ALEVADI ('Αλευάδαι)
Gli Alevadi erano i membri d'una stirpe nobile che dominava a Larissa, e pretendevano di discendere da Eracle, non altrimenti che i Bacchiadi di Corinto; e forse la stirpe degli Alevadi si è sostituita alla monarchia omerica come la stirpe dei Bacchiadi a Corinto. Non si constata tuttavia un potere collettivo di tutta la stirpe, almeno nel periodo per il quale la tradizione è degna di fede, ma solo dei membri di una famiglia nella quale forse tutta la stirpe si era assottigliata. Secondo una tradizione, Aleva il Rosso (πυρρός) avrebbe diviso la Tessaglia in tetrarchie, la Pelasgiotide, la Ftiotide, la Tessaliotide, l'Estieotide. Questa tradizione dev'essere nata quando Larissa aveva acquistato una posizione preponderante nella Tessaglia: ma il vero organizzatore della Tessaglia (che determinò i tributi che dovevano pagare i perieci) fu Scopa di Crannone. Occorre appena notare che Aleva è un eponimo della stirpe, privo di consistenza storica come Bacchide corinzio, Agide ed Euriponte spartani; l'epiteto di Rosso lo ravvicina a Fenice (Φοῖνιξ), a Cadmo, a Zaleuco, a Licurgo; la leggenda che Aleva dalla chioma aurea fosse amato da un dragone ribadisce l'ipotesi dell'origine mitica di quest'eponimo.
Il primo Alevade che conosciamo è Euriloco di Larissa, il quale capitanò la guerra sacra, nel primo o forse al principio del secondo decennio del sesto secolo. Larisseo ed Alevade potrebbe essere stato anche Lattamia, che condusse la guerra contro i Beoti intorno al 540. Conosciamo inoltre un Aleva, omonimo dell'eponimo, figlio di Simo e padre di Torace, Euripilo e Trasideo, che dominarono su tutta la Tessaglia al tempo della marcia di Serse; e certamente il primogenito portò il titolo di Tago (ταγός). Al principio della guerra gli Alevadi fecero di certo adesione alla causa nazionale, tanto è vero che lo spartano Eveneto andò a difendere il passo di Tempe, ma, trovandolo malsicuro, si dovette ritirare, e allora gli Alevadi furono costretti a seguire la parte di Serse. La tradizione raccolta da Erodoto, che il popolo era favorevole alla causa nazionale, ma i dinasti avversi, non merita fede, perché l'avanguardia spartana non avrebbe potuto recarsi ai confini settentrionali della Tessaglia senza il consenso dei dinasti: essa è intesa a giustificare la spedizione, che si sarebbe voluta mascherare come punitiva, di Leotichida poco dopo terminata la guerra persiana. Al principio della guerra del Peloponneso, v'era in Larissa l'antagonismo di due fazioni, capitanata una da Aristomede, l'altra da Aristonoo, che di fronte al nemico (Sparta e gli alleati) procedevano concordi. Potevano essere ambedue Alevadi, oppure uno il rappresentante di qualche famiglia anch'essa cospicua. Verso la fine della guerra peloponnesiaca un forte movimento anti-aristocratico agitò anche Larissa, donde l'Alevade Aristippo dové andare in esilio, e insieme con lui Ellanocrate, che si ricoverò presso Archelao re di Macedonia. L'Alevade Medio impedì poi a Licofrone di Fere di rendersi padrone di tutta la Tessaglia col titolo di Tago. Ma riuscì più tardi a Giasone di attuare il disegno fallito a Licofrone, e quando Giasone fu assassinato, gli Alevadi conservarono non solo il dominio su Larissa, ma su tutta la Tessaglia che non era sotto il dominio di Alessandro di Fere, cioè Farsalo, tutta la Pelasgiotide, la Tessaliotide e l'Estiotide; e Agelao, il quale nel 361 rivestiva la suprema dignità di arconte può anche essere stato un Alevade. Gli Alevadi chiamarono Alessandro II di Macedonia contro Alessandro di Fere (v.), e contro il primo, che si era reso padrone di Larissa e Crannone, Tebe, che inviò in loro aiuto Pelopida. Contro Tisifone e Licofrone, che parteggiarono per i Focesi nella guerra sacra, gli Alevadi chiamarono Filippo di Macedonia. Filippo ripristinò le tetrarchie e diede la Pelasgiotide a Simo, Eudico e Trasideo. Probabilmente il tetrarca era uno, ma i membri della famiglia avevano parte nel potere. Di questa stirpe si conosce qualche rampollo al tempo di Alessandro, e cioè Medio, di lui compagno, e Torace, amico di Antigono Monoftalmo. Poi non se ne parla più nell'epoca ellenistica, ma è probabile che discendenti di essa non mancassero: tuttavia non esercitarono più, nella patria, azione alcuna degna di rilievo.
Fonti: Pindaro, Pyth., X, 5; Erodoto, VII, 130; IX, 58.
Bibl.: Per la bibliografia anteriore al 1894 vedi Töpffer, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. der class. Altertumswiss., I, coll. 1372-1374 e bibliografia ivi; V. Costanzi, Ricerche di Storia Tessalica, in Rivista di filol., XXIX, 1901; Saggio di storia tessalica, in Annali delle Università toscane, Pisa 1906; E. Drerup, Studien zur geschichte und Kultur des Altertums, Paderborn 1908, II, i; E. Meyer, Theopomps Hellenika, Halle 1909, p. 201 segg.; A. Ferrabino, Θεσσαλῶν πολιτεία, in Entaphia, Torino 1913; Adcock-Knox, ‛Ηρώδου περὶ πολιτείας, in Klio, XIII, 1913 (per la tarda età di questa orazione); J. Beloch, Gr. Geschichte, 3ª ed., passim; H. T. Wade, Jason of Pheroe and Alevas the red, in Journal of Hellenic Studies, XLIV, 24.