Alberighi (Alberichi)
Alla brevità del ciclo storico di questa casata magnatizia fiorentina (illustri cittadini) accenna Cacciaguida (Pd XVI 88-90) dicendo di averli visti già nel calare ai suoi tempi, cioè nella prima metà del secolo XII, al pari dei Catellini, dei Filippi, dei Greci, degli Ormanni e degli Ughi. Giovanni Villani (Cronica IV 11) conferma le sue parole scrivendo che già a mezzo del secolo XIV gli A. erano estinti (" oggi non n'è nullo "), con una notizia che obbliga a rivedere quella data dal Del Migliore nel secolo XVI, che essi fossero periti nella pestilenza del 1348. Pressoché completo è il silenzio delle fonti archivistiche a proposito degli A., anche perché la documentazione della più antica storia comunale comincia a essere più ampia e organica proprio nel periodo in cui essi scomparivano dalla vita politica e sociale di Firenze (fine secolo XIII). Nel Cinquecento si trova nella città un'altra famiglia di questo nome, che nel secolo seguente si sarebbe anch'essa estinta; ma questi nuovi A. non avevano alcuna relazione di discendenza con quelli ricordati nella Commedia.
Il silenzio delle fonti documentarie è in parte compensato dalle notizie ricavabili dalle cronache e da qualche monumento funerario, come la sepoltura di un Bernardo di Alberigo A. sulle " scalee " di Santa Maria Novella, che reca l'arme della consorteria. Altre memorie autentiche sono un contratto del 1147 rogato da un Iacopo giudice, nel quale si ricorda un Ugolino A., e la suddetta citazione del Villani che parla della fondazione della chiesetta di Santa Maria detta degli A. da parte di alcuni di loro (la chiesa esisteva ancora ai primi del secolo XIII). Fra i cronisti, li ricordano, oltre a Giovanni Villani, Marchionne di Coppo Stefani e, con maggiori particolari, il Malispini. Quest'ultimo li ritiene di antichissima progenie, ramificazione di una famiglia di origine romana - i Filippi da cui sarebbero derivati anche gli Infangati, i Mangiatroi e i Bartoli -, venuti a ricostruire e a ripopolare la città dopo la mitica distruzione da parte di Attila. Li annovera inoltre fra le casate più antiche, ricche e influenti della città, che da poco tempo si erano dedicate alla mercatura; ne ricorda le case e le torri abitate nel sesto di Porta San Piero, " appresso a Santo Martino ", dietro la chiesa di Santa Maria che ne portò il nome. Anche Marchionne li ricorda come una delle casate dello stesso sesto. Gli A., sempre secondo il Malispini, ebbero anche " tenute e castella e fedeli " nel Chianti e in Val d'Arno. La loro nobiltà era di antica data, perché risaliva alla dignità cavalleresca che si diceva concessa a un Filippo A. da Carlo Magno, al ritorno dell'imperatore da Roma. Nel 1250 essi furono obbligati dal regime del ‛ primo popolo ' a smozzicare le loro torri, insieme alle altre consorterie magnatizie loro alleate. Gli araldisti (Verino, Monaldi, della Rena, Ridolfi), gli eruditi (Mini, Del Migliore) e gli storici (Ammirato) dei secoli XVI e XVII ripetono, in sostanza, ciò che dicono le fonti cronistiche, e confermano la notizia contenuta nella Commedia, di una estinzione degli A. in età molto antica. Il Boccaccio si ricollega implicitamente alla tradizione circa la nobiltà di questa famiglia quando (Dec. V 9 5) introduce fra i suoi personaggi un Federico di messer Filippo A., " in opera d'arme e in cortesia pregiato sopra ogn'altro donzel di Toscana ", che l'Ammirato cita nel suo discorso " Della hospitalità " come un personaggio della casata.
Gli A. portavano un'arma d'azzurro a tre catene d'argento moventi dagli angoli superiori e dalla punta dello scudo e unite in cuore da un anello dello stesso.
Bibl. - Fra le fonti manoscritte, v. nell'Arch. di Stato di Firenze quelle citate nelle Carte dell'Ancisa, AA, 719; EE, 556; GG, 43, 50; KK, 123; LL, 698, e - a stampa - i documenti pubblicati in appendice all'edizione settecentesca della Cronaca di Marchionne, in Delizie degli eruditi toscani, X, Firenze 1777, 248 (sepultuario di Santa Maria Novella del secolo XV). Per le fonti cronistiche, v. R. Malispini, Storia fiorentina, a c. di V. Follini, Firenze 1816, 29, 53, 54, 56, 121; Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca fiorentina, a c. di N. Rodolico, in Rer. Ital. Script.2 XXX 121, città di Castello 1903; G. Villani, Cronica, I, Firenze 1823, 153-154, 170-171, 260. Fra gli studi eruditi e fra le ricerche più recenti, v. U. Verini, De illustratione urbis Florentiae libri III, a c. di F. Soldini, II, Parigi-Siena 17902, 14; Arch. diStato di Firenze, Biblioteca manoscritti, 422, Istoria delle famiglie della città di Firenze scritta nel 1607 da Piero di Giovanni Monaldi... coll'aggiunta di monsignor Sommai fino all'anno 1626, c. 255; P. Mini, Discorso della nobiltà di Firenze e de' fiorentini, rist. nella raccolta La Toscana illustrata nella sua storia, ecc., I, Il prodromo, per informazione degli studiosi della medesima, a c. di A. F. Gori, Livorno 1775, 1-77; ID., Difesa della città di Firenze e de' fiorentini..., Lione 1577, 300, 303, 305; F. L. Del Migliore, Firenze città nobilissima illustrata, I I, Firenze 1684, 390-391; S. Ammirato, Opuscoli, I, ibid. 1637, 555; la nota storica sugli A. a c. di L. Passerini, a commento del romanzo di A. Ademollo, Marietta de' Ricci, ovvero Firenze al tempo dell'assedio, I, ibid. 1845 2,210-211.