y Fontanals, De los trovadores en Espana, 2ª ed., Barcellona 1889, p. 192; per donna Gentile, v. Chabaeanu, Les biographies des Troubadours, Tolosa 1885, p. 50. Inoltre, Appel, Provenz. Inedita, Lipsia 1890, p. 10; Klein, Der Mönch v. Montaudon, p. 101. Per il serventese delle dame, Torraca, Le donne italiane nella poesia provenzale, Firenze 1901; Bergert, Die von den Trobadors genannten oder gefeierten italienischen Damen, Halle a. S. 1912.