Città della Francia meridionale, capoluogo del dipartimento del Tarn.
Dal sec. 11° al 13° fu il focolaio principale del movimento eretico degli albigesi, seguaci dell’eresia catara (➔ catari). Nel contrastarlo, diedero scarsi risultati sia le missioni di s. Bernardo (1145) e di Alberico vescovo di Ostia contro Enrico di Losanna, sia i concili. Il moto raggiunse la massima estensione verso la fine del sec. 12° e, aggravando la scissione tra Francia e Provenza, preoccupò anche la monarchia francese. Risultate inefficaci l’azione dei legati pontifici Pietro di Castelnau (ucciso nel 1208) e Rodolfo, e la predicazione di Diego vescovo di Osma e di s. Domenico di Guzmán (1203), Innocenzo III fece predicare la crociata, rivolgendo appelli al re Filippo II Augusto e scomunicando Raimondo VI conte di Tolosa. Dopo un ulteriore appello, la nobiltà francese si raccolse intorno ad Arnaldo di Citeaux espugnando Béziers (i cui abitanti furono sterminati), Narbona e Carcassona; poi intorno a Simone di Montfort. Raimondo VI ottenne l’appoggio di Pietro d’Aragona, ma fu sconfitto a Muret (1213) e costretto a cedere parte delle sue terre a Simone. Nel 4° concilio lateranense (1215) Innocenzo III cercò di conciliare le pretese di Raimondo VI (la cui potenza rimase di fatto intatta) e quelle di Simone di Montfort, cui riconobbe il possesso dei feudi conquistati. Morto quest’ultimo all’assedio di Tolosa (1218), Luigi VIII occupò tutto il territorio degli albigesi, che però insorsero alla sua morte (1226). La guerra durò fino al 1228 quando Raimondo VII con il trattato di Meaux (1229) cedette alla Francia la Bassa Linguadoca e consentì al matrimonio di sua figlia Giovanna con Alfonso di Poitiers, figlio di Luigi VIII, primo passo verso l’unione di Linguadoca e Francia. Gli albigesi, dopo alcuni tentativi di rivolta (1240-42, 1245), in parte emigrarono e in parte passarono al cattolicesimo, diminuendo sempre più di numero e segnando così la fine della civiltà occitanica.