ALFONSO II d'Aragona, re di Napoli
Nacque il 4 novembre 1448, da Ferdinando e da Isabella di Chiaromonte, allora duchi di Calabria. Ebbe per il primo il titolo di principe di Capua, che poi fu assunto dal primogenito dei principi ereditarî aragonesi; e, allorché il padre fu coronato re, divenne duca di Calabria (1458). Fece le sue prime armi a quattordici anni, nella guerra contro i baroni, sostenitori dell'angioino Giovanni pretendente al trono, e combatté con fortuna in Calabria, ove, quasi dovunque, fu soffocata la resistenza feudale (1462). Da allora in poi prese parte a tutte le guerre italiane in cui fu implicato re Ferdinando: si trovò accanto ai Fiorentini nel 1467, durante la lotta contro il Colleoni; poi, come capitano dell'esercito e gonfaloniere di Santa Chiesa, mosse contro di essi nelle contese che tennero dietro alla congiura dei Pazzi. Assediò e prese Castellina, Radda, Broglio, Chianciano, Sansavino (1478), entrò in Siena, vinse a Poggibonsi il duca di Ferrara, e, dopo aver conquistato Colle (1479), costrinse alla pace Lorenzo de' Medici, che, per conchiuderla, si recò personalmente a Napoli. Nel 1480-81 combatté contro i Turchi sbarcati ad Otranto e ormai fattisi signori di quasi tutta la provincia omonima. Dopo un anno di lotta, li costrinse alla resa (1481) e ritornò a Napoli; ma fu subito impegnato nella cosiddetta "guerra di Ferrara". Alleato del duca di Ferrara, mosse contro Sisto IV, unitosi ai Veneziani; ma fu battuto a Campomorto, presso Velletri, da Roberto Malatesta, capitano del papa (21 agosto 1482). Pur tuttavia la sorte delle armi cambiò: il pontefice si mise dalla parte dei Napoletani, e A. poté marciare contro i Veneziani, con i quali combatté sino alla pace di Bagnolo (1484).
Sino allora egli, più che di altro, si era occupato di affari militari, acquistando grande riputazione per il suo indomito coraggio, che lo portava a combattere sempre nelle prime file. Ma in questa ultima guerra e nel viaggio di ritorno al regno prese a trattare questioni politiche; e con le sue maniere, di rude soldato, ignaro delle arti della diplomazia, si rese nemico Innocenzo VIII. Inoltre, rientrato nella capitale, cominciò a perseguitare i grandi feudatarî, da lui accusati, e non a torto, di poca lealtà, ma potenti, indocili e pronti sempre alla rivolta. Questa sua intemperanza, di cui anche il padre ebbe a lamentarsi, fu una delle ragioni che provocarono la famosa congiura dei baroni, che, sostenuta dal papa, mise in serio pericolo la stabilità del governo aragonese in Napoli. Nella guerra che seguì, A., giunto sotto Roma, costrinse Innocenzo alla pace (1486); rientrato nei confini del regno, sottomise Aquila, gli Abruzzi, le Puglie e la Basilicata, occupò Salerno e tornò nella capitale il 27 dicembre dello stesso anno con grande pompa, facendosi precedere da "tutti li baroni e signori ribelli" e, come narra un cronista, da "uno negro chiamato Malfusso che andava innanzi a li baroni a pede con una scopa, scopando tutta la via per burla: ita ferebatur; e certo fu pigliato tale atto per malo augurio per detti signori". Quest'odio, del resto, non si attutì con gli anni. Quando salì sul trono, egli riprese le persecuzioni, nel testamento ne raccomandò all'erede il proseguimento, e forse soltanto la breve durata del suo regno rese meno gravi le conseguenze di tale politica errata, mentre lo straniero batteva vittorioso alle porte dello stato e se ne impossessava.
Dopo la tragica fine della congiura, sembrò che la pace fosse ritornata in Italia, ma, proprio negli anni che seguirono, si maturarono i più gravi avvenimenti. Per ragioni politiche egli aveva sposato nel 1465 Ippolita Maria Sforza, figlia di Francesco duca di Milano, la quale gli fu, sin che si conservò in vita, fedele compagna (1488). Sua figlia Isabella, che il nonno, Ferdinando re, avrebbe voluto dar in moglie a Ludovico Sforza, per volontà del padre fu invece sposata (1488) a colui che sarebbe dovuto essere l'effettivo duca di Milano, Gian Galeazzo, ma che in realtà era sotto la tutela dello zio Ludovico. Questo matrimonio rinsaldò i rapporti tra gli Aragonesi e il debole principe, e determinò da un lato l'intervento dei primi nelle vicende interne dello stato milanese, di cui Ludovico mirava a farsi effettivo signore, e dall'altro la controffensiva di quest'ultimo, che, per distruggere la potenza aragonese, chiamò in aiuto Carlo VIII re di Francia, pretendente al trono di Napoli. Intanto re Ferdinando moriva (25 gennaio 1494), e gli succedeva Alfonso, che fu incoronato l'8 maggio 1494. Questi inviò contro Carlo il figlio Ferdinando e il fratello Federico, rispettivamente in Romagna e in Liguria, e tentò di accordarsi con papa Alessandro VI, con gli Orsini, con i Fiorentini. Ma Federico fu vinto a Rapallo, Ferdinando fu costretto a ripiegare sulla frontiera napoletana; nel regno cominciarono a divenir violenti gli antichi odî contro A.; e questi preferì allora abdicare in favore del figlio Ferdinando (23 gennaio 1495), che aveva l'affetto del paese. Di poi si recò a Mazzara in Sicilia (3 febbraio), donde aiutò con consigli il figlio; e, vestito infine l'abito olivetano, morì in Messina il 18 dicembre 1495. Ottimo uomo di guerra più che re accorto, imprudente e portato al vizio, sì che un cronista, il giorno della sua morte, notò: "e si pò dire essere morto lo Dio della carne", egli lasciò pessima fama di "malo omo, distrugitore de casa sua" e d'Italia. Ma è giudizio che non può essere accettato appieno. Nel regno egli non fece che acuire odî che già esistevano e rendere più difficile una situazione politica formatasi per cause molto più complesse. E le ragioni della calata di Carlo VIII devono ricercarsi specialmente nello sviluppo politico degli stati italiani e, in genere, di quelli dell'Europa occidentale.
Bibl.: L. Volpicella, Regis Ferdinandi I Instructionum Liber, in Monumenti storici, pubblicati dalla Società napoletana di Storia patria, Naopli 1916, (anche per tutta la bibliografia precedente).