GIULIANI, Alessandro
Alessandro Nacque a Lecce il 20 sett. 1925 da Adolfo, magistrato, e da Livia Grassi, sorella del guardasigilli che firmò la costituzione della Repubblica italiana, in una famiglia nella quale sempre viva era stata la tradizione degli studi giuridici e che annoverava tra i suoi esponenti Francesco Antonio, giurista napoletano del XVIII secolo.
Conseguita la maturità classica a Lecce, si iscrisse all'Accademia di artiglieria e genio di Torino, dove seguì il corso di ingegneria, pensando evidentemente alla carriera militare e, contemporaneamente, frequentò la facoltà di scienze politiche a Pavia, dove il padre aveva esercitato la funzione di giudice.
Dopo l'8 sett. 1943, il G. raggiunse la famiglia a Tolmezzo; entrato nelle formazioni partigiane, nella brigata Garibaldi-Carnia, fu ferito e catturato. In seguito, rientrato all'Università di Pavia, cambiò facoltà, scegliendo giurisprudenza. Laureatosi nel 1947, con G. Stolfi, nel gennaio 1948 era già assistente incaricato presso la facoltà di scienze politiche di quella università, dando inizio alla sua collaborazione con B. Leoni (studioso di scienza politica), e a Pavia insegnò storia delle dottrine economiche dal 1954 al 1958.
È di quegli anni la ricca Nota bibliografica, pubblicata in appendice al saggio di Leoni, Il pensiero politico e sociale dell'Ottocento e del Novecento (in Questioni di storia contemporanea, II, a cura di E. Rota, Milano 1952, pp. 1121-1338), che testimonia una vastissima conoscenza della letteratura italiana e straniera nel campo delle scienze politiche, giuridiche e sociali.
Nel 1953 il G. si recò in Spagna, dove frequentò un corso di dottorato a Madrid, sotto la guida di A. García Gallo, ed ebbe modo di approfondire lo studio della storia del diritto spagnolo e di stabilire rapporti con studiosi di quella università, tra i quali L. Prieto Castro. Nell'ottobre 1955 sposò Rosalia Mallart Palacios, figlia di un professore dell'Università madrilena: dal loro matrimonio nacquero sei figli, Adolfo, Sandra, Sara, Stefano, Ugo, Enzo.
Nel 1959, per contrasti con Leoni, il G. lasciò sia il posto di assistente ordinario sia l'incarico universitario e, nello stesso anno, conseguì la libera docenza in filosofia del diritto. Nel gennaio 1960, passando per Bruxelles, dove incontrò C. Perelman, si trasferì nell'Università di Aberdeen, in Scozia, presso cui insegnava P. Stein, romanista e storico del diritto che egli aveva conosciuto a Pavia; qui venne poi raggiunto dalla famiglia e qui rimase per un lungo periodo, svolgendo ulteriori ricerche sulla filosofia scozzese, sul pensiero di A. Smith e sulla logica giudiziaria.
Nel 1963 ottenne l'incarico di diritto comune e, nel 1964, quello di storia del diritto italiano nella facoltà di giurisprudenza dell'Università di Pavia. Nel 1969 fu incaricato di filosofia del diritto presso la facoltà giuridica di Perugia, e nel 1970 venne nominato professore straordinario; si trasferì, quindi, a Perugia con la famiglia dove rimase stabilmente, eccettuata una breve parentesi romana presso la facoltà di giurisprudenza della Sapienza. A Perugia, fu eletto preside della facoltà (anni 1976-79), e lì ebbe anche inizio un'intensa collaborazione con N. Picardi. Trasferitosi nel 1993 a Monte del Lago, sul Trasimeno, vi trascorse gli ultimi anni di vita.
Il G. morì a Perugia il 4 ott. 1997.
La sua prima monografia, Contributi ad una nuova teoria pura del diritto (Milano 1954), aveva inaugurato una nuova collana di studi politici, diretta da Leoni. Nell'introduzione, il G. dichiara la propria fiducia in un metodo nuovo di ricerca che, allontanandosi da quello tradizionale, "universalistico e oggettivistico", si propone di non perdere di vista le azioni umane, le scelte di valore, le credenze. A sostegno di queste conclusioni, egli richiama anche le ricerche giuridiche degli studiosi di diritto romano, in particolare di R. Orestano, nonché il pensiero dei filosofi scozzesi e di Adam Smith, il cui "storicismo significa studio dell'uomo e della società" (p. 131). La "nuova teoria pura del diritto" dovrebbe avere di mira una scienza del diritto intesa come scienza pura dell'azione umana, poiché "non dobbiamo dimenticare che il diritto è una formazione pratica, frutto di collaborazione e di cooperazione, di decisioni individuali e azioni individuali, che non sono isolate, ma reciprocamente condizionate e connesse" (p. 206). In tale prospettiva, lo studio del linguaggio giuridico si orienta alla consapevolezza dei valori e dei miti che operano sui processi di formazione del diritto.
Nel 1957 il G. pubblicò Ricerche in tema di esperienza giuridica (Milano), in cui sviluppa la critica a ogni tentativo di assumere le costruzioni della dommatica come "pure" forme logiche indipendenti dall'oggetto" e non piuttosto come "concettualizzazioni legate ad un particolare oggetto di indagine", sempre condizionate storicamente (p. 181). Egli pone costantemente al centro della sua riflessione i rapporti tra scienza e storia, tra studio scientifico del diritto ed esperienza giuridica. Il G. critica da un lato il positivismo giuridico che, "partendo da premesse antifilosofiche, identificò senz'altro la dommatica giuridica con la scienza giuridica", limitando così l'oggetto della scienza giuridica "alla norma, considerata in sé come razionale", e, d'altro lato, prende le distanze da quello storicismo evoluzionista che, concependo quello storico come lo studio del costante progresso del sistema del diritto vigente, finisce del pari con l'operare una "scissione fra studio teorico e studio pratico, scientifico e storico" (p. 165).
Nel 1961, a Milano, il G. pubblicò Il concetto di prova. Contributo alla logica giuridica, che testimonia la sua crescente attenzione per i temi dell'argomentazione giuridica e del processo. Ancora una volta, muovendo critica al positivismo benthamiano, egli individua i caratteri propri della concezione "continentale" della prova, soprattutto nella diffidenza nei confronti della testimonianza, e vede nel "liberaliter disputare" il fondamento del "ragionamento probabile" e la base per un ritorno all'inserimento della prova nel quadro dell'"ars opponendi et respondendi", proprio della retorica giudiziaria. In quest'opera egli dedica poi particolare attenzione al pensiero dei giuristi italiani del Medioevo, in una prospettiva che mette a confronto le differenti culture giuridiche europee anche non continentali. Nel 1966 apparve a Pavia un ulteriore "contributo alla logica giuridica", La controversia, nella collana "Studi nelle scienze giuridiche e sociali della facoltà di giurisprudenza dell'Università di Pavia" (XXXIX, pp. 81-216), in cui, attraverso l'esame della logica di Ermogene da Tarso e di altri filosofi greci, il G. perviene a conclusioni analoghe a quelle della odierna nouvelle rhétorique: "la consapevolezza della dimensione "temporale" nei problemi dialettici non giustifica la frattura a noi familiare tra fatto e valore" (p. 128). Egli afferma inoltre, concordando con le idee di Perelman, che "il dialettico sa di non poter offrire il giusto in sé, l'utile in sé, ma se pure diffida di un sapere sistematico, di un ordinamento assoluto dei valori, il suo relativismo non lo porta allo scetticismo". Allo stesso tema sarà poi dedicata la voce Prova in generale nell'Enciclopedia del diritto (XXXVII, Milano 1988, pp. 518-579), che consente di ripercorrere le modificazioni dei sistemi di procedura giudiziaria attraverso una riflessione sui presupposti filosofici delle diverse dottrine del processo e della prova.
Di grande interesse per il diritto costituzionale è il saggio del 1974 sul tema Informazione e verità nello Stato contemporaneo (in Il diritto come ordinamento. Informazione e verità nello Stato contemporaneo, Atti del X Congresso naz. della Società ital. di filosofia giuridica e politica (Bari… 1974), Milano 1976, pp. 167-190, 243-247). Il G. vi considera i problemi dell'opinione pubblica e della comunicazione, i conflitti nascenti tra la disciplina dei mezzi di comunicazione di massa e la logica della comunicazione umana, giungendo a conclusioni che confermano la sua grande attenzione alle trasformazioni in corso. In una concezione fallibilista, non teologica, non autoritaria, della verità, diventa fondamentale il rispetto delle regole procedurali ai fini della formazione del convincimento individuale o collettivo e, quindi, di ogni tipo di comunicazione, con la conseguenza che anche la cultura giuridica deve tenere presenti i presupposti del processo dialettico di comunicazione. Egli prende in considerazione i mutamenti che si verificano con riferimento ai processi di formazione dei convincimenti collettivi e le trasformazioni che investono le concezioni dei diritti fondamentali, l'emergere di nuovi diritti e in particolare la connessione tra i problemi dell'informazione e quelli della comunicazione politica. Il concetto classico di comunità sarà oggetto anche del saggio Il problema della comunità nella filosofia del diritto (in La comunità tra cultura e scienza, I, Il concetto di comunità nelle scienze umane, a cura di G. Delle Fratte, Roma 1993, pp. 83-97), dove alla critica della dottrina althusiana della comunità organica risponde per contro l'esigenza di ristabilire un ordine comunitario fondato sulla giustizia come reciprocità in luogo di una concezione meramente distributiva e utilitaristica.
Il volume di cui fu coautore con N. Picardi su La responsabilità del giudice (Perugia 1978) rappresenta la sintesi delle ricerche, comuni ai due autori, sul processo, sull'ordinamento giudiziario e sulla posizione dei giudici nel sistema istituzionale. Si tratta di un'opera sui grandi modelli di organizzazione del potere giudiziario, sulla funzione del giudice e sulla formazione del suo convincimento, nella quale la riflessione sulle regole che disciplinano la responsabilità del giudice è sviluppata contrapponendo la concezione del giudice professionale a quella del giudice funzionario. La responsabilità del giudice è un'opera fondamentale per la comprensione di problemi centrali di diritto costituzionale relativi alla magistratura, che fornisce elementi teorici e di diritto comparato per la valutazione della materia.
Di grande rilievo teorico è il saggio che ha per tema Il modello di legislatore ragionevole (in Legislazione. Profili politici e giuridici, Atti del XVII Congresso naz. della Società ital. di filosofia giuridica e politica (Napoli… 1989), Milano 1992, pp. 13-56) in cui il G., risalendo alle radici del moderno pensiero giuridico italiano - dagli umanisti a G.B. Vico, ad A. Genovesi, a G.D. Romagnosi -, esamina le principali dottrine della legislazione nei loro rapporti con i modelli di istituzioni giudiziarie e le diverse concezioni della procedura legislativa, mettendo in evidenza le profonde connessioni fra i temi del diritto costituzionale, la teoria della conoscenza e il ragionamento dialettico. A tale lavoro si ricollega il saggio Retorica, diritto e filosofia nell'Umanesimo. La "Rhetorica" di G. Trapezunzio (in Philologica, 1994, n. 5, pp. 9-18), in cui il G. dimostra come lo studioso greco abbia svolto un ruolo centrale nella diffusione di una nuova lettura di Aristotele che tenesse conto della tradizione retorica ellenistico-bizantina, e sottolinea l'importanza di una visione della dialettica della "controversia", "intesa come raffinata procedura della decisione pratica". Tale concezione ha precisi riscontri nella disciplina del procedimento decisionale dei corpi politici, nell'ordine da seguire anche nella formazione delle deliberazioni oltre che negli schemi di argomentazione giudiziaria.
Nel 1997 pubblicò Giustizia ed ordine economico (Milano), che è una summa dei suoi studi sul pensiero aristotelico, sul mos Italicus e sui rapporti tra etica, economia e diritto, tradizione retorica e storia della cultura giuridica. In quest'opera il G. sviluppa la critica a ogni forma di oggettivismo, di scientismo e di razionalismo in economia, insistendo sulle connessioni tra moralità pubblica e ordine economico, ma ripropone soprattutto il "recupero di una morale della virtù che nel mondo classico ebbe un'importanza fondamentale nella preparazione del cittadino alla vita sociale, politica, professionale" (p. 228).
Nel saggio Le disposizioni sulla legge in generale: gli articoli da 1 a 15 (in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, I, Torino 1999, pp. 377-502) il G. offre una dottrina della legislazione che tocca tutti i punti fondamentali della teoria delle norme di riconoscimento, della dogmatica dell'abrogazione e della teoria dell'interpretazione. In particolare, egli dedica attenzione alla genesi delle diverse dottrine in tema di "fonti del diritto", ai problemi di diritto intertemporale legati alla definizione dei "diritti acquisiti" e all'evoluzione delle regole giurisprudenziali in tema di retroattività-irretroattività delle leggi. Il G. conclude il saggio riaffermando "l'unità fondamentale di tutti gli elementi di un ordinamento in quanto fonti del diritto" (p. 495) e sottolinea come il giurista che si interroghi sui problemi relativi all'identificazione delle fonti del diritto, o meglio, alle norme di riconoscimento, debba soprattutto tenere conto del fatto che ci troviamo "in un'epoca in cui nuove situazioni costituzionali, politiche, economiche hanno giustificato nel mondo occidentale l'aumento dei poteri del giudice, il quale rivendica il ruolo di interprete di valori collettivi". Da tale premessa trae la conclusione che "la categoria delle norme di riconoscimento si è venuta estendendo al punto da ricomprendere tutte le norme che sono finalizzate al momento dell'applicazione: in senso sostanziale o processuale" e che tale presa di coscienza non può non suscitare un "rinnovato interesse per le tecniche dell'argomentazione […] sulla base di un modello di razionalità critica, dialettica, giustificativa" (p. 500). Negli ultimi anni della sua vita, il G. stava completando un trattato sulla retorica giudiziaria al quale aveva atteso per lungo tempo.
La novità del metodo che guida le ricerche del G. è data in primo luogo dalla decisa presa di posizione antiformalistica e in secondo luogo dalla massima attenzione alle relazioni umane, quale elemento fondante l'esperienza giuridica, in una visione che considera l'etica degli individui come la base di ogni azione umana. Il G. non si limita a esigere una generica storicizzazione delle diverse soluzioni istituzionali, ma tende a mettere in piena luce l'impegno etico individuale, la formazione morale, culturale degli uomini che operano nel campo del diritto, che svolgono la loro azione nelle diverse comunità umane. Un'altra caratteristica del suo pensiero è la particolare e rara attenzione ai singoli temi del diritto vigente, agli sviluppi della prassi giurisprudenziale nei settori di disciplina giuridica di cui si occupò, pur senza trascurare il riferimento alle coordinate storiche e teoriche nel cui ambito si erano sviluppate le diverse esperienze.
Alla base della sua costruzione dell'esperienza giuridica vi è la consapevolezza che il fenomeno giuridico si sviluppa secondo logiche che non sono dissociabili dal livello di conoscenza e di moralità di una certa epoca, donde la necessità di uno studio delle singole discipline giuridiche che non si sviluppi seguendo logiche che tendano a esasperare la specializzazione, ma secondo scelte di metodo che pongano in primo piano la riflessione teorica, lo studio della storia del diritto e la comparazione giuridica. La nuova scienza pura del diritto è per il G. teoria delle fonti del diritto, non nel significato che il positivismo giuridico ha dato a tale espressione, ma nel senso molto più intenso di una scienza che ricostruisca il significato storico e teorico dell'opera di chi "col suo lavoro organizza l'esperienza giuridica per finalità pratiche", per risalire agli "aspetti comuni alle varie esperienze" (Ricerche in tema di esperienza giuridica, p. 199).
In particolare, a proposito dell'apporto del G. alla comparazione giuridica, va sottolineato come il suo studio di differenti esperienze giuridiche lo porti a mettere in evidenza i presupposti teorici dei diversi modelli istituzionali, risalendo alla formazione dei dogmi giuridici e storicizzando l'indagine sui metodi impiegati dai giuristi. L'unità del pensiero del G. supera le tradizionali linee di confine tra discipline giuridiche e la sua critica del formalismo giuridico rivela le profonde relazioni tra il pensiero etico e quello giuridico. Egli riafferma la centralità della teoria dell'argomentazione, nel continuo farsi del diritto attraverso un processo dialettico che investe soprattutto la prassi. Un altro punto fondamentale della riflessione del G. sull'esperienza giuridica e sulla comparazione è rappresentato dall'attenzione al linguaggio giuridico, al ruolo del mito e della metafora nell'esperienza giuridica e nella formazione delle rappresentazioni sistematiche del diritto.
Il G., inoltre, non si limita a prospettare una visione critica in negativo del dogmatismo formalistico, né a riproporre una nuova concezione istituzionalistica o realistica del fenomeno giuridico, ma insiste soprattutto nel considerare l'esperienza giuridica come esclusivo oggetto e fondamento della scienza del diritto. L'inscindibile intreccio tra tecnica e scienza del diritto costituisce una delle direttive presenti nel pensiero del G., che, profondamente convinto della impossibilità di separare il livello teorico della ricerca dalla prassi, dall'applicazione del diritto, non perde mai di vista l'esperienza concreta, quella di chi è impegnato sul fronte dell'applicazione delle regole, della dialettica quotidiana delle istituzioni.
Da ricordare ancora che il G., insieme con Picardi, promosse le collane "Dialettica, diritto e processo", "Ricerche sul processo", "Testi e documenti per la storia del processo", nonché una serie di seminari internazionali intitolati all'educazione giuridica, tenuti presso l'Università di Perugia.
Fonti e Bibl.: Per una bibliografia completa delle opere del G., si rimanda alla Bibliografia di A. G., curata da N. Picardi - A.O. Comez - F. Treggiari, in Per A. G., a cura di F. Treggiari, Perugia 1999, pp. 123-139 (nel quale si segnalano gli scritti: G. Crifò, La forza di un insegnamento, pp. 55-64; L. Gianformaggio, Elogio di un filosofo continentale pronunciato da una analitica, pp. 65-72; P. Stein, L'opera di Sandro G. vista dalla prospettiva di uno spettatore parziale, pp. 105-110; N. Picardi, A. G.: in memoriam. L'uomo, il cittadino, il maestro, pp. 115-122). Si vedano, inoltre: L. Recasens Siches, Panorama del pensamiento jurídico en el siglo XX, I, Mexico 1963, pp. 289, 1003-1005, e F. Spantigati, A. G., nostro amico: giustizia ed ordine economico, in Diritto romano attuale, 1999, n. 2, p. 229.