PARENTE, Alfredo
– Nacque a Guardia Sanframondi (Benevento) il 4 luglio 1905, da Giuseppe e Clotilde Marliani, maestri elementari.
Dopo gli studi ginnasiali compiuti nel suo paese d’origine, si trasferì a Napoli, per completare la formazione superiore al liceo Genovesi. Sempre a Napoli si iscrisse alla facoltà di lettere e filosofia e nel 1927, a soli 22 anni, conseguì la laurea in filosofia, con una tesi di estetica. Durante gli anni dell’Università entrò in contatto con gli ambienti culturali napoletani, anzitutto attraverso l’amicizia con Nicola Nicolini, figlio di Fausto, e con Nino Cortese, che lo presentò a Benedetto Croce.
Nel 1929 divenne titolare della cattedra di filosofia e storia presso il liceo di Taranto, che fu presto costretto ad abbandonare per motivi di salute. Lasciato l’insegnamento, nel 1931 venne assegnato con funzioni ispettive alla sovrintendenza all’Arte medioevale e moderna della Campania e, pochi anni dopo, nel 1938, giunse alla direzione della Biblioteca della Società napoletana di storia patria.
Già durante gli anni Trenta, Parente maturò una posizione di ostilità al regime fascista che si manifestò in un costante impegno in campo culturale, sostenuto da un’inflessibile resistenza morale. A questo si affiancò un’azione di cospirazione clandestina, che successivamente divenne attiva partecipazione alla lotta armata. Sotto la copertura dell’attività culturale, contribuì a realizzare una rete di piccoli gruppi cospirativi sparsi in ogni regione e città d’Italia, con l’obiettivo di indebolire sempre più il regime mediante un processo di sgretolamento dall’interno. Questo obiettivo si compì, di fatto, soltanto attraverso la guerra, da lui stesso lucidamente ricostruita nelle pagine di un Diario, scritto nel 1946, che costituisce un significativo documento degli avvenimenti vissuti tra il 1939 e il 1944 dagli intellettuali liberali italiani, lacerati dal dramma del secondo conflitto mondiale e disposti a ogni sforzo per il recupero delle garanzie di libertà nel Paese.
Di non semplice gestione si rivelò l’organizzazione di questa attività, pianificata pazientemente mediante una propaganda capillare e sotterranea, anche se «non c’erano poi precauzioni da prendere quando quelle carte bisognava pur mettere in circolazione e portare da una città all’altra con la sorveglianza che allora c’era sui viaggiatori, o da una casa all’altra, specialmente quando la casa di arrivo o di partenza fosse, per esempio, quella di Benedetto Croce» (La lunga vigilia. Pensieri e ricordi politici. Napoli 1939-1944, dattiloscritto inedito, conservato presso la Fondazione L. Einaudi).
Lo slittamento di questo impegno sul piano della lotta armata si concretizzò tra il 27 e il 30 settembre del 1943, con la partecipazione alle quattro giornate di Napoli. Fu lui stesso a coniare questa definizione, per rappresentare l’atmosfera di partecipato e collettivo impegno dei napoletani alla liberazione della città dall’occupazione militare tedesca, già prima e indipendentemente dall’arrivo degli alleati, il 1° ottobre successivo (Le “Quattro giornate”. Figure ed episodi, in La Barricata, 4 e 6 ott. 1943; Significato e valore delle “Quattro giornate”, in Il Risorgimento, 30 sett. 1944; Ricordo delle “Quattro giornate”, in L’Opinione, 29 sett. 1945).
A quegli anni tormentati e difficili risale l’avvio della sua produzione scientifica, iniziata con la pubblicazione della tesi di laurea, Musica e opera lirica (Napoli 1929), e proseguita alcuni anni dopo, nel 1936, con la pubblicazione a Bari del volume La musica e le arti: problemi di estetica e, nel 1938, con un saggio sui Lineamenti del pensiero herbartiano. Al 1932 risalgono, inoltre, due contributi di chiaro tenore antigentiliano: L’immobilità dell’atto puro e le distinzioni spirituali e La contraddizione dell’attualismo, apparsi su Movimento letterario, la rivista di ispirazione antifascista diretta da Sabino Alloggio.
Già da questi due articoli si evince il carattere della prospettiva teorica che Parente adottò e mai abbandonò, sia in quegli anni non certo facili per la sua vita di studioso e di liberale non acquiescente, sia negli anni successivi al secondo conflitto mondiale. Il suo indirizzo di studio e di ricerca mantenne sempre la traccia di uno storicismo intriso di un forte liberalismo militante, la cui espressione più significativa fu l’impegno di ricostruzione del Partito liberale italiano (fu tra i partecipanti al primo congresso, nel giugno del 1944). Nel 1944 fondò il settimanale La libertà.
Il rapporto intellettuale e personale con Croce contribuì a fondare e a irrobustire questo indirizzo di pensiero attraverso una collaborazione durata alcuni decenni. Seguendo la linea dello storicismo italiano che da Giambattista Vico e Francesco De Sanctis conduceva a Croce, Parente, suo «custode» e «scudiero», mantenne sempre un rapporto con il filosofo di Pescasseroli nelle diverse stagioni della cultura italiana del Novecento: gli anni dell’antifascismo; quelli del secondo dopoguerra, quando la filosofia di Croce non rappresentò più il nucleo del dibattito politico e culturale italiano; ancora i primi anni Ottanta, alcuni decenni dopo la morte di Croce, quando il pensiero crociano ricominciò a circolare. Questo rapporto si tradusse, anzitutto, nella difesa del valore della libertà intesa come momento fondante della vita civile, ma anche nella concezione dell’autonomia dell’arte come cardine della fondazione della critica estetica, nonché nella riproposizione della logica dei distinti, da lui ritenuta l’ambito privilegiato della filosofia italiana contemporanea (Alfieri, 1985; Sciuto, 1985).
A conferma di una ‘ortodossia’ che, lungi dall’essere una semplice «fedeltà», era una «lealtà» di fondo al pensiero crociano – una «profonda, invidiabile, non comune conoscenza dei testi crociani» –, non mancarono tuttavia spunti interpretativi inediti del pensiero del filosofo napoletano, legati, in maniera particolare, alla riflessione estetica, ma anche all’aspetto più discusso e controverso dell’ultimo Croce, ossia il tema della vitalità (Cotroneo, in Filosofia musica arti..., 1979, pp. 183 e 180).
Ridotta la partecipazione attiva alla vita politica italiana già a partire dai primi anni del dopoguerra, nel 1946 fu chiamato da Croce a insegnare filosofia e metodologia della storia all’Istituto italiano per gli studi storici di Napoli, fondato da Croce in quello stesso anno in polemica con il mondo accademico italiano, che Parente condivise. Proseguì anche la sua attività scientifica, che durante gli anni della guerra aveva avuto come esito l’edizione critica del Triregno di Pietro Giannone (I-III, Bari 1940) e lo studio dal titolo Il pensiero politico di Benedetto Croce e il nuovo liberalismo (Napoli 1943).
Al lavoro di docente dell’Istituto affiancò un’intensa attività pubblicistica, tradottasi in un’assidua collaborazione con testate quali Il Messaggero, Il Mattino, L’Opinione, Risorgimento liberale, e con periodici tra cui Pan, Nuova Antologia, Il Mondo, La Nuova Italia.
Il costante impegno di studioso dell’opera di Croce – di cui è frutto il notissimo volume Croce per lumi sparsi (Firenze 1975) – si espresse negli anni Cinquanta nella pubblicazione di due volumi: Il tramonto della logica antica e il problema della storia (Bari 1952) e Il concetto della storia (a sua cura, Bari 1954). Nel 1964 fondò inoltre la Rivista di studi crociani – di cui fu direttore per ventuno anni, fino alla morte –, nata con lo scopo di «impedire che [continuassero] a circolare nel mondo della cultura, impunemente o addirittura inosservate, affermazioni tendenziose o avventate e non confortate dalla conoscenza diretta e profonda dei testi crociani» (ibid., II (1964), p. 45). Attraverso il progetto della Rivista, Parente riunì una generazione di liberali antifascisti, che con lui avevano partecipato alla Resistenza – Carlo Ludovico Ragghianti, Nicola Nicolini, Raffaello Franchini, Vittorio Enzo Alfieri, Carlo Antoni, Raffaele Mattioli, Manlio Ciardo, Luigi Russo – e una schiera di studiosi del pensiero di Croce, tra cui Giuseppe Galasso, Girolamo Cotroneo, Vittorio Stella, Ferruccio Focher, Fulvio Janovitz.
Uno dei suoi principali interessi fu l’estetica musicale, di cui sono frutto la collaborazione ventennale con la Rassegna musicale, i già citati volumi del 1936 e del 1938, ma anche numerosissimi saggi e interventi, alcuni dei quali confluiti nella raccolta apparsa a Torino nel 1961 con il titolo Castità della musica. In qualità di critico musicale, collaborò anche a La Scala, alla Rivista dell’Opera e ai fascicoli stampati in occasione del Maggio musicale fiorentino, manifestazione a cui partecipò già a partire dalla sua prima edizione. Fu, inoltre, tra i più appassionati collaboratori del teatro S. Carlo di Napoli.
Dal 1945 fu anche socio ordinario residente dell’Accademia Pontaniana di Napoli, socio corrispondente dell’Accademia Peloritana dei Pericolanti di Messina, socio effettivo dell’Accademia nazionale di S. Cecilia di Roma, nonché primo presidente al Congresso nazionale del sindacato dei musicisti d’Italia (1955).
Morì tragicamente in un incidente stradale, pochi mesi prima di compiere ottant’anni, il 3 aprile 1985.
Fonti e Bibl.: Filosofia musica arti. Studi e testimonianze sull’opera di A. P., Napoli 1979 (in cui è presente il saggio di G. Cotroneo, Il crociano «ortodosso», pp. 173-183); V.E. Alfieri, Lo scudiero di Croce, in Gazzetta di Parma, 13 aprile 1985; G. De Nitto, A. P. bibliotecario, Roma 1985; F.E. Sciuto, Custode di Croce, in La Sicilia, 5 aprile 1985; A. P., Antologia degli scritti, a cura di C. Ocone, con la prefazione di E. Paolozzi, Napoli 1992; F. Janovitz, A. P., Raffaello Franchini, Girolamo Cotroneo e la “Rivista di Studi Crociani”, in Studi in onore di G. Cotroneo, 1. Filosofia e storiografia, a cura di F. Rizzo, Soveria Mannelli 2004, pp. 199-202; E. Paolozzi, P., i diari di guerra, in La Repubblica, 8 gennaio 2008; G. Nicolosi - G. Cortese - L. Compagna, Un inedito A. P. Anti-fascista e organizzatore politico, in I liberali italiani dall’antifascismo alla Repubblica, a cura di G. Berti - P. Craveri - E. Capozzi, II, Soveria Mannelli 2010, pp. 661-674.