Alessandro Galante Garrone
Per Federico Chabod, Alessandro Galante Garrone (Vercelli 1909-Torino 2003) fu un discepolo spirituale di Adolfo Omodeo: una definizione pertinente, che mette in evidenza l’affinità tra i due intellettuali e le differenze di Galante Garrone dal suo ‘maggiore’. In comune essi ebbero l’interesse per il 19° secolo. Ma Omodeo aveva sottolineato, come Benedetto Croce, la distinzione tra movimenti e istituzioni per affermare che un movimento il quale non sappia farsi istituzione è solo l’aspirazione del machiavelliano profeta disarmato. Galante Garrone, al contrario, nella sua opera rese autonomi quei due termini, pur condividendo la visione etico-politica della storia. Non minore fu la sua divergenza dal liberalismo di Omodeo, per il quale la democrazia e i moderni partiti furono ragione di inquieta indagine, mentre per Galante Garrone tale processo determinò le coordinate della vita civile dell’Italia repubblicana.
Formatosi sotto il fascismo nella Torino antifascista, Galante Garrone storico appartiene alla seconda metà del Novecento. Si formò allora la sua coscienza morale e civile, che ne ispirò l’opera di magistrato e la voce di intellettuale, nonché la sua vocazione di storico. Il problema che egli sempre tenne presente fu quello delle ragioni dell’Unità d’Italia e lo studio delle forme che quel processo poi prese. Il suo lavoro storico fu profondamente segnato dall’amicizia con Franco Venturi: in comune essi ebbero l’attenzione critica al documento e alla pluralità delle fonti, la volontà di fare una storia politica delle idee, la consapevolezza della necessità di una visione cosmopolita dei movimenti europei.
Il doppio cognome di Galante Garrone è testimonianza del sacrificio della sua famiglia nella Prima guerra mondiale: poiché i suoi zii materni, Giuseppe ed Eugenio Garrone, alpini volontari, erano morti sul Grappa nel 1917 ed erano stati insigniti della medaglia d’oro, a lui e ai suoi fratelli fu permesso per decreto reale di unire al cognome del padre, il latinista Luigi Galante, quello della madre, Margherita Garrone.
Laureatosi nel 1931 a Torino in storia del diritto italiano, relatore Gioele Solari, con la tesi Il problema costituzionale nei moti rivoluzionari italiani del 1831 (a cui aggiunse in appendice un opuscolo del giacobino Filippo Buonarroti) affrontò quelli che sarebbero stati i suoi temi storiografici: le origini dello Stato italiano, il liberalismo francese, la tradizione democratica.
Nel 1933 si avviò alla carriera di magistrato (negli anni del fascismo cercò di recuperare modi giurisdizionali di salvaguardia delle libertà individuali), che concluse nel 1966, con il grado di consigliere di Corte d’appello. Fu anche professore universitario, e insegnò, prima a Cagliari e poi a Torino, storia moderna, storia del Risorgimento e storia contemporanea.
Nel 1942 iniziò a collaborare con il Partito d’azione, ispirato dall’idea di libertà liberatrice di Omodeo, secondo la quale la riconquista della libertà significava per il cittadino partecipare alla vita pubblica. L’avvento della Repubblica, in lui come in tutti i suoi compagni, suscitò un convinto entusiasmo, rapidamente spento dalla delusione: il movimento non era riuscito a farsi anima delle istituzioni.
La passione politica lo spinse a cercare una più profonda visione della realtà attraverso la scoperta di nuovi problemi storici e di nuove ricerche, maturate nel largo e cosmopolita fermento del dopoguerra. Ebbe sempre presente la necessità del confronto leale e approfondito con le diverse correnti storiografiche europee, fu attento a rintracciare il legame tra vita politica e impostazione storica, mentre il suo senso critico e la sua eccezionale accuratezza filologica rivelavano, oltre alla padronanza del mestiere, l’esigenza morale di rigorosa ricerca della verità.
La sua produzione è stata varia e molteplice; ma, come Delio Cantimori con gli Eretici italiani del Cinquecento (1939), egli è stato per così dire l’autore di un solo libro, Filippo Buonarroti e i rivoluzionari dell’Ottocento, 1828-1837 (1951, 19722). Attraverso la vita, le lotte, i contrasti di Buonarroti, Galante Garrone raggiunse una prospettiva che gli permise poi di intendere l’Ottocento nella sua complessa latitudine ideale, nelle sue radici settecentesche, nelle sue vicende europee e italiane, nei suoi esiti novecenteschi.