STREGHI (Dello Strego), Alessandro
Nacque a Lucca da Giovanni, di professione notaio, in una data che non conosciamo ma che cade tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo, poiché le prime notizie che abbiamo di lui risalgono agli anni Venti del Quattrocento. In una nota autobiografica non datata, ma collocabile verso il 1425, che trova posto nella sua cronaca, egli dice di avere visto Guido Manfredi da Pietrasanta, per molti anni cancelliere di Paolo Guinigi, povero ed esule a Genova dopo che era stato cacciato da Lucca (Cronache, cantare XVIII, ottava 64); al 1429 è datata una compravendita in cui compare anche Streghi (Bratchel, 1998, p. 10). Non sono noti il nome e il casato della madre e neppure della moglie di Streghi, sappiamo però che egli ebbe due figli, Pietro e Giovanni.
Streghi rivestì un ruolo di un certo rilievo nella vita pubblica lucchese, ottenuto a quanto pare – ma le poche fonti disponibili invitano alla prudenza – grazie al legame con i Guinigi signori di Lucca (Streghi sembra essere stato nella cerchia dei familiari di Ladislao, figlio di Paolo, come egli stesso afferma ne Il Piccinino, cantare I, ottava 98) e poi conservato anche dopo la fine della signoria. In effetti la famiglia Streghi è attestata nella documentazione lucchese sin dall’inizio del XIII secolo, ma il nonno di Streghi si chiamava Matteo di Boninsegna da Barga, località della Garfagnana a circa 40 chilometri da Lucca, e il padre non sembra avere ricoperto uffici pubblici, mentre nel 1434 ebbe la carica di anziano Antonio, il fratello del cronista. Anche Streghi ricoprì la principale magistratura cittadina e in più circostanze dal 1441 – anno in cui doveva avere già superato i trent’anni, età minima per quell’ufficio – al 1458 (marzo-aprile 1441 e marzo-aprile 1446; surrogato nel luglio-agosto 1449 e settembre-ottobre 1435; ordinario nel luglio-agosto 1455 e settembre-ottobre 1458). Anziano fu anche a più riprese tra il 1484 e il 1487 Giovanni, figlio di Streghi.
Prima di essere eletto all’anzianato, negli ultimi mesi del 1430 quando Lucca alleata con Genova era in guerra con Firenze, Streghi sovrintese al trasporto di una grande quantità di grano da Portovenere a Lucca assediata su indicazione di Lorenzo Buonvisi (personaggio sul quale il cronista avanza qualche riserva) e a questo episodio della sua vita dedicò le ottave 5-24 del quarto cantare de Il Piccinino. In quell’occasione il cronista rischiò la vita, ci rimise del suo e non ebbe la gratitudine che meritava (forse egli si riferisce a questo episodio quando in Cronache, XVIII, 72, si lamenta di avere conosciuto l’ingratitudine).
Nelle Cronache Streghi dà grande risalto al legame della sua famiglia con gli Antelminelli e in particolare con Castruccio Castracani: Puccia degli Streghi era stata la madre di Castruccio e, come più preme al cronista, Pina degli Streghi – «donna inperiale» (Cronache, IX, 13) – fu la moglie del Castracani. Vanni dello Strego, fratello di costei, che Giovanni Sercambi mai cita nella sua cronaca, appare nei versi di Streghi con gran risalto, elogiato per le sue virtù militari nel nono cantare delle Cronache, e sempre ritratto come uno dei principali collaboratori di Castruccio, mentre Niccolò dello Strego, giudice e notaio e figlio di Vanni, è presente – ma con meno risalto del padre – sino ai primi del Quattrocento.
Al nome di Streghi è legata - unica sua opera conosciuta - una lunga cronaca in versi costituita da venticinque cantari in ottava rima di lunghezza variabile (in media un centinaio di ottave a cantare), che gli editori credono di poter dividere in due blocchi. La prima parte, pubblicata con il titolo di Cronache di Lucca, comprende diciotto cantari e dalla mitica fondazione di Lucca giunge sino al 1426, quando Ladislao Guinigi andò al servizio del duca di Milano con la sua compagnia. La seconda parte dell’opera, nota con il titolo di Il Piccinino, che probabilmente lo stesso Streghi le assegnò, racconta in sette canti la guerra che contrappose Lucca a Firenze dal 1429 al 1432 e in cui un ruolo di rilievo ebbe appunto il capitano di ventura Niccolò Piccinino. Le Cronache hanno inizio ai tempi della fondazione di Urilia, una città che sorgeva dove oggi si trova Lucca e fu edificata dagli esuli troiani. Continuano narrando le vicende degli scontri dei progenitori dei lucchesi con i romani antichi e poi la loro collaborazione con Roma ai tempi delle Guerre puniche che si concluse con la fondazione di Lucca. Sono tutte notizie frutto parrebbe della rielaborazione di Streghi, a cominciare dal nome Urilia, non attestato prima e probabilmente modellato su Alfea, mitica denominazione di Pisa, poiché nella cronaca Alfea era stata nemica di Urilia, come Pisa lo era di Lucca.
I canti seguenti si fondano sullo schema di storia universale consueto almeno dalla fine del XIII secolo e contengono il racconto della conversione di Lucca al cristianesimo, del tempo degli imperatori romani e poi dei longobardi e quindi di Carlomagno e dei suoi paladini. Con il quinto canto l’orizzonte dell’opera in parte si restringe: Streghi ha una gloria locale da menzionare, il papa Alessandro II, e poi conosce alcune vicende lucchesi che risalgono al tempo del Barbarossa. Da questo punto le Cronache dispongono di fonti locali su cui fondarsi, narrano gli scontri tra Lucca e Pisa, menzionano qualche cittadino illustre, procedono comunque sempre rapidamente verso il Duecento e alla fine del settimo cantare hanno già narrato le vicende dell’imperatore Enrico VII e si accingono a parlare di Castruccio Castracani. A questo personaggio Streghi riserva il massimo risalto e – forte anche delle molte notizie che gli offrono la cronaca di Giovanni Sercambi e, per i primi decenni del Trecento, quella di Giovanni Villani – si inoltra in un racconto minuto che gli studiosi della storia di Lucca dovrebbero utilizzare più di quanto fatto sino a oggi.
La signoria di Castruccio termina il 3 settembre 1328 (una delle prime date indicate nelle Chronache) a metà del XII cantare e a questo punto il racconto si concentra sulle vicende successorie (i cantari XIII e XIV sono riservati al racconto dell’infelice tentativo dei figli di Castruccio di mantenere la signoria su Lucca) e sulla turbolenta situazione politica cittadina a metà Trecento, mentre Lucca cambiava spesso signore e sino a quando la famiglia Antelminelli fu definitivamente sconfitta. A questo punto – verso il 1380 – compaiono sulla scena cittadina i Guinigi, la cui ascesa S. racconta con molti dettagli nel XV e nel XVI cantare: sono anni di scontri civili in cui vengono coinvolti anche Vanni dello Strego e suo figlio Niccolò; ora le date sono ricordate di frequente e nel racconto compaiono molti nomi di cittadini lucchesi. Le Cronache si concludono con Paolo Guinigi che ottiene la signoria di Lucca, con il fallito tentativo di rovesciarlo promosso da Braccio di Montone e con Ladislao Guinigi che, capitano di ventura, nel 1425 si mette al servizio dei Visconti. A questo punto – il racconto muove dall’anno 1429 – ha inizio Il Piccinino. Il ritmo del racconto, già lento negli ultimi cantari delle Cronache, qui cala ancora e la vicenda lucchese è narrata in dettaglio, dando grande risalto ad alcune figure di capitani di ventura quali il Piccinino e Micheletto Attendolo. Come negli ultimi dodici cantari delle Cronache, l’attenzione si concentra su vicende militari, scontri che oppongono Lucca, inserita in un contesto politico più ampio, a Firenze e a Pisa, mentre il risalto alla storia cittadina non raggiunge più il peso che aveva nel racconto dell’affermazione dei Guinigi.
Le caratteristiche della produzione storiografica lucchese tardomedievale, molto ricca di testi, ma dominata nella percezione degli studiosi dall’opera di Sercambi, contribuiscono a rendere poco chiara la vicenda compositiva delle opere di Streghi. Intanto non sembra convincente l’opinione secondo cui Cronache e Piccinino costituiscono due opere diverse. Anche se Streghi ha chiamato Piccinino la seconda parte del suo poema, l’elemento di continuità prevale sulla frattura: Cronache e Piccinino sono tramandati dagli stessi manoscritti, hanno la medesima forma metrica, in entrambi ogni cantare è introdotto dall’invocazione alla beata Vergine Maria (in un codice miniato Streghi è raffigurato mentre offre il suo libro alla Madonna) e nei primi cantari si rimanda già ai fatti riguardanti Niccolò Piccinino che l’autore si propone di cantare (Cronache, IV, 58, e V, 42, 43, 45, 50). Non è poi chiaro il rapporto del testo di Streghi con la coeva cronaca di Alessandro Boccella, conservata solo nella forma di estratti in opere posteriori: le due opere sembrano parallele e Bratchel non esclude che Streghi abbia messo in versi – e magari integrato – quanto scritto dal suo concittadino. Streghi probabilmente scrisse il suo poema negli anni Trenta del Quattrocento, certo prima della caduta di Costantinopoli del 1453, perché, ricordando l’assedio cui la città sopportò nel 1397, parla di un pericolo scampato (Cronache, X, 93-96).
La vita di Streghi termina tra il 1471 – anno in cui il suo nome non compare più tra i membri del Maggior Consiglio di Lucca – e il 1480, quando in un atto notarile è ricordato come già morto.
A. Pellegrini, Il Piccinino, in Zeitschrift für Romanische Philologie, XXIII (1899), pp. 382-409; XXIV (1900), pp. 329-357; XXV (1901), pp. 230-243, 686-696; XXVI (1902), pp. 301-313; Cronache di Lucca, a cura di A. Lanza - A.T. Zevi, in Letteratura italiana antica, XIX (2018), pp. 15-389; A.T. Zevi, Edizione delle “Cronache” di Alessandro Streghi, Tesi di dott. di ricerca in Studi di storia letteraria e linguistica italiana, XXIV Ciclo (2012-15), Università di Roma Tre, http://dspace-roma3.caspur.it/handle/2307/3881?mode=full).
A. Pellegrini, Siena in un poema inedito del XV secolo, in Bullettino senese di storia patria, V (1898), pp. 411-423; Carteggio degli anziani [di Lucca], a cura di L. Fumi, Parte 2, Dall’anno 1330 all’anno 1472, Lucca 1907, pp. XXI, XXIV, XXVII, XXX s., XXXIV, 189; L. Green, Castruccio Castracani. A Study on the Origins and Character of a Fourteenth-Century Italian Despotism, Oxford 1986, pp. 48-50; M.E. Bratchel, Chronicles of Fifteenth-Century Lucca: Contributions to an Understanding of the Restored Republic, in Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance, XL (1998), pp. 7-23; A.T. Zevi, Analisi linguistica delle “Cronache” di A. S., in La lingua italiana, VIII (2012), pp. 53-77.