AMATO Lusitano
Medico portoghese della famiglia israelitica Chabib (cognome latinizzato Amatus), nato nel 1511 di a Castel-Branco in provincia Beira; è detto anche Ioannes Rodericus, in portoghese Joâo Roderiguez, in spagnolo Juan Rodrigo di Castel-Branco. Questo nome egli prese dopo la forzata conversione al cristianesimo. Egli era dunque marrano.
Giovanissimo studiò medicina a Salamanca, ove fece anche buona pratica di chirurgia in quegli ospedali. Tornato in patria, si dette all'esercizio della sua arte, finché la famiglia Chabib, in seguito alle persecuzioni religiose dell'Inquisizione contro i marrani, fu costretta a fuggire dal Portogallo nel 1532. Quattro anni più tardi l'A. si trova ad Anversa, ove stampa gli Exegemata in duos priores libros Dioscoridis. Lasciata la Fiandra, attraverso la Germania, soggiorna qualche tempo a Venezia e poi si stabilisce per un settennio a Ferrara. Qui stringe una cordiale amicizia con Antonio Musa Brasavola, famoso lettore di medicina in quello studio e medico ducale (cfr. Amato Lusitano, Enarrationes in Dioscoridem, Venezia 1557, pp. 7,14, 170, 199; ma questa edizione porta la dedica delle edizioni precedenti, la quale è datata da Roma, 5maggio 1551), e di lui parla sovente con ammirazione e riconoscenza. L'amicizia col Brasavola gli conciliò l'animo di Ercole II, e gli consentì di ottenere qualche incarico in quell'università che in quel momento poteva gareggiare con quelle di Bologna e di Padova. Fu così che egli poté avere alunno a Ferrara l'anatomista ferrarese G. Battista Canani il Giovane, il quale potrebbe avere appresa da lui la scoperta, che gli è attribuita, delle piccole valvole delle vene. Nello studio ferrarese conobbe anche Francesco Vésale, fratello del grande anatomista Andrea ed egli pure anatomista. Di lui appunto ricorda (Curationes, Cent. I, cur. 61) che lo vide sezionare in sua presenza con molta accuratezza un corpo umano.
Dal 1549 al 1555 si stabilì ad Ancona, ove, oltre ad esercitare la medicina, compose, fra il 1549 e il 1553, le prime tre Centurie delle Curationes medicinales. Durante il periodo anconitano l'A. fu più volte invitato a recarsi a Roma per consulti sulle precarie condizioni di salute di Giulio III. Forse a sollecitare questi inviti deve avere contribuito G. B. Canani, già suo allievo a Ferrara, e divenuto poi archiatra di questo papa.
Ma morto Giulio III le cose cambiarono per il medico portoghese. E di ciò si ritiene fosse causa la politica inaugurata da Paolo IV nei riguardi dei marrani. Proprio del marrano è d'esser "mancator di fe'" (Ariosto, Orlando furioso, I 26). Nella letteratura cavalleresca italiana la tipica figura del marrano era ormai fissata in Ferraù. E appunto sulla sua qualità di marrano specularono gli avversari dell'A.; e doveva averne parecchi, sia per rivalità di scuola, sia per il suo carattere alquanto vanitoso già rilevato dallo Haller, che pur lo ritiene un eccellente clinico, ricco di lunga esperienza e di molta dottrina, sebbene troppo attaccato a Galeno, in un momento in cui molti se n'andavano sempre più distaccando.
Ma il suo più temibile avversario fu il senese Pietro Andrea Mattioli, medico arciducale a Vienna e influentissimo sia in Italia sia in Germania. Veramente il primo a muovere appunti al Mattioli fu l'A. nelle sue Enarrationes in Dioscoridem (la cui dedica porta la data del 1551), come si può vedere, oltre che dalla dedica stessa, dai numerosi luoghi notati nell'indice sotto il nome Matthiolus.Il senese preparò una risposta aggressiva che, col titolo di Apologia adversus Amatum Lusitanum, pubblicò a Venezia nel 1558 in aggiunta al suo commento a Dioscoride. Nell'Apologia il Mattioli non si limitava a difendersi dalle critiche rivoltegli, ma passava all'attacco, non risparmiando all'avversario, in un momento particolarmente delicato della vita di questo, le più gravi accuse per il suo carattere di sleale marrano che disonorava la fede avita non meno della cristiana. Ai primi accenni di persecuzione l'A. lasciò Ancona e si trasferì a Pesaro sotto la tollerante e illuminata signoria di Guidobaldo II, duca d'Urbino, del quale egli tesse l'elogio (Curationes, Cent. V, cur. 69). Ma dopo pochi mesi ritenne più prudente passare sull'altra sponda dell'Adriatico, a Ragusa, ove fu molto bene accolto, ed ove nel 1558 portò a termine la VI Centuria come se dovesse esser l'ultima; ma subito dopo segue un'altra datazione da Salonicco, ove s'era recato nel 1559, e già annunzia una settima Centuria di curationes, che sarà l'ultima.
Raggiunta la comunità ebraica di Salonicco, riprese a praticare la religione dei suoi padri, ritornando, dicevano i suoi nemici, "come il cane torna a quel che ha vomitato" (Prov., XXVI, 11; Il Petri, II, 22).
Nella VII Centuria, la quale porta la data 1559 da Salonicco (cur. 98), egli narra d'aver dovuto curare il giovane Giuda Abarbanel, nipote del filosofo neoplatonico Leone Ebreo, che non riuscì tuttavia a salvare da immatura morte. E dà notizia del libro De harmonia mundi che il nonno aveva scritto "divini Mirandulensis Pici praecibus"e ancora inedito (verosimilmente autografo). L'A. s'era proposto di pubblicarlo, dopo averlo letto più volte; ma dopo la morte del giovane non ci pensò più (cfr. Leone Ebreo, Dialoghi d'amore, a cura di S. Caramella, Bari 1929, p. 430).
Al periodo di Salonicco, e precisamente al 1561, appartiene anche la traduzione spagnola della Storia di Roma di Eutropio, che l'A. dedicò a Giuseppe Naci o di Naxos, marrano portoghese anche lui, e come lui profugo a Ferrara e quindi a Costantinopoli, ove morì nel 1574, sei anni dopo l'amico. Mantenne anche attive relazioni con Iacopo Mantino, celebre ebreo umanista spagnolo e traduttore dall'arabo di opere di Averroè.
L'A. morì a Salonicco nel 1568.
Opere a stampa: Exegemata in priores Dioscoridis de materia medica libros, Antverpiae 1536. Enarrationes in Dioscoridem Anazarbaeum:si parla d'una prima edizione di Lione non anteriore certo al 1551. Del 1553 è la prima edizione veneziana, cui tien dietro l'edizione fatta a Strasburgo, da Windelinus Rihelius, anno MDLIII. L'edizione cui ci siamo attenuti è quella veneziana del 1557.
Curationum medicinalium Centuriae septem, quibus praemittitur commentatio De introitu medici ad aegrotum, Deque crisi et diebus criticis, stampate, le prime cinque, a Venezia nel 1557, e poi, tutte e sette, più volte a Venezia, a Lione, a Parigi, a Bordeaux, a Barcellona e a Francoforte. La sola prima Centuria vide la luce a Firenze nel 1551, la seconda a Venezia nel 1553. Il gran numero delle edizioni attesta il favore col quale erano state accolte e la loro diffusione. In realtà queste Curationes non sono semplici prescrizioni o ricettari per guarire taluni morbi nei quali il portoghese s'era imbattuto, ma casi clinici discussi quasi sempre con certa ampiezza di conoscenze teoriche sulla base di una non comune esperienza e di un attento spirito d'osservazione delle particolari circostanze in cui ogni caso gli si presentava. Il che spiega quella sicurezza di sé che, talvolta, rasenta l'arroganza. Dei soggetti da lui osservati ci fornisce quasi sempre particolari notevoli che, per alcuni personaggi di riguardo affidati alle sue cure, possono costituire interessanti notizie aneddotiche anche per lo storico. Quanto alla traduzione d'Eutropio, non mi risulta che fosse mai data alle stampe.
Bibl.: J. C. Wolf, Bibliotheca hebraea, t. I, pp. 200 s., t. III, p. 331; H. Graetz, Geschichte der Israeliten, t. IX, Geschichte der Juden, 2 ediz. migliorata ed accresciuta, Leipzig 1877, pp. 350 ss.; M. Salomon, Amatus Lusitanus und seine Zeit, in Zeitschrift für kleinische Medicin, XLI (1900), pp. 458-495;XLII (1901), pp. 128-160; H. Friedenwald, The Jews and medicine, Baltimora 1944, I, pp. 332-380; II, pp. 391-417 e passim; Nouvelle biographie universelle, sub voce A. L.; Jewish Encyclop., sub voce Juan Rodrigo de Castel-Branco; Vogelstein-Rieger, Geschichte der Juden in Rom, II, pp. 256ss.; M. Soave, A. L., in Corriere israel., XVI (1877), pp. 148, 173, 196; M. Lemos, A. L. a sua vida e a sua obra, Oporto 1907.