RESNAIS, Alain
Regista francese, nato a Vannes il 3 giugno 1922 e morto a Parigi il 1° marzo 2014. Tra i più importanti cineasti francesi del dopoguerra, si è formato nel clima della Nouvelle vague e del nouveau roman. Importante la sua carriera di documentarista con cui ha esordito e in cui spiccano soprattutto i suoi lavori sull’arte (come Van Gogh, 1948) e Nuit et brouillard (1955; Notte e nebbia) sui campi di sterminio nazisti. Sperimentatore nel cercare continuamente nuovi raccordi tra la parola e l’immagine, ha spesso scomposto i codici narrativi tradizionali in cui lo spazio e il tempo sono diventati luoghi di diverse realtà in gioco o della memoria e in cui il montaggio è apparso essenziale per creare un flusso ininterrotto tra passato e presente. Attivo per oltre sessant’anni, vinse a Venezia il Leone d’oro nel 1961 per L’année dernière à Marienbad (L’anno scorso a Marienbad), quello alla carriera nel 1995 e il Leone d’argento nel 2006 per Coeurs (Cuori), al Festival di Cannes il Gran premio della giuria nel 1981 per Mon oncle d’Amérique (1980) e nel 2009 ebbe un riconoscimento speciale per l’insieme della sua carriera per Les herbes folles (Gli amori folli) e a Berlino l’Orso d’argento alla carriera nel 1998.
Aveva esordito nel lungometraggio di finzione con Hiroshima mon amour (1959), una delle tappe fondamentali della sua filmografia. Tra gli altri suoi film più importanti vanno ricordati Muriel (1963; Muriel, il tempo di un ritorno),Stavisky (1974; Stavisky, il grande truffatore), Providence (1977), La vie est un roman (1983; La vita è un romanzo), Mélo (1986), Smoking / No smoking (1993) e On connaît la chanson (1997; Parole parole parole...).
Nel 2006 diresse Coeurs, dalla pièce di Alan Ayckbourn, film corale di destini incrociati segnati dal tema della solitudine. L’influenza teatrale, nel modo di filmare lo spazio e nella successione temporale della vicenda, non limita, ma anzi vitalizza ulteriormente il potenziale cinematografico di un’opera dove la comicità e l’amarezza si mescolano e lo sfondo di una Parigi innevata accentua la dimensione fiabesca. Basato da tempo su un medesimo gruppo di attori (Sabine Azéma, André Dussolier, Pierre Arditi), cui si erano più di recente aggiunti Mathieu Amalric e Lambert Wilson, il suo cinema può apparire come l’esecuzione di una stessa partitura che però ogni volta contiene impercettibili e decisive variazioni. E questo è evidente in uno dei film più belli e liberi dell’ultima parte della sua carriera, Les herbes folles, dal romanzo L’incident di Christian Gailly, dove il furto di una borsetta fa partire una concatenazione di eventi, incroci del destino e della casualità che il regista mostra di orchestrare con una leggerezza sempre sospesa tra la dimensione poetica e quella dell’assurdo, in cui le azioni sembrano a tratti fermarsi provvisoriamente lasciando i personaggi come incantati dai giochi di luce della fotografia di Eric Gautier. Nel 2012 diresse Vous n’avez encore rien vu, dalle pièces Eurydice e Cher Antoine ou l’amour raté di Jean Anouilh, in cui un celebre drammaturgo nel suo testamento esprime il desiderio che gli attori della sua versione di Eurydice si confrontino con una nuova versione dell’opera messa in scena dai giovani interpreti della Compagnie de la Colombe. Caratterizzato da una forte identità, il suo cinema ha costantemente guardato verso il futuro, mentre lo scarto tra tradizione e modernità si è assottigliato sempre di più ed è apparsa sempre più evidente la dipendenza reciproca tra vita e arte. Il suo ultimo film, Aimer, boire et chanter (2014), dall’opera teatrale Life of Riley di Ayckbourn, è ambientato nella campagna dello York shire. La vita di tre coppie viene sconvolta dalla notizia che a un loro amico restano pochi mesi di vita. La presenza della morte già preannunciata nel film precedente, diviene qui un’ombra persistente che infine si manifesta apertamente nella scena finale del funerale, quasi la chiusura di un cerchio sia del film sia di un cinema sempre di grande modernità, in cui ogni opera mostra la freschezza dell’opera prima.
Bibliografia: Alain Resnais. Il metodo, la creazione, lo stile, a cura di M. Regosa, Venezia 2002; E. Wilson, Alain Resnais, Manchester 2006, 20092.