OVIGLIO, Aldo
OVIGLIO, Aldo. – Nacque a Rimini il 7 dicembre 1873 da Francesco e da Ida Malvolti.
Compì gli studi liceali a Pesaro e poi a Rovigo, dove la famiglia si era nel frattempo trasferita. Si iscrisse quindi all’Università di Padova e dal 1892 a quella di Bologna, dove si laureò in giurisprudenza. Stabilitosi nella città emiliana, vi intraprese una brillante carriera di avvocato penalista. Fu coniugato con Ida Marzolini.
Fin da giovanissimo si dedicò all’attività politica e giornalistica, militando nelle file del Partito radicale. A Rovigo fu tra i collaboratori del giornale democratico L’Adigetto, che ingaggiò frequenti polemiche con il Corriere del Polesine, foglio di orientamento conservatore diretto da Alberto Bergamini; una di queste dette luogo persino a un duello fra Oviglio e Bergamini, che si svolse il 7 dicembre 1894. Fu poi tra i fondatori del Giornale del mattino, il cui primo numero apparve a Bologna l’11 dicembre 1910 e dette voce alle istanze dei partiti di sinistra, tentando di rilanciare il progetto di un blocco popolare contro le forze clerico-moderate.
Era questo, fra l’altro, il disegno politico sostenuto a livello locale e nazionale dal Grande Oriente d’Italia, l’obbedienza massonica di cui Oviglio entrò a far parte nel settembre 1909. Iniziato nella loggia ‘Ça ira’ di Bologna, appena un mese dopo, nell’ottobre 1909, venne elevato al terzo grado, quello di maestro, con una procedura accelerata che l’istituzione liberomuratoria riservava in genere solo a personaggi di particolare riguardo.
Il progetto di un’alleanza fra democratici e socialisti fu però messo a dura prova già sul finire del 1911, quando lo scoppio della guerra di Libia fece emergere opinioni assai diverse fra i redattori del giornale e vide Oviglio attestarsi su posizioni inizialmente anticolonialiste. Si sfaldò del tutto nel 1914, allorché il foglio bolognese, divenuto ormai il portavoce dei radicali, sposò la causa dell’intervento in guerra contro l’Austria e attaccò apertamente i socialisti. Nel frattempo Oviglio, che l’8 agosto 1910 era stato eletto consigliere provinciale di Bologna (carica ricoperta fino al 14 dicembre 1913), aveva presentato la sua candidatura alle elezioni politiche del 1913 nel collegio di Vergato, ma con esito negativo.
Durante la guerra, nella quale perse la vita suo figlio Galeazzo, Oviglio si avvicinò gradualmente ai gruppi nazionalisti. Nell’ottobre 1920 aderì al comitato elettorale ‘Pace, libertà, lavoro’, costituito a Bologna da esponenti del conservatorismo liberale, del radicalismo antisocialista e del combattentismo moderato. Nelle sue file, il 31 ottobre 1920, fu eletto sia nel Consiglio comunale sia in quello provinciale. Fu perciò presente, il 21 novembre 1920, quando i fascisti assaltarono palazzo D’Accursio, sede del governo cittadino. L’azione squadrista diede vita a scontri durissimi che provocarono la morte del consigliere della minoranza Giulio Giordani e di dieci socialisti e sortì l’effetto di compattare una parte della borghesia bolognese su posizioni antisocialiste non troppo distanti da quelle della destra reazionaria. Quel giorno stesso Oviglio si iscrisse al fascio di Bologna, che nel maggio 1921 lo presentò come suo candidato alle elezioni politiche nella lista del Blocco nazionale. Con 23.981 preferenze risultò il più votato del Blocco a Bologna, dove riuscì a sopravanzare personaggi come Mussolini, Leandro Arpinati e Dino Grandi, e venne eletto deputato.
Cominciò per lui una fase di grande impegno e di rapida ascesa all’interno del movimento fascista, nel quale peraltro si mosse da subito con una certa autonomia nei confronti sia di Mussolini sia degli altri gerarchi, rappresentando l’ala più moderata e legalitaria. Era «convinto che le camicie nere costituissero solo un movimento di reazione al massimalismo e uno strumento di ‘ringiovanimento’ della democrazia radicale, da cui proveniva» (Nello, 2003, p. 41). Era insomma un «fascista di maniera», come lo definì il prefetto di Bologna, «graditissimo ai fiancheggiatori e agli stessi popolari» (ibid.). Nondimeno Mussolini mostrò di tenerlo in grande considerazione e all’indomani della marcia su Roma lo volle nel suo primo governo, nel quale gli affidò il dicastero della Giustizia, che Oviglio resse fino al 5 gennaio 1925.
Nella sua attività di ministro si segnalò per alcuni interventi di riorganizzazione e di razionalizzazione della macchina amministrativa, quali l’istituzione della Cassazione unica, la soppressione di alcuni tribunali, corti d’appello e preture, la riforma dell’ordinamento giudiziario e in particolare delle norme che disciplinavano la carriera dei giudici, l’avvio della riforma dei codici. Nel dicembre 1922 promosse l’amnistia per i reati commessi nell’interesse del fascismo, in virtù della quale furono rimessi in libertà gli squadristi condannati per le violenze e i fatti delittuosi degli anni precedenti.
Caporale d’onore della milizia dal marzo 1923, membro del Gran consiglio del fascismo dall’aprile 1923 al dicembre 1924, presidente del Consiglio provinciale di Bologna dal marzo 1923 all’ottobre 1928, Oviglio fu riconfermato deputato nelle elezioni del 1924. Durante la crisi seguita all’assassinio di Giacomo Matteotti assunse però un atteggiamento sempre più critico verso Mussolini finché, dopo il discorso del 3 gennaio 1925, rassegnò le dimissioni da ministro. Nell’agosto seguente, dopo essersi pronunciato alla Camera contro una proposta governativa che avrebbe minato l’indipendenza della magistratura (a cui si volevano applicare le nuove norme sulla dispensa dal servizio dei pubblici funzionari), venne addirittura espulso dal Partito nazionale fascista (PNF).
Lo indebolì anche la sua appartenenza alla massoneria, dichiarata incompatibile con l’iscrizione al PNF fin dal febbraio 1923 e fatta oggetto allora di una campagna persecutoria che culminò nella legge del novembre 1925, con cui venne decretato lo scioglimento di tutte le istituzioni liberomuratorie italiane.
Fu riammesso nel PNF nell’agosto 1928 e nominato senatore il 24 gennaio 1929. Trascorse gli ultimi anni di vita in posizione relativamente appartata. Al Senato fu membro della commissione parlamentare per il parere sul progetto dell’ordinamento giudiziario dal dicembre 1932 e della commissione degli affari interni e della giustizia dall’aprile 1939 fino alla morte.
Morì il 19 agosto 1942 nella sua villa di Ronerio nei pressi di Bologna.
Opere: Fra gli scritti e discorsi di Oviglio si vedano: Sulla politica interna. Discorso pronunziato alla Camera dei Deputati nella tornata del 2 dicembre 1921, Roma 1921; Interpellanza al Ministro degli Interni intorno ai criteri di governo e di polizia adottati nella provincia di Bologna ed alle agitazioni popolari che ne seguirono. Tornate del 12 e 17 giugno, ibid. 1922; Raccolta degli atti legislativi per le nuove provincie (gennaio - aprile 1923), con la relazione sulla riforma dei codici di S.E. l’on. A. O., Trieste 1923; Sul bilancio della giustizia (esercizio finanziario 1924-1925). Discorso del Ministro della Giustizia e degli Affari di culto A. O. pronunciato alla Camera dei Deputati nella tornata del 17 dicembre 1924, Roma 1924; L’opera del governo nazionale nel Ministero della Giustizia e degli Affari di culto. Discorso pronunziato a Bologna il 30 marzo 1924, ibid. 1925; Prefazione ad A. Oriani, Sì, Bologna 1927.
Fonti e Bibl.: A. Aquarone, L’organizzazione dello Stato totalitario, Torino 1965, pp. 12, 25, 50, 73, 281; R. De Felice, Mussolini il fascista, I, La conquista del potere, 1921-1925, Torino 1966, ad ind.; II, L’organizzazione dello Stato fascista, ibid. 1968, pp. 47, 57, 106; A. Lyttelton, La conquista del potere. Il fascismo dal 1919 al 1929, Roma-Bari 1982 (I ed. 1973), pp. 387, 423, 429; P.P. D’Attorre, La politica, in R. Zangheri, Bologna, Roma-Bari 1986, pp. 114, 131, 137, 141, 144; A.A. Mola, Storia della Massoneria italiana dalle origini ai nostri giorni, Milano 1992, pp. 500, 524, 554; S. Lupo, Il fascismo. La politica in un regime totalitario, Roma 2000, pp. 117, 127, 151, 183; P. Nello, Dino Grandi, Bologna 2003, pp. 40-43, 49, 76, 262, 273, 276; F. Conti, Storia della massoneria italiana. Dal Risorgimento al fascismo, Bologna 2003, p. 291; Id., A. O., in Il Parlamento italiano. Storia parlamentare e politica dell’Italia, 1861-1988, XI, Milano 1990, p. 250; Repertorio biografico dei Senatori dell’Italia fascista, a cura di E. Gentile - E. Campochiaro, IV, Napoli 2004, pp. 1759 s.; B. Dalla Casa, Leandro Arpinati. Un fascista anomalo, Bologna 2013, ad indicem.