MARTELLI, Alessandro
– Nacque a Caltanissetta il 25 nov. 1876, da Federico e da Matilde Negri. La famiglia era originaria di Vinci (Firenze), dove il M. trascorse la giovinezza e compì gli studi secondari. Iscrittosi alla facoltà di scienze dell’Istituto di studi superiori di Firenze, conseguì la laurea nel luglio del 1900 e iniziò la sua attività di studioso sotto la guida del geologo C. De Stefani, di cui fu assistente volontario dal 1900 al 1906. Nel febbraio 1904 il M. sposò Dolores Corsi con la quale ebbe Vieri, nel dicembre dello stesso anno, e Franco nel gennaio 1906. Sempre nel 1904 il M. vinse il premio reale per la mineralogia e la geologia dell’Accademia dei Lincei grazie alle sue ricerche sul Montenegro; nel 1906, tre anni dopo aver conseguito la libera docenza in geologia, divenne assistente presso il gabinetto di mineralogia dell’Istituto di studi superiori.
A un decennio dalla laurea, l’attività scientifica del M., che fino allora si era dedicato alla geologia, alla morfologia e alla paleontologia stratigrafica, prese un orientamento diverso: dal 1910 iniziò a occuparsi di petrografia, dapprima con ricerche minori sulle rocce cristalline degli Appennini, e poi con gli studi sui minerali dell’isola di Ustica. Nel 1911 partecipò alla guerra italo-turca, che gli offrì la possibilità di svolgere un’intensa attività di ricerche geologiche e petrografiche nelle isole dell’Egeo e gli valse la commenda della Corona d’Italia e la croce al merito di guerra. Un anno dopo, il M. fu nominato professore straordinario di mineralogia e geologia applicata nell’Istituto superiore forestale nazionale di Firenze.
Allo scoppio della prima guerra mondiale, il M., che era un fervente interventista, si arruolò volontario. Partito come tenente, fu promosso capitano e fu impegnato nelle battaglie dell’Isonzo e nella zona di Gorizia. Alla fine del 1917 fu richiamato dal fronte per essere comandato nell’ufficio invenzioni e ricerche del ministero per le Armi e munizioni. La struttura, diretta da F. Millosevich, maestro del M. presso l’Istituto forestale di Firenze, si occupava dell’approvvigionamento di materie prime per la siderurgia di guerra.
Alla fine della guerra il M., divenuto ordinario di mineralogia e geologia forestale nell’Istituto fiorentino dove già insegnava, cominciò a dedicarsi attivamente alla politica. Nel maggio 1921 si candidò alle elezioni nelle liste dell’Unione politica nazionale, ma non fu eletto.
Il M., che era anche un ricco proprietario terriero, espresse le sue posizioni politiche in un breve scritto, La questione del bracciantato agricolo nella Toscana (Firenze 1921), in cui da un lato lamentava la scomparsa del vecchio mondo rurale, nel quale le masse contadine accettavano le difficoltà della vita e rispettavano l’autorità dei datori di lavoro, dall’altro denunciava con forza il potere delle leghe rosse e delle Camere del lavoro. Con questo spirito, improntato a un conservatorismo autoritario non privo della nostalgia per una società premoderna, il M. si avvicinò al fascismo.
Da più parti gli autori dell’epoca fanno riferimento a un suo ruolo di mediazione negli scontri interni al fascismo fiorentino, fra il 1921 e il 1922, di cui peraltro non si è rinvenuta traccia. Certo è che nell’ottobre del 1922 il M. prese parte alla marcia su Roma, divenne console, console generale e luogotenente della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, e nelle consultazioni politiche del 1924 fu eletto nelle liste del Partito nazionale fascista (PNF) per il collegio della Toscana.
Alla Camera il M. votò a favore della conversione del disegno di legge Sinclair Oil. Il progetto, voluto dal ministro dell’Economia nazionale O.M. Corbino – poi sostenuto, dal luglio del 1924, dal suo successore C. Nava –, prevedeva l’accordo fra il governo italiano e la società petrolifera americana per la ricerca di oli minerali. Di fatto, affidando la gestione delle risorse minerarie alla Sinclair Oil, il disegno di legge accantonava l’ipotesi di creare un ente italiano per la ricerca e il commercio del petrolio. Nel gennaio del 1925, in seguito alla violenta campagna di stampa che colpì la Sinclair Oil, il disegno di legge fu ritirato, ma il clamore suscitato diede nuovo spazio ai sostenitori della creazione di una società pubblica che emancipasse l’Italia dall’importazione di idrocarburi. Fra questi vi fu anche il M. che, come esperto di mineralogia e geologia e come fedele fascista, ebbe un ruolo decisivo nella politica economica del regime. Da allora e fino alla fine della sua vita, infatti, il nome del M. fu legato alla politica delle risorse energetiche voluta dal governo di B. Mussolini.
Con la nomina al ministero dell’Economia nazionale di G. Belluzzo, nel luglio 1925, il M. divenne uno dei tecnici più vicini al ministro. Nell’aprile 1926 entrò a far parte del primo comitato tecnico dell’Agenzia generale italiana petroli (AGIP), presieduta da E. Conti e destinata alla ricerca e al commercio di idrocarburi. Pochi mesi dopo, il ministro Belluzzo lo nominò a capo di una commissione ministeriale per le ricerche minerarie. Nel novembre 1926, inoltre, divenne sottosegretario al ministero delle Comunicazioni con delega ai trasporti, segnalandosi per il sostegno dato alla costruzione dell’autostrada Firenze-Mare e delle stazioni ferroviarie di Milano e di Firenze.
Nel 1928, intervenendo al terzo congresso dell’Ente per le attività toscane, da lui presieduto, e parlando del «contributo della Toscana al primato italiano», egli enfatizzò l’importanza dell’eredità etrusca e del suo fecondo rapporto con la civiltà romana. Il «tipo toscano», ha scritto in proposito Turi, gli appariva «individuato nei secoli da quel complesso tutto etrusco di operosità agricola ed artigiana, raffinata dal buon gusto e selezionata da una critica arguta, e da quelle virtù di sacrificio e di dovere, tutte romane ed inspirate da una viva ammirazione per le cose grandi e buone».
Nel luglio del 1928 il M., che da pochi mesi era stato chiamato a insegnare geologia nella facoltà di scienze dell’Università di Roma, fu nominato ministro dell’Economia nazionale. In tale veste proseguì l’azione del suo predecessore concentrando i suoi sforzi sulla politica delle risorse energetiche e chiedendo espressamente a Mussolini di intervenire affinché l’AGIP fosse posta alle dirette dipendenze del suo dicastero. In effetti, egli riuscì nel suo intento e il 15 ott. 1928 si insediò un nuovo consiglio d’amministrazione dell’AGIP, presieduto da A. Giarratana, che gestì l’ente in stretta connessione con il Martelli. Deciso a rilanciare l’attività dell’AGIP, questi elaborò un piano di ristrutturazione che illustrò al Senato nel giugno 1929, quando riferì le linee della politica economica del governo fascista.
Nella prima parte del suo discorso il M. affrontò la questione della «bonifica integrale», concepita da Mussolini nel 1928 e presentata come uno degli interventi più qualificanti della politica economica del regime, non mancando di evidenziare il valore di un provvedimento che restituiva «alla coltura i terreni paludosi e malarici, ma provvede[va] altresì a valorizzare sempre più i terreni bonificati e quelli suscettibili di migliorie per condurli alla massima produzione» (L’azione del governo fascista nel campo economico, Roma 1929, p. 4). Nella seconda parte del suo intervento, invece, egli si soffermò sul tentativo del governo di aumentare la produzione del grano e, più in generale, delle materie prime occorrenti al Paese. Parlando dell’AGIP, ricordò che in un primo tempo l’attività dell’ente si era concentrata sul commercio di idrocarburi, e che invece era giunto il momento di accertare se e in che misura vi fossero in Italia giacimenti petroliferi che potessero essere sfruttati a livello industriale. In tale occasione il M. informò il Parlamento che già da dieci mesi l’AGIP stava effettuando ricerche in Italia e all’estero, aumentando le trivellazioni e promuovendo gli accordi fra due aziende nazionali, la Petroli d’Italia e la Petrolifera Italiana, e Paesi come l’Albania e la Romania. Rivendicò inoltre a merito dell’AGIP il fatto che il prezzo della benzina si fosse ridotto notevolmente.
Nel dibattito successivo il M. replicò all’accusa di aver sottovalutato il problema dell’espansione del debito pubblico e del deficit della bilancia commerciale facendo notare che il fenomeno era comune a tutti i grandi Paesi e che gli indici di sviluppo erano ben superiori ai segnali negativi dell’economia italiana. Da fervente fascista qual era, indicava la fonte dei successi economici dell’Italia nel clima politico, economico e sociale inaugurato dal regime. E, oltre a esaltare la «Carta del lavoro» del 1927, sostenendo che sarebbe passata alla storia come «un documento di infinita saggezza politica» (ibid., p. 20), spiegava che la politica economica fascista era strettamente legata a quella demografica e quindi alla necessità di produrre forza lavoro.
L’incarico del M. terminò il 12 sett. 1929, quando l’ampio rimpasto di governo voluto da Mussolini dopo il plebiscito portò, fra l’altro, alla trasformazione del ministero dell’Economia nazionale, che divenne ministero dell’Agricoltura e perse poteri a vantaggio del dicastero delle Corporazioni. Il M., eletto alla Camera come rappresentante dell’Università, continuò a occuparsi della politica mineraria e nel febbraio 1932 divenne presidente dell’AGIP. Nell’ottobre di quell’anno, intervenendo alla XXI riunione della Società italiana per il progresso delle scienze, sostenne la necessità di estendere le ricerche petrolifere alla pianura Padana e, nel gennaio del 1933, scrisse una relazione dettagliata a Mussolini spiegandogli come avviare una vasta opera di ricerche per l’estrazione del petrolio. Nell’ottobre del 1933 fu incaricato dal Consiglio dei ministri, che lo esonerò per un anno dall’insegnamento universitario, di svolgere ricerche per accertare l’esistenza in Italia di giacimenti petroliferi che avessero rilevanza economica. E fu a questa attività che dedicò l’ultimo anno della sua vita.
Il M. morì il 5 ott. 1934 a Firenze; era stato nominato senatore il 1° marzo di quell’anno.
Alla sua scomparsa il M. ricopriva le cariche di presidente dell’AGIP, della Società geologica italiana e del comitato geologico del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR). Era inoltre membro del Consiglio superiore delle miniere, socio nazionale della R. Accademia nazionale dei Lincei, socio ordinario dell’Accademia dei Georgofili di Firenze, dell’Accademia delle scienze di Bologna e dell’Istituto lombardo di scienze e lettere.
Una bibliografia accurata degli scritti del M. è in F. Millosevich, A. M., in La Ricerca scientifica, V (1934), vol. 2, pp. 3-10. Fra le sue opere: Studio geologico sul Montenegro sud-orientale e littoraneo, Roma 1908; L’isola di Ustica, ibid. 1912; L’isola di Stampalia, ibid. 1913; Il gruppo eruttivo di Nisiro nel mar Egeo, ibid. 1917; La questione del bracciantato agricolo nella Toscana, Firenze 1921; Il problema nazionale del petrolio, ibid. 1925; Il problema italiano del petrolio, ibid. 1932; La politica petrolifera del governo fascista, Milano 1933.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Dir. generale Istruzione superiore, Divisione prima, Fascicoli personali dei professori ordinari, II vers., Prima serie, b. 91; Annuario [della] R. Università degli studi di Roma per l’a.a. 1933-34, Roma 1934, pp. 200, 214, 217, 328; G. Checchia-Rispoli, A. M., in Annuario [della] R. Università degli studi di Roma per l’a.a. 1934-35, ibid. 1935, pp. 8, 499 s.; necr., 6 ott. 1934, in La Nazione, p. 5, Il Messaggero, p. 5, Corriere della sera, p. 7; L. Fornari, I periodici fascisti a Firenze: tendenze e contrasti del primo fascismo fiorentino (1919-1922), in Rass. stor. toscana, XVII (1971), pp. 71, 118; R. Cantagalli, Storia del fascismo fiorentino (1919-1925), Firenze 1972, ad ind.; R. De Felice, Mussolini il duce, I, Torino 1974, pp. 127, 135, 311; M. Palla, Firenze nel regime fascista (1929-1934), Firenze 1978, pp. 80, 93, 146, 238, 274; M. Pizzigallo, L’Agip degli anni ruggenti (1926-1932), Milano 1984, ad ind.; M. Missori, Gerarchie e statuti del P.N.F.: Gran Consiglio, Direttorio nazionale, federazioni provinciali, quadri e biografie, Roma 1986, pp. 40 s. e passim; M. Palla, I fascisti toscani, in Storia d’Italia (Einaudi), Le Regioni dall’Unità a oggi, La Toscana, a cura di G. Mori, Torino 1986, pp. 522-524; G. Turi, La cultura tra le due guerre, ibid., p. 560; S. Bartolozzi Batignani, La cultura economica, in Firenze nella cultura italiana del Novecento. Atti del Convegno,… 1990, a cura di P. Gori Savellini, Firenze 1993, p. 202; M. Canali, Il delitto Matteotti, Bologna 1997, pp. 291, 526, 533.