PETROVIC, Aleksandar
Petrović, Aleksandar (detto Saša)
Regista e critico cinematografico serbo, nato a Parigi il 14 gennaio 1929 e morto ivi il 20 agosto 1994. Insieme a Živojin Pavlović, Dušan Makavejev, Marko Babac, Kokan Rakonjac, Jože Pogačnik e altri, fu l'iniziatore della 'nuova ondata' iugoslava degli anni Sessanta (v. Iugoslavia). Subito amato dal pubblico in patria, raggiunse in seguito la fama internazionale con Skupljači perja (1967; Ho incontrato anche zingari felici), che vinse il Premio speciale della giuria e il Premio Fipresci della critica internazionale al Festival di Cannes.
Studiò dapprima filosofia e storia dell'arte a Belgrado e poi (1947-48) seguì i corsi di cinema della FAMU (Facoltà di cinema dell'Accademia delle Muse) di Praga. Tornato in Iugoslavia, esordì nella critica cinematografica scrivendo anche saggi teorici. Intorno alla metà degli anni Cinquanta realizzò i primi cortometraggi tra i quali si segnala, per l'originale taglio documentaristico, Let nad močvarom (1957, Volo sulla palude). Approdato al lungometraggio con Dvoje (1961, Due), delicato racconto intimista dove si colgono influenze del cinema italiano, con Dani (1963, Giorni), probabilmente il primo film iugoslavo sulla solitudine della donna d'oggi, approfondì il suo cinema esistenzialista avvicinandolo sempre più alle poetiche europee. E anche quando affrontò il tema del secondo conflitto mondiale in Tri (1965, Tre), storia di un uomo che sfugge tre volte alla morte, si mostrò interessato più ai risvolti psicologici che a quelli storici, sottolineati da un racconto ellittico e da una regia da film d'azione. Nel 1967 apparve il premiato Skupljači perja, primo film non oleografico dell'Europa orientale sulla vita degli zigani. Dietro la storia del protagonista Bora Petrović (Bekim Fehmiu), tra sbornie, amori impossibili, sangue, zuffe e miseria, P., prima di Boro Drašković ed Emir Kusturica, seppe svelare al mondo una Iugoslavia folle e assurda, nonché povera (il villaggio di Sombor e la Voivodina) e annegata nel fango tutto l'anno. Un affresco di inedita forza etnologica, calibrato in ogni minima svolta drammatica e psicologica, grazie al suo singolare montaggio ellittico unito a secche soluzioni documentaristiche. In Biće skoro propast sveta (1968, Presto ci sarà la fine del mondo) P. continuò lo scavo antropologico, accentuando il suo pessimismo ma perdendo in originalità.Nel 1972, quando le repressioni delle manifestazioni studentesche di Zagabria e Belgrado dell'anno precedente erano ancora vive nel ricordo, P. realizzò Majstor i Margarita (Il Maestro e Margherita), una coproduzione italiana con Ugo Tognazzi, dove il tema della censura, presente nel romanzo di M.A. Bulgakov, viene accentuato anche attraverso un finale sospeso, in cui l'internamento psichiatrico può apparire reale oppure frutto dell'immaginazione del Maestro. Il film, ritenuto dalla critica un'opera anti-regime, venne bloccato per vent'anni. L'anno dopo P., docente all'Accademia del cinema di Belgrado, fu rimosso dall'incarico per aver autorizzato il film di diploma di Lazar Stojanović, Plastični Isus (Gesù di plastica, realizzato nel 1972, ma uscito solo nel 1990), giudicato offensivo: rimasto senza lavoro, P. fu costretto a emigrare. Nel 1977 diresse, in coproduzione franco-tedesca, il deludente Gruppenbild mit Dame, con Romy Schneider, da H. Böll. Tornò alla regia nel 1989 con La guerre la plus glorieuse, film interrotto per motivi finanziari e poi ripreso con il titolo Seobe (Migrazioni), tratto dal romanzo di M. Crnjanski, che sarebbe però rimasto incompiuto.
D. Kosanović, R. Munitić, Le cinéma yougoslave, sous la direction de Z. Tasić, J.-L. Passek, Centre Georges Pompidou, Paris 1986; Alpe Adria Cinema. Incontri con il cinema dell'Europa centro-orientale, IX edizione, dicembre 1997-gennaio 1998, Trieste 1998.