CAVALLANTI, Alessandro
Nacque il 1ºgenn. 1879 a Sargnano (Crema) da Giuseppe e Bernardina Crotti. Non gli si riconoscono studi particolari all'infuori di quelli ecclesiastici compiuti nel locale seminario diocesano. Nel quale, in quel periodo, dominava una duplice caratterizzazione conforme agli orientamenti che allora in generale vigevano nei seminari sotto il pontificato leoniano: l'insegnamento filosofico rigidamente scolastico rappresentato a Crema dall'intransigente albertariano e tomista mons. Andrea Cappellazzi, e una vaga ansia populista secondo il sociologismo del Toniolo preferito alla corrente murriana.
Va certamente ascritto a questo tipo di formazione angusta e dogmatica quell'integralismo destinato a permanere negli scritti e nell'attività del C. (che S. Minocchi accuserà di "sottocultura"); cui poi deve aggiungersi un particolare temperamento piuttosto passionale, non privo di ambizioni e frustrazioni. Tutti elementi che compaiono l'indomani della sua ordinazione sacerdotale (maggio 1902)in alcuni scritti giovanili, altrettanto superficiali quanto intransigenti, inviati ad una catena di settimanali diocesani dal paese di Capralba dove il vescovo lo aveva destinato quale coadiutore a quel parroco. Niente di più inesatto quindi attribuirgli trascorsi murriani; accusa rinfacciatagli in seguito dai suoi avversari venuti a conoscenza - certamente attraverso Murri - di un breve scritto inviato quand'era seminarista alla Cultura sociale in difesa del potere temporale e perciò non pubblicato.
In realtà, fin da principio, il pensiero del C. è stato sempre improntato ad un rigoroso intransigentismo non corroborato da letture. Come, del resto, comprovano quei primi articoli composti a Capralba nei quali vengono difese con molto zelo e acriticamente le direttive ufficiali dell'autorità ecclesiastica riguardo il movimento cattolico laicale, concepito sotto la diretta dipendenza dei vescovi anche in materia politica. E ciò in un momento che vedeva profilarsi l'autonomismo murriano per quanto riguardava scelte non strettamente di fede; tendenza quest'ultima in contrasto con lo spirito clericale dell'Opera dei congressi e quindi condannata dal neoeletto Pio X.
Tale orientamento, in perfetta assonanza con la mentalità curiale, lo accreditava poi come corrispondente dell'Unitàcattolica (il quotidiano fiorentino intransigente) al congresso cattolico di Bologna (novembre 1903). In tal modo il C., attraverso questo primo incarico giornalistico di rilievo, si faceva conoscere nell'ambito della pubblicistica "refrattaria" come uno dei più zelanti sostenitori della restaurazione di Pio X. Di qui l'iniziativa, forse dettatagli dai consigli di qualche amico, di riunire in un volumetto i suoi articoli di difesa del non expedit, del potere temporale, delle norme restrittive di papa Pio X (Conclusioni di polemiche recenti fra cattolici italiani, Siena 1904) che poi riceverà l'elogio dei gesuiti di Civiltà cattolica (18giugno) allora più che mai autorevole. Elogio ripetuto l'anno dopo (19 agosto) all'uscita del secondo libretto: L'ordinamento professionale. Criteri e tattiche (Siena 1905). Il C. veniva presentato come "uno di quei giovani sacerdoti che, animati da zelo illuminato per la causa della Chiesa e per il vero bene del popolo, volgono i propri studi ai problemi pratici". E di lì a poco, al profilarsi della repressione vaticana contro il revivalismo riformistico cattolico, il C. pubblicava un terzo volumetto formato in gran parte da articoli comparsi su Armonie della fede - il periodico integralista di De Töth che Sabatier definiva una "mélange de bétise et de délation" - col titolo Modernismo e modernisti (Brescia1906) con prefazione dell'integralista genovese Domenico Buffa, tradotto in spagnolo e ristampato due anni dopo.
La linea rigidamente ortodossa secondo la concezione curiale, la spregiudicatezza delle denunce, l'avallo dei padri gesuiti lo inserivano stabilmente nella redazione dell'Unità cattolica di Firenze, in mano allora al fanatico don Paolo De Töth dopo la giubilazione del vecchio direttore Mastracchi e il passaggio di proprietà del giornale dagli eredi Margotti all'episcopato toscano. Il vescovo di Crema, che in un primo tempo s'era opposto ritenendolo "troppo giovane" per quell'incarico, finiva per accondiscendere dietro le pressioni di gerarchie superiori.
Dal marzo 1908, data della sua assunzione come redattore, il pensiero e l'attività del C. si identificavano col quotidiano integralista fiorentino nella battaglia antimodernista condotta con spietata crudezza e talvolta perfino con mezzi moralmente discutibili, non senza l'incoraggiamento e le benedizioni di alte sfere vaticane con cui il C. non tardava a intrecciare segreti legami che gli permettevano di disattendere perfino richiami di qualche esponente dell'episcopato toscano (Maffi e Mistrangelo). Anzi riusciva a eliminare il suo collega De Töth (agosto 1909) divenendo direttore unico e incontrastato del quotidiano fiorentino. Sul quale l'ex cappellano di Capralba redigeva quotidianamente una rubrica anonima, "Note e appunti", che poi era una denuncia di presunte deviazioni dottrinali non sempre responsabilmente controllate, mentre la domenica firmava con lo pseudonimo "Alca" un'altra rubrica intitolata "A zonzo" di polemica personalistica che spesso rasentava la calunnia e il pettegolezzo. C'è da aggiungere che la documentazione finora emersa permette di attribuire non poche di queste denunce ad ambienti curiali e vaticani che si servivano del giornale fiorentino e della spregiudicatezza del suo direttore per anticipare le condanne del S. Uffizio. Comunque lo zelo sanfedista del C. nonchiedeva di meglio per "snidare il nemico dai suoi nascondigli". Coniava perfino i neologismi "modernizzantismo" e "semimodernismo" che in quella temperie di caccia alle streghe indicavano le più innocue espressioni teoriche e pratiche come forme di eresia. Spiegava poi che con quei termini riduttivi intendeva colpire "un ordine di idee e di tendenze che non sono il modernisino classico, ma che a questo conducono o sono parte di questo o manifestazioni erronee, certo fatali nella pratica del cattolicismo".
Sostanzialmente l'ideologia cui si improntavano le superficiali trattazioni e polemiche del C. era il più radicale ultramontanesimo. Si sviluppava in genere su quattro linee convergenti: critica inflessibile al liberalismo, al socialismo, alla democrazia, al protestantesimo e alla massoneria con aspre venature antisemite; strenua difesa del potere temporale del papa e processo al Risorgimento unitario; continuo riferimento al tomismo come all'unica filosofia accettabile contro il rosminianesimo e il kantismo; sviluppo e divulgazione d'un sociologismo cattolico improntato all'interclassismo e al paternalismo teocratico con relativa condanna d'ogni forma associativa interconfessionale. Naturalmente era assente ogni analisi della società che si continuava a considerare statica e gerarchicizzata secondo un ordine medievale e un'economia di sussistenza. Il modello restava quello ruralistico e arcaico che trovava il suo strumento organizzativo nell'azione cattolica guidata esclusivamente dalla gerarchia ecclesiastica. La sola virtù cristiana era l'obbedienza passiva. Cui poi corrispondeva sul piano culturale il rifiuto di qualsiasi animazione dialettica.
Al C. venivano rinfacciati dai suoi avversari modernisti spaventosi vuoti di informazione scientifica che facevano, del suo giornale "un foglio mormone". Basti dire ch'egli definiva Benedetto Croce "un filosofo positivista",e che riteneva Blondel un sacerdote. Egli stesso era costretto a confessare in un confronto diretto con le parti interessate che aveva attaccato come modernisti libri e riviste mai letti. Non senza motivo quindi Jean Rivière poteva scrivere che di molti pensatori francesi condannati dall'Unità cattolica il direttore conosceva appena il nome.
Eppure Vaticano ed episcopato non mancavano di gratificarlo con le più ampie lodi. Pio X lo riceveva in udienza lodandolo. Il vescovo di Arezzo, mons. Volpi, ne esaltava "la saldezza dei principii",la "costanza nel sostenerli",lo "zelo con cui li diffonde". Dai documenti recentemente pubblicati risulta che il C. - "l'uomo di Chiaudano" secondo U. Benigni - era molto legato ai cardinali De Lai e Gennari, al segretario particolare del papa mons. Bressan, ai gesuiti G. Mattiussi, T. Bottagisio, C. Bricarelli, ecc. Si spiega in tal modo l'esaltante necrologio comparso su Civiltà cattolica (LXVIII [1917], vol. 3, p. 370).
Al direttore dell'Unitàcattolica si deve anche un ruolo manageriale nell'organizzazione della stampa antimodernista, analogamente a quello molto più efficiente di mons. Benigni sul piano internazionale. Fra l'altro era corrispondente dell'olandese Maasbode e della francese Critique du liberalisme di Barbier. Attorno al suo giornale aveva costituito una rete di informatori nelle varie diocesi che però non sempre si rivelavano informati e soprattutto culturalmente preparati. Collateralmente animava due iniziative pubblicistiche di divulgazione antimodernista: la rivista mensile Sentinella antimodernista (gennaio 1912-febbraio 1913) e una collana di opuscoli. Tra questi da segnalare: Letteratura modernista. Fatti e persone (Siena 1910); Veicoli del modernismo in Italia. Giornali e riviste (ibid. 1910); Fogazzaro nei suoi scritti e nella suapropaganda (Firenze 1911); Giornali papali e giornalimodernizzanti (ibid. 1911); P. Semeria e p. Coletti. Aproposito di una recente controversia (ibid. 1912); I problemidella pubblica moralità (ibid. 1914); ecc.
Le vittime più illustri della polemica del C. sono state Semeria, Murri, Minocchi, Buonaiuti, Ghignoni, Delehaye, Duchesne, Piovano, ecc. L'ultima sua battaglia, che poi coincideva con quella dell'antimodernismo, era quella contro il sindacalismo interconfessionale e lo scoutismo. Con l'elezione di Benedetto XV, succeduto a Pio X (1914), cessava anche la fortuna del Cavallanti. Scoppiata la guerra, egli chiedeva di essere iscritto fra gli assistenti infermieri del Comitato fiorentino di soccorso per sfuggire alla mobilitazione obbligatoria. Non essendo stato accolto, si faceva nominare cappellano della R. Marina di stanza a La Spezia. Ma da qui il cappellano capo mons. Ragnini, in seguito ad articoli filoaustriacanti che il C. continuava a inviare all'Unitàcattolica, lo faceva trasferire altrove. Senonché, in un incidente ferroviario a Serravalle Scrivia, mentre si recava in licenza prima del trasferimento, trovava la morte il 7 ag. 1917.
Fonti e Bibl.: J. M. Vidal, Le mouvement religieux en Italie, in Revue du clergé francais, LVII(1909), pp. 62-70; E. Vercesi, P. Semeria servo degli orfani, Amatrice 1932, p. 175; C. Marcora, Alcuni docum. sulla nascita e diffic. di vita del giornale "L'Unione", in Mem. stor. d. Diocesi di Milano, XV (1968), pp. 320-23, 343; E. Poulat, Intégrisme et catholic. intégral, Tournai 1969, pp. 434-37; P. Scoppola, Crisi modernista e rinnovamento cattol. in Italia, Bologna 1969, ad vocem; P. L.Ballini, Il movimento cattolico in Toscana, Roma 1970, pp. 95 s.; L.Bedeschi, Lineamenti dell'antimodernismo. La querela Meda-Unità Cattolica... in Nuova Riv. stor., LIV(1970), pp. 125-176; Id., Nuovi docum. per la storia del modernismo. De Töth e C. alla direzione della "Unità Cattolica", ibid., LV(1971), pp. 90-132; Id., Metodi antimodern. ital. in Riv. di storia e lett. relig., VII(1971), pp. 278-298.