AGUIARI, Lucrezia, detta La Bastardina o La Bastardella
Nata a Ferrara nel 1743 da genitori ignoti, sarebbe stata trovata, secondo una tradizione raccolta dal Cavallini, neonata, sopra un letamaio, ferita per i morsi di un cane ad un piede (onde poi l'andatura claudicante) da Leopoldo Aguiari, che l'adottò: per altri fu invece sua figlia naturale, o del marchese Bentivoglio. Rivelate presto eccezionali doti vocali, l'A. fu affidata dapprima alle cure di Brizio Petrucci, maestro di cappella del duomo di Ferrara, e poi a quelle dell'abate Lambertini.
Dopo il suo debutto nel 1764 a Firenze, fu ricercatissima nei teatri più importanti d'Italia.
Dal 1 genn. 1768 divenne virtuosa di camera e dei teatri ducali alla corte di Parma; nel maggio dello stesso anno, interpretò a Napoli la parte di Tetide, tecnicamente assai difficile, in una Festa Teatrale (cui erroneamente si dà il titolo di Peleo e Teti) composta da G. Paisiello in occasione delle nozze del re Ferdinando IV con Maria Carolina d'Austria. Particolari successi ottenne a Venezia, al teatro S. Benedetto, nella primavera del 1770, cantando nell'opera Vologeso di Giuseppe Colla, di cui interpretò a Genova nell'estate del 1771, al teatro di S. Agostino, L'Eroe cinese e, nell'estate del 1773, prendendo parte agli spettacoli per la nascita del principe Ludovico, al Teatro Ducale di Parma la pastorale Uranio ed Erasitea e l'opera Enea in Cartagine. Il 26 dic. 1773 inaugurò la stagione di carnevale al Teatro Ducale di Milano cantando nel Tolomeo, sempre del maestro Colla, e poco dopo ne interpretò una cantata nel palazzo del conte Tomaso Marini.
Nell'anno successivo e per vari anni, si recò a Londra, dove cantò ai Pantheon Concerts con l'obbligo di eseguire due sole arie per sera col compenso di 100 sterline. Nel 1780 rientrò definitivamente in Italia.
Stabilitasi a Parma, vi sposò Giuseppe Colla, che era maestro di cappella alla corte. Morì il 18 maggio 1783, probabilmente di tisi e non, come fu anche detto, di lento veleno propinatole da invidiosi della sua arte. Ebbe funerali pubblici e fu sepolta nella chiesa del Carmine (ora soppressa).
La sua voce ebbe l'eccezionale estensione di tre ottave e mezza, passando con estrema facilità dal registro grave a quello sovracuto ed eseguendo passi di agilità ineseguibili per ogni voce e solo strumentali. Leopoldo Mozart ricordava la sua voce da contralto, che poteva scendere al sol grave e il suo do sovracuto, in una lettera da Bologna del 20 marzo 1770, nella quale il figlio Wolfango, in un postscriptum, annotò i passaggi virtuosistici, cui aveva anch'egli assistito.
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