GAUDENZI, Alfredo (Alf)
Nacque a Genova il 30 apr. 1908 da Apollo e Chiara Perotta, entrambi musicisti. Nel 1925 si diplomò in ragioneria e iniziò il lavoro di perito commerciale, che ben presto abbandonò per dedicarsi alla pittura. L'anno seguente, in una mostra organizzata dalla Promotrice genovese al ridotto del teatro Carlo Felice, espose un piccolo olio dal titolo Mercato orientale (ubicazione ignota) che rivelò la sua adesione al futurismo avvenuta grazie alla lettura degli scritti di U. Boccioni, come ricorda lo stesso G. nell'autobiografia del 1979, fonte principale per le notizie sulla sua attività.
Il G. si dedicò anche al giornalismo esordendo nella Gazzetta azzurra di Genova e nel settimanale umoristico Pasquino di Torino, città che raggiunse nel 1927. Qui frequentò, tra gli altri, i futuristi Fillia (L. Colombo), Farfa (V.O. Tommasini), L. Spazzapan e conobbe lo stesso F.T. Marinetti che gli suggerì di adottare il nome d'arte "Alf". L'anno seguente vi espose Personaggi per un quadro e Ritratto borghese alla LXXXVI Promotrice e, nell'ambito dell'Esposizione internazionale del decennale della vittoria tenutasi al parco del Valentino, progettò l'arredo e le decorazioni di alcune sale del padiglione "Futurismo".
In occasione di questa mostra il G. figurò anche nella sezione dedicata al "cartello lanciatore": presentò immagini pubblicitarie, montate su un supporto di latta, concepite in forme geometriche elementari e cromaticamente accese; tali forme sono rintracciabili anche nei numerosi bozzetti a tempera eseguiti in quel periodo per varie aziende, quale per esempio quello per il Colorificio piemontese (Genova, collezione Ambra Gaudenzi: ripr. in Liguria futurista, p. 72).
Sempre nel 1928 prese parte alla XVI Biennale di Venezia esponendo nella esigua Mostra del futurismo italiano, dove presentò i dipinti, entrambi smarriti, Natura morta e Clown. L'anno seguente fu uno dei "Trentatré futuristi" che, accompagnati da un testo teorico di Marinetti, esposero alla galleria Pesaro di Milano.
Il Clown - noto solo attraverso una foto in bianco e nero (ripr. ibid., p. 31) - rivela uno stile personale nell'incastro dei volumi e delle campiture, che determinano la fusione tra la figura e l'ambiente. Appartengono agli stessi anni alcune tempere caratterizzate dall'uso di lumeggiature che sottolineano e sfumano i contorni delle figure (Violoncellista, 1929; Suonatore di fisarmonica, 1930; Maschera, 1930: Genova, collezione Ambra Gaudenzi).
Nel 1929 il G. conobbe Tullio Mazzotti (Tullio d'Albisola) e iniziò a collaborare con la fabbrica di ceramiche che questi aveva impiantato ad Albisola Marina. Il primo risultato del nuovo impegno fu una serie di dieci piatti datati 1930 (tra cui La marcia su Roma, Il caduto e Il mare), alcuni dei quali oggi nella collezione di Esa Mazzotti ad Albisola Marina, che decorò secondo le formule ridondanti del futurismo rivoluzionario.
Trasferitosi a Roma nell'autunno del 1929, il G. diede vita con M. Gallian e A. Ghelardini alla rivista 2000 (Edizioni Atlas) collegata all'omonimo teatro. Il foglio, del quale uscirono solo quattro numeri, ospitò disegni e caricature del G., che realizzò illustrazioni anche per le riviste Cinema-Teatro, Cinematografo e '900. Il G. ideò i costumi e le scenografie per gli spettacoli Re Baldoria di Marinetti, La guardia alla luna di M. Bontempelli e La casa di Lazzaro di Gallian, che vennero rappresentati al teatro 2000.
Tornato a Genova, nel novembre del 1930 fondò insieme con i pittori D. Gambetti, L. Lombardo, G. Picollo, L. Pierro, L. Verzetti, lo scultore E. Alfieri, la scrittrice E. Roggero Monti e Tullio d'Albisola il "Gruppo artisti genovesi sintesi".
Da quel momento il G. si dedicò quasi esclusivamente alla ceramica inventando figure grottesche di preti, guerrieri, briganti, carabinieri, pagliacci, che tradusse in semplici forme (coni, cilindri, sfere) concepite autonomamente o usate come ornamento della piccola plastica d'arredo (piatti, vasi, contenitori) la cui commercializzazione costituì per l'artista una fonte importante di reddito.
Sempre nel 1930 fu invitato alla Triennale d'arte decorativa di Monza; nel 1931 firmò il "Manifesto figurato sintesi-futurismo", esponendo con il gruppo a Genova, presso la galleria Vitelli, e a Chiavari, al palazzo dell'Esposizione permanente del Litorale tirreno. Dello stesso anno sono i piatti dedicati agli Uomini baffuti, tra cui Il capo stazione (Albisola Marina, collezione Esa Mazzotti: ripr. in Crispolti, 1982, p. 142), costruiti secondo semplici moduli e articolati con dinamismo e fantasia.
Nello stesso anno partecipò a Genova alla II Mostra d'arte del Sindacato regionale fascista belle arti della Liguria dove espose Ritratto di giocoliere e Madonnina di primavera (ubicazione ignota: catal., pp. 22, 45; ripr. p. 40). Nel 1932 il Comune acquistò per la Galleria d'arte moderna di Genova un olio su tavola raffigurante S. Francesco (debole traduzione futurista di un tema sacro); nello stesso anno il G. ebbe una sezione personale nella II Mostra del Gruppo sintesi alla galleria Vitelli di Genova. Nel 1933 partecipò alla mostra "Omaggio futurista a Boccioni" alla galleria Pesaro di Milano. Venne premiato con la medaglia d'argento alla I Mostra di plastica murale per l'edilizia fascista, allestita nel 1934 a Genova, dove propose vari bozzetti per pannelli decorativi (Italiani all'estero, Aeroporto, Fascio rurale: Chilosi - Ughetto, p. 172). Nel 1935, a Genova, conobbe K. Schwitters, da cui apprese la tecnica del collage. Nello stesso anno espose insieme con i collaboratori della Fabbrica Mazzotti d'Albisola alla galleria Bernheim-Jeune di Parigi. Nel 1939 il suo nome comparve nel manifesto Ceramica e aeroceramica elaborato da Marinetti e Tullio d'Albisola l'anno precedente. Nel 1941 fu premiato con una medaglia d'oro alla Mostra di ceramica di Faenza e tenne una personale alla galleria Rotta di Genova ottenendo un buon successo di vendite.
Durante la guerra, nel 1943 venne assegnato agli uffici della censura di Genova.
A partire dal 1945, e fino al 1957, collaborò al quotidiano L'Unità, senza tralasciare la ceramica. Dal dopoguerra in poi le sue opere, realizzate quasi esclusivamente nel suo studio, sempre improntate all'aneddoto e concepite in gruppi di due o tre soggetti, si arricchiscono di una sensibilità malinconica, a volte drammatica (I messicani, 1953; Guerrieri, 1955). Alla geometria futurista subentrano forme compatte e allungate accompagnate da un'ironia, ora anche polemica verso le consuetudini sociali. Negli anni Cinquanta allestì numerose personali - a Milano, Genova, La Spezia - ed espose alla I Mostra retrospettiva ceramiche futuriste tenutasi nel 1956 ad Alba, nelle Langhe.
Con la moglie Pierina Prigione, sposata nel 1953 e da cui ebbe una figlia, aprì a Genova negli anni Sessanta la galleria Il Vicolo. Ammalatosi, non espose per lungo tempo. Nel 1975, presso la sua galleria, allestì una personale intitolata "I babacci di Alfgaudenzi" in riferimento all'ironico soprannome dato fin dall'inizio alle sue terrecotte: presentò, tra l'altro, collages e figure in cartone, dette "carto-plastici".
Il G. morì a Genova il 22 apr. 1980.
L'anno precedente aveva pubblicato a Genova, presso l'editore Erga, il libro autobiografico AGenova gli operai non ridono, attraverso il quale aveva rievocato quarant'anni di lavoro, personaggi e avvenimenti.
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