OGLIALORO TODARO, Agostino
OGLIALORO TODARO, Agostino. – Nacque a Palermo il 10 agosto 1847, da Francesco e da Angela Todaro.
Svolse gli studi universitari a Palermo, dapprima frequentando il biennio di ingegneria ma poi indirizzandosi agli studi di chimica. Fu allievo di Stanislao Cannizzaro e, quando questi nel 1872 si trasferì all’Università di Roma, continuò il suo percorso di studi sotto la guida di Emanuele Paternò, laureandosi nel 1877. Cannizzaro prima ancora della laurea lo aveva chiamato a Roma come preparatore del laboratorio chimico di via Panisperna. In questi anni, si dedicò allo studio di sostanze di interesse farmacologico, quali il cloralio, la picrotossina e loro derivati, delle quali descrisse in dettaglio le proprietà chimiche e fisiche.
Rientrato a Palermo, nel 1878 raggiunse in quella città quello che dal punto di vista della ricerca in chimica fu il risultato di gran lunga più significativo. Pochi mesi prima, il chimico inglese William Henry Perkin aveva messo a punto una reazione per preparare un acido aromatico insaturo, quale l’acido cinnamico, utilizzando come reagenti un’aldeide aromatica, l’anidride di un acido, per esempio l’anidride acetica, e una base debole, come l’acetato di sodio. Nell’interpretazione data da Perkin alla reazione, il sale agiva da semplice condensante. Oglialoro invece riuscì a far reagire fenilacetato sodico, anidride acetica e aldeide benzoica ottenendo l’acido fenilcinnamico. Nella sua reazione era il sale a reagire, mentre l’anidride si comportava da condensante.
Come si vide in seguito, a decidere l’intervento nella reazione di un costituente più dell’altro erano le condizioni specifiche in cui le sostanze erano messe a reagire. In ogni caso la modifica sostanziale apportata dal chimico siciliano alla reazione, da allora chiamata appunto ‘di Oglialoro-Perkin’, se confermata, apriva la strada alla preparazione di un gran numero di nuovi composti.
Alla fine del 1879, Oglialoro vinse il concorso per la cattedra di chimica all’Università di Messina, dove restò per circa un anno. In questo periodo continuò i suoi esperimenti di condensazione tra aldeidi aromatiche e sali di acidi organici, preparando un nuovo composto, l’acido ossifenilcinnamico. Comunicò il risultato, che confermava l’esattezza della sua intuizione, a Cannizzaro con una lettera scritta il 20 luglio 1880 (Roma, Arch. storico dell’Accademia delle scienze detta dei XL, Fondo Cannizzaro, scatola 5, f. 368), prima ancora di pubblicare la relativa memoria, che comparve poche settimane dopo (Sintesi dell’acido ossifenilcinnamico, in Gazzetta chimica italiana, X [1880], pp. 481-485).
Nell’articolo, sottolineò in una nota come i risultati fossero stati da lui ottenuti malgrado le condizioni disastrose in cui si trovava a lavorare a Messina, con una bilancia in cattivo stato, senza avere a disposizione macchine pneumatiche e perfino alambicchi per l’acqua distillata.
All’inizio del 1881 vinse il concorso per la cattedra di chimica all’Università di Torino ma non vi prese praticamente servizio perché subito dopo ottenne il trasferimento all’Università di Napoli, mentre a Torino andò un altro esponente della scuola chimica siciliana, Michele Fileti. Dal punto di vista della ricerca scientifica, da quel momento in poi l’attività di Oglialoro praticamente si arrestò. Continuò per i primi anni le preparazioni di derivati dell’acido cinnamico, utilizzando la reazione messa a punto e ormai collaudata, si occupò delle emanazioni sulfuree abbondanti nel napoletano ma la sua produzione scientifica scemò rapidamente.
Questo gli venne rimproverato dallo stesso Cannizzaro, che, in una lettera del maggio 1889 (Roma, Società chimica italiana, Carte Cannizzaro, scatola 3, f. 9) lo sollecitò a pubblicare qualcosa, in quanto era dovere degli uomini di scienza far conoscere e apprezzare il proprio lavoro. Anche Emanuele Paternò, in riflessioni molto più tarde, nel parlare dei suoi allievi scrisse che: «fra tutti la mente più robusta, le più spiccate attitudini per le ricerche scientifiche, la incomparabile attività sperimentale, il carattere più fermo è quello di Agostino Oglialoro, ed è peccato che, per vicende estranee alla scienza la sua attività produttrice si sia fermata, quasi appena divenuto professore, nonostante i miei continui incitamenti. Ma egli seppe in un ambiente difficilissimo quale quello dell’università di Napoli, acquistarvi la stima ed il rispetto dei colleghi, degli studenti e delle autorità» (Roma, Arch. storico dell’Accademia delle scienze detta dei XL, Fondo Paternò, scatola 20, f. 84).
Per tutto il periodo napoletano si impegnò molto in ambito accademico e cittadino, ricoprendo numerose cariche. Fu a lungo membro del consiglio di Sanità per la provincia di Napoli e consigliere di amministrazione degli Ospedali Riuniti. In tale veste, fu in prima linea in occasione della violenta epidemia di colera che colpì la città campana nel settembre 1884, dando le opportune indicazioni circa le necessarie opere di disinfezione. In ambito universitario fu per due volte rettore, dal 1897 al 1899 e poi dal 1917 al 1919. Oltre a dirigere a lungo l’istituto chimico, fu a capo anche della scuola di farmacia, tra il 1908 e il 1909. Soprattutto, fu grazie a lui che venne realizzato a Napoli il nuovo istituto chimico, alla cui progettazione lavorò l’ingegnere Mariano Cannizzaro, figlio di Stanislao.
Tra i chimici formatisi alla scuola di Oglialoro vi fu Marussia Bakunin, figlia dell’ideologo russo, che a partire dal 1890, non ancora laureata, fu nominata preparatore dell’istituto chimico. Oglialoro e Bakunin si sposarono l’11 marzo 1896 e restarono uniti personalmente e scientificamente per tutta la vita.
Morì a Napoli il 21 giugno 1923, pochi mesi dopo il pensionamento e la nomina a professore emerito.
Opere: di Oglialoro restano alcune decine di pubblicazioni concentrate essenzialmente tra il 1873 e il 1891, pubblicate quasi tutte sulla Gazzetta chimica italiana. Oltre a quelle citate, si ricordano: Azione del bromo sul cloralio anidro, in Gazzetta chimica italiana, IV (1874), pp. 457-465; Sintesi dell’acido fenilcinnamico, ibid., VIII (1878), pp. 429-434; Sulle reazioni caratteristiche della picrotossina e di alcuni suoi derivati, ibid. IX (1879), pp. 113-126; Sullo zolfo delle fumarole di Montecito nell’isola d’Ischia, ibid., XIV (1884), pp. 30 s.
Fonti e Bibl.: Roma,Arch. centrale dello Stato, Ministero della Istruzione pubblica, Direzione generale dell’Istruzione superiore, Fascicoli del personale docente: A. O.T; Roma, Accademia delle scienze detta dei XL, Arch. storico, Fondo Cannizzaro, Corrispondenza personale, b. 368. Necrologi e biografie: F. Giordani, A. O.T., in Giornale di chimica industriale e applicata, V (1923), pp. 371 s.; F. Zambonini, A. O.T., in Atti della Accademia Pontaniana, LVI (1926), pp. 248-256; A. Coppadoro, A. O.T., in Id. I chimici italiani e le loro associazioni, Milano 1961, p. 243.