Aerodina senza motore, ad ali fisse, generalmente terrestre, che sfrutta per il volo la componente del proprio peso nella direzione dell’avanzamento. L’a. a carico alare molto elevato è chiamato libratore, perché esegue sempre il volo lungo traiettorie discendenti; tale tipo di a. aveva soltanto impieghi militari e con il diffondersi dell’elicottero, che è risultato mezzo più idoneo a dare la necessaria mobilità aerea tattica, non è stato più costruito.
L’a. con un basso carico alare è chiamato veleggiatore, perché in presenza di correnti atmosferiche ascendenti di diversa natura, dinamiche, termiche, ondulatorie, può innalzarsi anche a notevole altezza; per le sue ottime caratteristiche aerodinamiche, sempre più perfezionate con il progredire della tecnica e della sperimentazione, si è rivelato adatto al volo di lunga durata.
Dal punto di vista strutturale l’a. non differisce sostanzialmente dall’aeroplano (i libratori generalmente avevano mole e carico alare maggiori e allungamento minore dei veleggiatori). Oltre a una barra di comando, che opera sul timone di quota e sugli alettoni, e ai pedali per azionare il timone di direzione, è munito di altimetro, indicatore della velocità dell’aria, variometro per le variazioni percentuali delle velocità di discesa e risalita, indicatore di virata, impianto radio, inalatori di ossigeno per le alte quote. Il carrello è costituito negli a. monoposto da una piccola ruota, negli a. biposto in genere da due ruote, situate nella parte inferiore della sezione maestra, e da un rotino o un pattino disposto in coda; negli a. monoposto, a terra, in riposo, l’estremità di una semiala tocca il suolo. Nella fase d’atterraggio la velocità viene ridotta con l’uso dei disruttori (particolare dispositivo proprio dell’a.), consistenti in quattro freni aerodinamici che si aprono sul dorso e nella parte inferiore delle ali, e con l’espulsione della zavorra (fino a 200l d’acqua) servita in precedenza a incrementare la velocità pur senza limitare l’idoneità a guadagnare quota.
La costruzione degli a. ha visto un impiego sempre più vasto delle fibre di carbonio, prima usate solamente per alcuni elementi e poi per l’intera cellula. La strumentazione si è evoluta grazie agli elaboratori di bordo, così come la navigazione grazie all’utilizzazione del sistema GPS: il ricevitore di bordo accoppiato al registratore permette al pilota, dopo l’atterraggio, la completa ricostruzione del suo volo. I progressi nei profili aerodinamici hanno portato a un continuo aumento dell’efficienza (rapporto tra la distanza percorsa in orizzontale e la quota d’inizio volo), che sfiora il valore di 60. Le estremità delle ali sono spesso dotate di winglets e i problemi di stallo sono ridotti, nel senso che il velivolo conserva, fino allo stallo completo, la sua governabilità.
L’involo degli alianti può ottenersi: mediante discesa lungo superfici inclinate; mediante catapultamento con cavi elastici in tensione; a mezzo di un verricello, azionato da un motore che avvolge un cavo lungo sino a 1000 m; mediante traino con automobile o, caso più frequente, mediante traino con aereo. In quest’ultimo caso l’a. viene rimorchiato fino a una quota prestabilita, alla quale si opera lo sganciamento dal cavo di traino e ha inizio il volo libero. Per usi particolari vengono costruiti anche degli a. muniti di motore ( motoalianti), il cui impiego si esaurisce tuttavia nel semplificare le fasi di avvio o durante il periodo iniziale di istruzione dei futuri piloti o per portare in quota, nel modo più semplice, a. espressamente strumentati per rilevazioni atmosferiche e meteorologiche.