MUSSATO, Albertino
MUSSATO, Albertino. – Nacque a Padova nel 1261, al tempo della vendemmia, come è annotato nel De celebratione sue diei nativitatis fienda vel non (l’opinione secondo cui sarebbe nato nel 1262 a Montaone, l’attuale San Daniele d’Abano, pure se accolta da qualche studioso, non sembra fondata).
L’identità del padre non è certa: nei documenti rogati in qualità di notaio Mussato si sottoscriveva «Albertinus dictus Muxatus filius Iohannis Cavalarii», ma una lunga tradizione – che risale al De generatione aliquorum civium urbis Padue composto prima del 1346 dal giudice padovano Giovanni da Nono – vorrebbe che suo padre fosse stato Viviano Musso.
La biografia comincia a essere ricca di particolari dopo il 1300, quando assunse un ruolo di rilievo nelle vicende padovane, e più ancora dopo il 1311, momento in cui prese a consegnare la versione del suo ruolo pubblico alle opere storiografiche e poetiche che stava componendo e nelle quali i riferimenti autobiografici hanno un certo rilievo. Per il periodo precedente, invece, sono noti solo pochi fatti che lo riguardano, alcuni dei quali riportati dal De celebratione, un testo da utilizzare con cautela perché presenta elevate ambizioni letterarie e frequenti rimandi dotti, ma al quale è stato affidato un messaggio ben chiaro (l’autore rimpiange gli anni della sua giovinezza gravati solo dalla povertà, mettendoli a confronto con quelli dell’età matura in cui tutto l’impegno che aveva profuso per compiere l’ascesa sociale sembra avergli reso solo amarezze). In quella sede ha raccontato che, rimasto orfano, si manteneva copiando codici per gli studenti dell’Università padovana e Giovanni da Nono aggiunge che fungeva anche da ripetitore. Ma già dal 1282 è attestata la sua attività notarile e, a parere di Guido Billanovich (1976), in quel momento iniziò la sua formazione culturale nel circolo dei preumanisti padovani guidato da Lovato Lovati, dedicandosi allo studio delle tragedie di Seneca. In questa fase la sua carriera si giovava dei legami con la famiglia Musso, grazie a cui entrò in contatto con i Lemizzi, una delle casate padovane eminenti, e prima del 1294 sposò Mabilia, figlia (illegittima, aggiunge da Nono) di Guglielmo Dente Lemizzi, dalla quale ebbe un figlio di nome Vitaliano e alcune figlie. Nel corso degli anni Ottanta e dei primi Novanta continuò a esercitare il notariato scrivendo anche documenti del Comune (come, per es., buona parte dell’inventario dei beni degli Este nel 1293) e inoltre, a quanto riferito nel De celebratione, conseguì guadagni e prestigio svolgendo con abilità l’attività forense, per la quale tuttavia si sentiva poco vocato. Nel 1296 la sua carriera ebbe una svolta e da scrittore della documentazione comunale divenne magistrato cittadino, fu nominato miles pro commune ed entrò a far parte del Consiglio maggiore. Il suo ruolo tra i guelfi che controllavano il Comune fu sempre più rilevante: dapprima si legò al vescovo di Padova Ottobone dei Razzi; nel 1297 divenne podestà di Lendinara; nel 1302 fu tra i compilatori di uno statuto di rappresaglia a favore di Elena della Torre, nuora di Ubertino da Carrara; nello stesso anno (o forse nel 1297) cominciò la sua prestigiosa carriera di ambasciatore con una missione presso papa Bonifacio VIII (fu poi quattro volte ambasciatore presso l’imperatore Enrico VII) e nell’aprile 1309 fu nominato esecutore degli ordinamenti di giustizia a Firenze. Verso il 1311 la sua vita fu coinvolta nei profondi cambiamenti che investirono Padova.
La spedizione italiana di Enrico VII, mutando gli equilibri politici della penisola, rafforzò nel Veneto la posizione del giovane Cangrande della Scala, mentre Padova perdeva Vicenza (dove i Lemizzi avevano grossi interessi). Terminava così il lungo periodo di pace di cui la città aveva goduto dopo la caduta di Ezzelino III da Romano. La pars guelfa si divise in fazioni e alcune famiglie eminenti, tra cui Lemizzi e Carraresi, si misurarono in un complesso gioco di alleanze e scontri nei quali erano frequenti i cambi di schieramento.
Mussato, che dopo la morte del cognato Vitaliano Dente Lemizzi aveva assunto un ruolo di rilievo nella pars Lemiciorum, ricoprì l’ufficio di gastaldione nel 1312, fu anziano nel 1312 e nel 1313, sostenendo sempre una politica avversa agli accordi con Cangrande e indirizzata verso la riconquista di Vicenza, posizione condivisa fino al 1314 anche da Giacomo da Carrara, che però poi, dopo una sfortunata spedizione per il recupero di Vicenza in cui era stato fatto prigioniero da Cangrande, promosse la via dell’accordo. Mussato, che in quella occasione si era distinto guidando le truppe del quartiere di Pontemolino ma era anch’egli finito prigioniero, appena rientrato dalla prigionia dovette subire il primo breve esilio. Tornato presto in città, nel dicembre 1315 venne incoronato storiografo e poeta in una solenne cerimonia: la sua posizione pubblica risultava così rinsaldata. A promuovere l’incoronazione fu il Collegium artistarum, i maestri di artes dello Studio padovano, con il patrocinio del vescovo Pagano della Torre, cui Mussato era legato. Solo all’ultimo si aggregarono alla celebrazione i giudici cittadini, rappresentati da Rolando da Piazzola che era suo amico, ma aveva indirizzi politici diversi e a quel tempo era vicino a Giacomo da Carrara. Ricevette l’incoronazione per due opere: la tragedia in cinque atti Ecerinis, in cui la figura di Ezzelino III da Romano serve a richiamare quella minacciosa di Cangrande, e l’ampia Historia augusta in 16 libri, che ricostruisce in dettaglio il periodo dal 1310 al 1313 (cioè dalla discesa di Enrico VII in Italia alla sua morte). Se l’Ecerinis fu composta in breve tempo, forse dopo il ritorno dalla prigionia veronese, alla Historia augusta lavorava già da qualche anno, certo prima della morte di Enrico VII, e pare che di questa sua opera facesse circolare anticipazioni. Quando pose mano all’Ecerinis e alla Historia augusta aveva ormai passato i cinquant’anni ed era un personaggio di rilievo nella vita politica e culturale cittadina.
Delle sue opere precedenti rimane piuttosto poco. Studiosi autorevoli come Billanovich e Manlio Torquato Dazzi hanno affermato che avrebbe iniziato a scrivere solo in età matura, dopo avere dedicato molti anni a studi preparatori. Ma l’ipotesi sembra inverosimile, tanto più se si tiene conto dell’esile tradizione manoscritta che ha tramandato le sue opere: probabilmente solo l’Ecerinis godette di una reale fortuna tra i contemporanei, come dimostrano i commenti di Guizzardo da Bologna e Castellano da Bassano e gli oltre 20 manoscritti che la conservano. Le opere storiografiche – che pure circolarono, come attesta la testimonianza del vicentino Ferreto Ferreti – sono giunte a noi grazie all’attenzione al passato cittadino che, attorno all’ultimo quarto del Trecento, quando l’indipendenza della città era a serio rischio, spinse i padovani a porre in salvo la memoria urbana anche copiando alcune cronache composte nei secoli XIII e XIV. Gli altri suoi testi hanno tradizione debolissima e giungono (con l’eccezione del De obsidione) in uno, o al massimo due codici, mentre della produzione in volgare è sopravvissuto fortunosamente un solo sonetto. È quindi probabile che gli scritti giovanili non siano pervenuti, travolti dal naufragio in cui si è persa buona parte dell’opera dei membri del circolo padovano e dei loro amici delle altre città venete. Tra i più antichi testi conservati sono alcune prose in cui vengono riassunte le tragedie di Seneca e due componimenti poetici in cui si vede già raggiunta un’elevata maturità (le Priapeie); a prima dell’incoronazione risalgono anche alcune epistole metriche e la Questio de prole, testo in cui Mussato (favorevole) e Lovato (contrario) contendono sull’opportunità o meno di avere figli e che merita particolare attenzione perché lo mostra affermato come poeta e pensatore anche fuori dall’ambito padovano prima del 1309, anno della morte di Lovato.
Negli anni che seguirono l’incoronazione, continuò ad avere parte alla vita politica cittadina, ma il peso del suo ruolo sembrerebbe ridotto. Fu ancora chiamato a difendere gli interessi padovani in numerose e importanti ambascerie (a Bologna e Firenze nel 1317, ancora a Firenze nel 1319, in Germania nel 1325), ma la sua posizione all’interno della città diventava sempre più debole. In seguito agli accordi che prevedevano il ritorno a Padova dei fuoriusciti ghibellini nel 1318 dovette subire l’esilio e nel 1325, dopo la morte di Giacomo da Carrara, quando gli scontri tra le fazioni cittadine tornarono ad acuirsi, fu bandito in seguito alla definitiva sconfitta dei Lemizzi. Dopo quella data non poté più rientrare stabilmente in città.
Morì a Chioggia il 31 maggio 1329, poche settimane prima dell’odiato Cangrande.
Opere: La maggior parte si legge ancora nel testo stabilito dall’editio princeps, Albertini Mussati Historia Augusta Henrici VII Caesaris et alia quae extant opera, Laurentii Pignorii vir. clar. spicilegio, nec non Foelicis Osii et Nicolai Villani castigationibus, collationibus et notis illustrata, Venetiis 1636. Preceduto da alcune cronache venete (Gerardo Maurisio, Rolandino da Padova ecc.) e seguito dall’opera di Guglielmo Cortusi, il corpus degli scritti di Mussato raccolto da Felice Osio in collaborazione con Lorenzo Pignoria è costituito da: 1) De gestis Henrici VII Cesaris, noto anche con il titolo di Historia augusta; 2) De gestis Italicorum post Henricum VII Cesarem, di cui nell’editio princeps sono pubblicati solo i primi sette libri, mentre quello numerato come ottavo in realtà è un frammento del nono; 3) De obsidione, i cui tre libri nell’editio princeps compaiono come nono, decimo e undicesimo libro del De gestis Italicorum, in quanto Osio, sapendo dagli scritti di Sicco Polenton che il De gestis Italicorum contava 15 libri, seguì una tradizione padovana attestata già nella tradizione manoscritta delle opere di Mussato e risalente alla fine del Trecento (Padova, Biblioteca del Seminario, I A) e procedette integrando il De gestis Italicorum con il De obsidione. Del De obsidione è disponibile l’edizione critica a cura di G.M. Gianola, Padova 1999; 4) De traditione Padue ad Canem Grandem, pubblicato da Osio come dodicesimo libro del De gestis Italicorum, preceduto da un’epistola dedicatoria indirizzata a Benzo (probabilmente Benzo d’Alessandria, amico di Mussato e al tempo cancelliere di Cangrande). All’inizio del Quattrocento a Padova ne fu realizzato un volgarizzamento (cfr. Dela donason de Pava fatta a Cangrande. Volgarizzamento di Lazzaro de’ Malrotondi del ‘De traditione Padue ad Canem Grandem anno 1328 mense septembris et causis precedentibus’ di A. M., a cura di A. Donadello, Padova 2008); 5) Ludovicus Bavarus ad filium, edito pure in J.F. Boehmer, Fontes rerum Germanicarum, I, 1843, pp. 170-189; 6) Ecerinis, edita a cura di L. Padrin, con uno studio di G. Carducci, Bologna 1900 (ristampa anastatica, Bologna 1969), insieme con il Commentum super tragoedia Ecerinide di Guizzardo da Bologna e Castellano da Bassano (utile pure per alcune notizie sulla biografia di Mussato); la sola Ecerinis è anche in Écérinide. Épîtres métriques sur la poésie. Songe, a cura di J.-F. Chevalier, Paris 2000, pp. 1-28; è disponibile in diverse traduzioni italiane tra cui quella in M.T. Dazzi, Il M. preumanista (1261-1329). L’ambiente e l’opera, Vicenza 1964, pp. 140-158; con testo stabilito da Padrin e traduzione di Dazzi è in S. Locati, La rinascita del genere tragico nel medioevo. L’‘Ecerinis’ di A. M., Firenze 2006, pp 159-190; 7) Achilles, tragedia attribuita nell’editio princeps a Mussato, ma in realtà del vicentino Antonio Loschi (1368-1441); 8) epistole metriche: I Ad collegium artistarum, composta poco dopo l’incoronazione a poeta e storiografo, edita criticamente in E. Cecchini, Le epistole metriche del M. sulla poesia, in Tradizione classica e letteratura umanistica per Alessandro Perosa, a cura di R. Cardini et al., Roma 1985, I, pp. 102-106, e in Écérinide. Épîtres métriques sur la poésie cit., pp. 30-34, tradotta in italiano in Dazzi, Il M. preumanista cit., pp. 184-187; II In laudem domini Henrici imperatoris, in cui Mussato si rivolge a Enrico VII, scritta forse dopo la morte dell’imperatore, parzialmente edita anche in C. Cipolla - F. Pellegrini, Poesie minori riguardanti gli Scaligeri, in Bullettino dell’Istituto storico italiano, XXIV (1902), p. 31; III Ad Rolandum iudicem de Placiola, composta per ricomporre il dissenso sorto in seguito alle diverse posizioni che i due avevano preso rispetto a Enrico VII nel 1311; IV Ad Iohannem grammatice professorem, composta intorno al 1315-16, edita criticamente in Cecchini, Le epistole metriche del M. cit., pp. 106-109, e in Écérinide. Épîtres métriques sur la poésie cit., pp. 35-37, tradotta in italiano in Dazzi, Il M. preumanista cit., pp. 188-190; V Ad Iambonum de Andrea notarium, relativa alla spedizione italiana di Enrico VII; VI Ad dominum ducem Venetiarum Iohannem Superantium, composta tra il 1315 e il 1328 (anno di morte di Soranzo), riedita in G. Monticolo, Poesie latine del principio del secolo XIV nel codice 277 ex Brera al R. Archivio di Stato di Venezia, in Il Propugnatore, n. s., III/2 (1890), pp. 293-297, e in L. Lombardo, Il pesce spada e la leonessa: celebrazione di Venezia nelle ‘Epistole’ VI e XV di A. M., in Cartoline veneziane, Palermo 2009, pp. 106-111; VII In laudem poetice ad dominum Ioannem de Viguntia, risposta alla polemica suscitata dalle Priapee, edita criticamente in Cecchini, Le epistole metriche del M. cit., pp. 116-119, e in Écérinide. Épîtres métriques sur la poésie cit., pp. 38-41, tradotta in italiano in Dazzi, Il M. preumanista cit., pp. 181-183; VIII Super ortu stelle comete. Ad fratrem Benedictum lectorem Fratrum predicatorum, il testo di Mussato in cui più verosimile sembra riconoscere traccia della lettura di Dante; IX Responsio ad responsium eiusdem (fratris Benedicti); X Ad socios in urbe existentes cum republicam iam nulla exilium ipse sibi ascivisset; XI Ad fratrem Albertum de Remedello; XII Ad magistrum Marsilium physicum, redatta tra il 1315 e il 1324 (1319-1320?), riedita in C. Pincin, Marsilio, Torino 1967, pp. 37-40, e in J. Miethke, Die Briefgedichte des A. M. an Marsilio von Padua, in Pensiero politico medievale, VI (2008), pp. 61-64, tradotta in italiano in Dazzi, Il M. preumanista cit., pp. 169-171; XIII Ad magistrum Bonincontrum Mantuanum, scritta durante l’esilio, tradotta in italiano in Dazzi, Il M. preumanista cit., p. 173; XIV Ad magistrum Guizardum, composta al rientro da uno degli esili, tradotta in italiano in Dazzi, Il M. preumanista cit., p. 174; XV Ad Iohannem grammatice professorem. Responsivam, composta sul finire del 1316, edita in Monticolo, Poesie latine del principio del secolo XIV cit., pp. 273 s., e in Lombardo, Il pesce spada e la leonessa cit., pp. 105 s.; XVI Ad magistrum Marsilium, scritta intorno al 1326-27, riedita in Pincin, Marsilio cit., p. 150, e in Miethke, Die Briefgedichte des A. M. cit., pp. 64 s., tradotta in italiano in Dazzi, Il M. preumanista cit., p. 172; XVII Ad Paulum iudicem de Titulorogantem, ut responderet Benvenuto de Campesanis de Vicencia adversus opus metricum per eum factum in laudem domini Canis Grandis et vituperium Paduanorum , cum capta fuit Vicentia, scritta nel 1311-12, edita in Cipolla - Pellegrini, Poesie minori cit., pp. 24-30; XVIII Ad fratrem Iohanninum de Mantua contra poeticam arguentem, composta intorno al 1315-16, edita criticamente in Cecchini, Le epistole metriche del M. cit., pp. 109-115, e in Écérinide. Épîtres métriques sur la poésie cit., pp. 42-48, tradotta in italiano in Dazzi, Il M. preumanista cit., pp. 191-195; 9) De celebratione sue diei nativitatis fienda vel non, scritta nel 1316, edita criticamente in J.F. Chevalier, Le statut de l’élégie autobiographique au début du ‘Trecento’: A. M. et le modèle des ‘Tristes’ d’Ovide, in Studi umanistici piceni, XXVI (2006), pp. 162-164 (con trad. in francese), tradotta in italiano in Dazzi, Il M. preumanista cit., pp. 175-177; 10) Somnium in egritudine apud Florentiam et commendacio venerabilis patris domini Antonii de Urso, episcopi Florentini cuius beneficio liberatus fuit, composto nel 1319, edito criticamente in M. Pastore Stocchi, Il Somnium di A. M., in Studi in onore di Vittorio Zaccaria, a cura di M. Pecoraro, Milano 1987, pp. 41-63, e poi in Écérinide. Épîtres métriques sur la poésie cit., pp. 50-61, tradotto in italiano in Dazzi, Il M. preumanista cit., pp. 159-168; 11) Cento ex Publio Ovidii Nasonis Libri V. De tristibus ad filium, edito criticamente in J.F. Chevalier, A. M. o la figura del poeta esiliato: edizione di un centone autobiografico dai ‘Tristia’ di Ovidio, in Studi umanistici piceni, XXX (2010), pp. 120-131; 12) Soliloquia, elaborati dopo il 1320 e composti da cinque componimenti: I Ad Summam Trinitatem; II Ad Spiritum Sanctum; III Ad beatam virginem Mariam; IV Ad beatum Paulum Apostolum; V Laudes crucis domini nostri Iesu Christi. Nella medesima sezione dell’editio princeps sono editi il De passione domini. Hymnus, e la Peroratio cum recommendatione articulorum Veteris et Novi Testamenti; 13) Ecloge, attribuite nell’editio princeps a Mussato ma del forlivese Iacopo Allegretti (1326-1393); 14) tre frammenti: il componimento In translatione sacrarum reliquiarum domini Luce evangelista, che risale al 1316, e lo scambio di versi tra Mussato e il notaio Matteo Piegaferro di Vicenza.
L’intero corpus (compresi i testi attribuiti a torto a Mussato) fu ristampato in J.G. Graevius - P. Burmannus, Thesaurus antiquitatum et historiarum Italiae, VI/2, Leiden 1722. Nei Rerum Italicarum scriptores, tomo X/2 (Milano 1727) di L.A. Muratori compaiono la Historia Augusta, con l’edizione del prologo che manca nell’editio princeps, il De gestis Italicorum anch’esso corredato dal prologo, ma per il resto analogo alla princeps (quindi con il De obsidione e il De traditione come libri 9-12 dell’opera), il Ludovicus Bavarus e l’Ecerinis.
Dopo l’editio princeps sono stati rintracciati e pubblicati altri testi. Il ritrovamento principale è costituito da altri sette libri del De gestis Italicorum conservati solo nel codice Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 2962, pubblicati in L. Padrin, Sette libri inediti del ‘De gestis Italicorum post Henricum VII’ di Albertino Mussato, Venezia 1903 (Monumenti storici pubblicati dalla R. Deputazione veneta di storia patria, s. 3, III). Ampi stralci di questi libri del De gestis Italicorum sono editi e commentati in L. Padrin, Il principato di Giacomo da Carrara primo signore di Padova, narrazione scelta dalle storie inedite di A. M., Padova 1891. In precedenza lo stesso Padrin aveva edito, traendoli dal codice Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, lat. XIV, 223, alcuni componimenti metrici riconducibili al circolo padovano nel volumetto Lupati de Lupatis, Bovetini de Bovetinis, Albertini Mussati necnon Iamboni Andrae de Favafuschis carmina quaedam ex codice veneto nunc primum edita, Padova 1887, recensito da F. Novati in Giornale storico della letteratura italiana, XI (1888), pp. 198-204. Tra questi componimenti è la Questio de prole, pp. 1-8; un dialogo tra Lovato e Mussato sull’amicizia pp. 12-16; un dialogo a tre voci attribuito al Mussato in cui Catone il Censore e Scipione spiegano a un poeta le ragioni della loro inimicizia, pp. 17-19; uno scambio di pareri tra Lovato e Mussato a proposito dell’azione di Carlo di Valois in Toscana (1301-02), pp. 19-21; una tenzone tra un padovano (forse Mussato) e un suddito di Cangrande, pp. 29-31; e uno scambio epistolare tra Zambono d’Andrea esiliato e Mussato, pp. 33-35. La Questio de prole è pubblicata anche in F. Novati, Nuovi aneddoti sul cenacolo letterario padovano del primissimo Trecento, in Scritti storici in memoria di Giovanni Monticolo, a cura di C. Cipolla et al., Venezia 1922, pp. 180-187. Il contrasto tra il cittadino padovano e quello vicentino e lo scambio tra Zambono e Albertino si leggono anche in Cipolla, Pellegrini, Poesie minori cit., pp. 32-35, e pp. 35-37. In precedenza erano state pubblicate due epistole metriche, note a Osio, ma rimaste escluse dall’editio princeps: la Cunneia e la Priapeia, edite entrambe in V. Crescini, Poesie inedite di A. M., in Giornale degli eruditi e dei curiosi, V (1884-85), pp. 125-128, e di cui solo la Priapeia è tradotta in Dazzi, Il M. preumanista cit., pp. 178-180. Integra lo scambio epistolare tra Mussato e la cancelleria veneziana che si svolse tra il 1316 e il 1317 la lettera indirizzata al cancelliere Tanto, interessante per le osservazioni sulla metrica latina, edita in Monticolo, Poesie latine del principio del secolo XIV cit., pp. 280-285. Risale al 1309, mentre era a Firenze tra i Conservatori di giustizia, la lettera in prosa edita in S. Debenedetti, Lettera inedita di A. M. a favore del maestro Francesco di Giunta di Tizzana, in Bullettino storico pisoiese, VIII (1960), pp. 101-110. Dalla pluridecennale riflessione di Mussato sulle opere di Seneca derivano alcuni scritti raccolti in Argumenta tragoediarum Senecae, Commentarii in L. A. Senecae tragoedias, Fragmenta nuper reperta, a cura A.Ch. Megas, Thessalonikē 1969; si vedano inoltre l’Evidentia tragediarum Senece tradita magistro Marsilio philosopho Paduano ab A. M. poeta, in Novati, Nuovi aneddoti sul cenacolo letterario padovano, cit., pp. 187-192; e Luci Annei Senece Cordubensis vita et mores, in A.Ch. Megas, O prooumanistikos kyklos tēs Padouas (Lovato Lovati – A. M.) kai oi tragōdies tou L. A. Seneca. Diatribē epi didaktorial, Thessalonikē 1967, pp. 145-171. Negli ultimi anni della sua vita, esule a Chioggia, Mussato compose anche due brevi dialoghi filosofici: il Contra casus fortuitos, inedito, e il De lite inter Naturam et Fortunam, pubblicato in A. Moschetti, Il “De lite inter Naturam et Fortunam” e il “Contra casus fortuitos” di A. M., in Miscellanea di studi critici in onore di Vincenzo Crescini, Cividale del Friuli 1927, pp. 591-599. L’unico sonetto attribuito a Mussato si legge in F. Novati, Poeti veneti del Trecento. Antonio da Tempo, A. M., Iacopo Flabiani e Andrea da Trebano, in Archivio storico per Trieste, l’Istria e il Trentino, I (1881-82), p. 140. L’Ecerinis, il De obsidione, il Somnium, la Cunneia, la Priapeia e la Questio de prole si possono leggere sul sito Internet Poeti d’Italia in lingua latina, http://mqdq.cab.unipd.it/ mqdq/poetiditalia.
Fonti e Bibl.: una bibliografia aggiornata al 2000 si legge in L. Lanza, Albertinus Mussatus, in C.A.L.M.A. Compendium Auctorum Latinorum Medii Aevi (500-1500), I/2, Firenze 2000, pp. 108-110. Tra le opere pubblicate prima di quella data è citato G. Billanovich, Il preumanesimo padovano, in Storia della cultura veneta, II, Il Trecento, a cura di G. Arnaldi - M. Pastore Stocchi, Vicenza 1976, pp. 40-85, e pp. 100-106; si vedano inoltre il quadro offerto da J.K. Hyde, Padova nell’età di Dante. Storia sociale di una città-stato italiana, Trieste 1985 (ed. orig. 1966); da integrare con G. Arnaldi, Il mito di Ezzelino da Rolandino al Mussato, in La Cultura, XVIII (1980), pp. 155-165, e A.L. Trombetti Budriesi, Beni estensi nel Padovano: da un codice di A. M. del 1293, inStudi medievali, s. 3, XXI/1 (1980), pp. 141-217; con indicati gli studi sulla biografia di Mussato cui si aggiunga S. Bortolami, A. M.: un nuovo autografo e precisazioni biografiche, in Italia medioevale e umanistica, XXV (1985), pp. 189-208. Degli studi apparsi dal 2000 sono da ricordare almeno: A. Di Salvo, Storia del tempo presente. Il De traditione Paduae ad Canem Grandem anno 1328 di A. M. (m. 1329), in Studi sul Medioevo per Girolamo Arnaldi, a cura di G. Barone, L. Capo, S. Gasparri, Roma 2000, pp. 161-204; R.G. Witt, Sulle tracce degli antichi. Padova, Firenze e le origini dell’umanesimo, Roma 2005, pp. 121-177; G.M. Gianola, A. M. ‘personaggio’ e la ‘Traditio civitatis Padue’: primi appunti, in Miscellanea di studi in onore di Giovanni da Pozzo, a cura di D. Rasi, Padova 2004, pp. 3-28; Id., La tradizione del ‘De gestis Henrici’ di A. M. e il velo di Margherita, in Filologia mediolatina, XVI (2009), pp. 81-113; Id., Ipotesi su un’edizione trecentesca delle opere storiografiche di A. M., in Italia medioevale e umanistica, L (2009), pp. 123-177; R. Modonutti, Il ‘Ludovicus Bavarus’ di A. M.: genesi e tradizione, ibid. pp. 179-210.