Vedi AFRODISIADE dell'anno: 1973 - 1994
AFRODISIADE (v. vol. i, pp. 109-115)
I nuovi scavi dell'antica città caria di A. sono stati iniziati nel 1961 sotto l'egida della New York University. Campagne di ricerche annuali hanno avuto luogo dal 1962 in poi e continuano ancora ogni estate. I lavori si sono finora concentrati su ricerche rivolte a stabilire una storia archeologica del sito antico, come anche delle origini della dea locale, che dette il suo nome alla città nel periodo greco-romano. Si sono pure fatti saggi e scavi attorno ai monumenti principali e, finalmente, investigazioni sulle origini e lo sviluppo della scuola di scultori che fiorisce ad A. durante l'Impero.
I lavori nel tempio di Afrodite, iniziati nel 1961, hanno rivelato, malgrado l'ostruzione di numerosi elementi architettonici caduti, una varietà di materiali e problemi molto significativi per la storia del santuario pagano ed anche di quella della basilica cristiana in cui il tempio fu trasformato, probabilmente verso il V sec. d. C. Come era stato già suggerito da osservazioni preliminari, la trasformazione cristiana fu fatta togliendo le colonne dei lati E ed O dello pteròn, allineandole con quelle dei lati S e N, poi costruendo muri a 5 m di distanza dai colonnati, e finalmente un'abside all'estremità orientale, con pròthesis e diakonikòn. Un nartece ed esonartece, contigui ad un atrio, furono aggiunti all'estremità occidentale. I saggi recenti hanno portato alla luce le fondazioni della cella pagana che fu completamente distrutta e asportata dai Bizantini. L'ordinamento interno del santuario sembra consistesse in un prònaos ed in una cella abbastanza grande: una sistemazione simile a quella che si ritrova in parecchi templi del tardo periodo ellenistico, come l'Hekateion di Lagina. La pianta ipotetica del peristilio, ottastilo con 13 colonne sui lati, basata sulla presenza di capitelli ionici d'angolo risparmiati dai Bizantini, sembra essere essenzialmente corretta. Tuttavia la data di costruzione generalmente attribuita al periodo di Adriano (117-138) deve essere spostata. La ceramica trovata nel contesto delle fondazioni della cella, inclusi parecchi frammenti di tipi a rilievo, non va oltre il periodo elleninistico tardo. Perciò si deve rialzare l'inizio della costruzione del tempio al principio del I sec. a. C., un periodo che conviene ugualmente alla lavorazione di certi particolari architettonici come i capitelli ionici originali. Invece la datazione adrianea dell'elegante tèmenos, assicurata da frammenti dell'iscrizione dell'epistilio, non può essere messa in dubbio. Alcuni saggi hanno anche dimostrato che il bel muro costruito dagli architetti cristiani dentro l'estremità orientale della basilica, limitando l'abside, non era un'opera bizantina effettuata con i blocchi della cella, ma apparteneva ad una costruzione ellenistica contemporanea al tempio, probabilmente un muro di recinto o tèmenos.
Sono anche stati chiariti gli antecedenti del tempio ellenistico. Un frammento di un pavimento di mosaico a tessere di mattone crudo distrutto dalle fondamenta del prònaos, a 1,50 m dal livello del suolo della basilica, suggerisce la presenza di un edificio, forse un tempio, probabilmente del III sec. a. C. Un saggio limitato, sotto il mosaico, ci dà testimonianza di accumulazioni anteriori. Inoltre la scoperta, nelle fondamenta sia della cella che del muro orientale (che sostiene l'abside), di abbondanti frammenti di ceramica attica, lidia, greca orientale, del VII e VI sec. a. C. ed anche più antica, e di statuette di terracotta (fra le quali parecchie figurine di dea seduta), indica non soltanto una occupazione antica della zona, ma anche la vicinanza o almeno l'esistenza di un santuario arcaico dedicato ad una dea madre.
Simultaneamente, l'esplorazione del bema, del presbyterium e dell'abside della basilica cristiana, ha rivelato un passaggio semicircolare ornato di affreschi bizantini nell'abside, databile all'XI-XII secolo.
Durante le ricerche fatte vicino alle due colonne con scanalatura obliqua che si trovano ad E del tèmenos di Afrodite e che facevano parte, probabilmente, di un pròpylon monumentale, sono stati ritrovati molti elementi che riguardano la struttura di questo. La datazione del pròpylon (che è veramente un tetràpylon, poiché consiste di quattro file di quattro colonne di stile diverso l'una dall'altra e con alta base) dovrebbe essere limitata al II sec. d. C., probabilmente nella seconda metà. La prima fila da E è formata da quattro colonne a scanalatura obliqua, di ordine corinzio; la seconda, da doppie colonne pure corinzie; nella terza fila poi di nuovo colonne a scanalatura a spirale; e finalmente nella quarta fusti monolitici con capitelli indeterminati. La distanza tra le file delle colonne non è uguale: 0,75 m separano la prima fila dalla seconda, 5,20 m la seconda dalla terza e 1,20 m la terza dalla quarta, mentre l'intercolumnio è più ampio al centro. Il tetràpyion si presentava così come un ingresso monumentale, o una porta a quattro lati. La scoperta di certi elementi decorativi architettonici suggerisce parecchi particolari: l'architrave dell'intercolumnio centrale era arcuato per le file orientale e occidentale, cioè la prima e la quarta, formando una lunetta semicircolare nello spazio corrispondente alle file interne. La seconda fila, a doppie colonne, era chiusa come una porta: si vedono ancora tracce del punto di attacco di un parapetto a traliccio di marmo. La decorazione scultorea del tetràpylon consisteva di lastre ad alto rilievo con figure umane ed animali fra ricchissimi motivi floreali e spirali d'acanto. Certi frammenti scoperti dal Gaudin nel 1904 furono erroneamente identificati come acroteria. Di fatto, tutti appartengono alla decorazione del timpano della facciata, compresi gli spazi fra la prima e la seconda fila e l'architrave arcuato, e rappresentano eroti, vittorie e cacciatori con animali o a cavallo, tra volute e spirali d'acanto.
A S del tèmenos di Afrodite, lo scavo di una depressione che già suggeriva un edificio di tipo teatrale, ha portato alla luce un odeon molto ben conservato. Il diametro della cavea, precisamente la ima cavea, composta di 9 file di sedili, divise in 5 cunei, è di circa 32 m; la summa cavea (diametro 46 m) sprofondò, probabilmente al principio dell'età cristiana, a seguito di un terremoto, e i fornici che una volta la sostenevano furono convertiti ad usi diversi. La ima cavea invece fu riparata fino al diàzoma e continuò ad essere adoperata. Il restauro è suggerito da una iscrizione sul pulpito della scena, ed anche da certe modificazioni visibili nell'orchestra. Uno spazio, fra l'estremità dell'elegante mosaico di opus sectile che forma il pavimento dell'orchestra e i primi gradini, indica la soppressione in quel punto di una fila di sedili per creare così una fossa di orchestra più profonda e formare la conistra. Due scalette di tre gradini ognuna, costituite da frammenti di sedili, conducono nella fossa.
Il muro della scena dell'odeon, forato da 5 porte, presentava una volta una facciata molto ricca di decorazioni, con colonnati sovrapposti di marmo di colori diversi e con timpani alternativamente triangolari o semicircolari. Nelle edicole dovevano esser collocate statue, che dagli abbondanti frammenti trovati nella fossa dell'orchestra dovevano essere di ottima fattura. Dietro la scaenae frons un corridoio con tre porte dava in una porticus post scaenam che forma parte del lato settentrionale dell'agorà di Afrodisiade. Parecchie statue onorarie e basi di statue di personaggi eminenti nella storia della città sono state trovate nel portico, fra le quali il ritratto di un senatore, L. Ant. Cl. Dometino Diogene; della sua congiunta Claudia Antonia Taziana (età severiana); di un governatore (?) di nome Oikoumenios, e di altri.
Dietro uno dei fornici occidentali che sostenevano una volta la summa cavea, è stato scoperto nel 1967 un monumento a base circolare o heròon, con un sarcofago ed un altare. Alcuni particolari dimostrano con certezza che l'heròon esisteva prima della costruzione dell'odèon, cioè nel II sec. a. C.
Direttamente ad O dell'odèon ed a SO del tempio di Afrodite, una serie di scavi hanno rivelato sin dal 1963 un grande complesso datato nel periodo bizantino. È probabile che la costruzione originale risalga al V sec. d. C., ma è chiaro che numerosi cambiamenti furono fatti fino al sec. XIII. L'elemento più importante dell'architettura del complesso è un'aula a tre absidi, preceduta da un peristilio e fiancheggiata a N da un'altra sala con un'abside orientale e un'anticamera ad O. Tre vani con soffitto a vòlta furono aggiunti, in un periodo più tardo, sul lato meridionale del peristilio al posto di vari elementi, fra i quali ambienti di bagni privati. Pavimenti di mosaico adornavano due anticamere ad O del peristilio (IV-V secolo). Il carattere residenziale di questo edificio non può essere messo in dubbio. La sistemazione dei tre ambienti terminali, non troppo diversa, fra l'altro, dal cosiddetto Palazzo a Tolemaide in Cirenaica, ed anche il ritrovamento di parecchi sigilli di piombo con l'iscrizione Metròpolis tès Karìas suggeriscono la presenza qui, se non del palazzo vescovile, almeno della residenza di un personaggio ufficiale importante sia religioso che civile, fra il V e il XII secolo.
P. Gaudin, il primo scavatore di A., concentrò i suoi lavori sulla corte orientale o palestra, e sugli imponenti ruderi delle Terme di Adriano, che sono indubbiamente fra i più importanti stabilimenti del genere nell'Asia Minore. I lavori della missione americana sono stati iniziati qui nel 1963, con un'esplorazione del labirinto di gallerie sotterranee utilizzate per il servizio, la condotta e l'evacuazione dell'acqua. Gli scavi fatti proprio nel cuore dello stabilimento hanno messo alla luce il praefurnium, subito dietro l'esedra decorata dai pilastri scolpiti trovati dal Gaudin, e il calidarium. Tre altre gallerie che comunicano una con l'altra ed anche con il calidarium sono quasi completamente messe alla luce. Una è probabilmente un tepidarium, mentre l'identificazione delle altre due rimane ancora incerta. Il tepidarium era fiancheggiato da un sudatorium con un bacino circolare al centro, nel quale si entrava attraverso una sala che era forse l'apodyterium. A NE del complesso balneare è stato trovato nel 1967 il frigidarium con una piscina rettangolare.
Allo stato presente degli scavi, possiamo riconoscere qui, come in altri monumenti di A., tracce di seri guasti sofferti dall'edificio, dovuti ad un terremoto che ebbe luogo al principio dell'età cristiana. Trasformazioni e restauri sono evidenti, e l'uso bizantino delle terme fu certamente limitato alla parte centrale del complesso originale. Molte sculture di notevole qualità ed importanza sono state ritrovate nelle gallerie e nelle sale (v. sotto).
Nella parte meridionale di A. il terreno presenta una collina, piuttosto piccola (circa 20 m), che si è convenuto di chiamare "l'acropoli". La forma conica regolare e la posizione di questa collina suggeriscono un'origine artificiale, sia un höyük o un tumulo; comunque non era certamente un'accumulazione creata solo per sostenere il grande teatro tagliato sul versante orientale.
Nel 1967, un saggio sul lato O dell'acropoli documentò in modo sicuro l'occupazione del luogo nell'Età del Bronzo. Sotto una certa profondità apparvero complicati complessi di muri di mattoni crudi su fondazione di pietra, focolari, pìthoi ed un cortile; tutto questo insieme ad una quantità impressionante di ceramica dell'Età del Bronzo Antico, aghi ed asce di bronzo e figurine piatte di pietra. Sono riconoscibili parecchi livelli ma rimangono più di 5 m di terra ancora inesplorata, fino al livello dell'acqua. In seguito al risultato significativo di queste ricerche, un altro saggio è stato iniziato vicino ad una leggera prominenza (Pekmze) a E dell'acropoli e all'estremità del villaggio quasi abbandonato di Geyre. Dopo appena 2 m di scavo si è incontrato del materiale preistorico, compreso un pìthos con le ossa di una donna e varie offerte di gioielli e ceramica, il che costituisce certamente un'intrusione in un'abitazione molto più antica. Ne consegue che la prominenza cosiddetta Pekmez potrebbe verosimilmente essere la più antica delle due colline preistoriche di A., che fu abbandonata nell'Età del Bronzo Antico, se non nel Calcolitico. Quindi si può ora considerare legittimamente A. come uno dei siti di maggiore importanza per il periodo preistorico dell'Anatolia occidentale.
Allo stesso tempo è stato iniziato lo studio e lo scavo del grande teatro della città sul lato E dell'acropoli. Una esplorazione minuziosa dei ruderi sopra terra e incorporati nelle case vicine ed abbandonate del villaggio, rivela le dimensioni imponenti del teatro, e la sua cavea a forma di ferro di cavallo. Mentre la summa cavea pare aver sofferto nel periodo bizantino, la ima cavea fu seppellita sotto un'accumulazione di terra e di pietre, in parte dovuta forse a un terremoto. Sono ora visibili il pulpitum della scena, parte della scena stessa, il principio della pàrodos N, e 5 file di sedili della cavea. Parte del diàzoma e 6 file superiori sono state scoperte durante un'altra esplorazione. Il pavimento del proscaenium è quasi intatto così come il tunnel a vòlta sotto il proscaenium. Alcuni elementi decorativi della scaenae frons sono stati ritrovati: fra i quali una statua di Domiziano e parecchi importanti documenti epigrafici, come per esempio la lettera di Gordiano III agli Afrodisiensi.
Nello stesso tempo sono state esplorate le rovine di altri monumenti importanti nella zona della città. A S dell'acropoli, un edificio a pianta basilicale (Basilica A) fu parzialmente scavato nel 1961. La sua trasformazione in chiesa è evidente. La basilica faceva indubbiamente parte di un complesso molto più vasto ad E. Lo scavo di questo complesso fu incominciato nel 1904 dal Gaudin, che lo definì allora un ginnasio. Un'altra chiesa, alla base SO dell'acropoli, è stata scavata quasi completamente. La sua pianta con tre absidi e il grande numero di tombe cristiane ritrovate dentro e fuori di essa fanno pensare ad un martyrion. La data di costruzione pare problematica; è evidente però che l'edificio fu eretto su una strada romana del I sec. d. C., ad un incrocio.
Fino ad ora, comunque, mancano elementi sicuri per una ricostruzione della pianta urbanistica di A. e dello sviluppo della città, anche se si possono riconoscere alcune tracce di vie e di strade.
La quantità e varietà dei ritrovamenti di ogni tipo nel corso delle sei ultime campagne sono impressionanti. Ceramica, terrecotte, monete, bronzi, gioielleria ed altri oggetti, con datazioni dall'Età del Bronzo fino al sec. XIII, illustrano la lunga e brillante storia della città caria. Le scoperte più notevoli però, sia in qualità che in quantità, sono senza dubbio le sculture, che comprendono elegantissimi rilievi, intarsi, rari tipi di sarcofagi, ritratti eccezionali e statuaria colossale. La loro eccellenza non ci sorprende, se ricordiamo i giudizi già espressi dagli studiosi sulla scuola di A.; certuni hanno considerato questo gruppo di artisti come essenzialmente copisti. Il materiale portato alla luce dalla missione americana conferma non soltanto l'abilità eccezionale degli Afrodisiensi nella lavorazione del marmo, ma anche un'originalità e una versatilità rare. Una delle creazioni più originali è senza dubbio il fregio di Zoilos, che onora il cittadino dello stesso nome, rappresentandolo circondato da figure allegoriche come Demos, Polis, Timè, Aion, ecc.
L'odèon ci ha offerto un numero straordinario di sculture di qualità, fra le quali varie statue di poeti o filosofi seduti, bellissime teste di Apollo e figure di dee e di cittadini, compresi parecchi ritratti. Sono particolarmente evidenti in questi ultimi una fresca originalità, e un raro virtuosismo. La bellissima statua di L. Ant. Cl. Dometino Diogene e di Claudia Antonia Taziana sono certamente capolavori della scultura antica. In più, due nuove firme, scoperte su basi di statue nel 1964, si aggiungono alla lista degli artisti di A.: Alexandros, figlio di Zenon, che firmò il ritratto di Claudia Antonia Taziana, e Flavius Andronicus, probabilmente parente dell'artista dallo stesso nome e conosciuto dalle firme del gruppo dell'Esquilino, ora a Copenaghen.
Le Terme di Adriano, che avevano rivelato una notevole quantità di sculture nel corso degli scavi del Gaudin, continuano ad essere fonti di scoperte. Un magnifico busto, forse di Traiano, è stato estratto dallo scavo del calidarium; un tipo nuovo di chlamydatus, tre teste colossali, un torso maschile gigantesco e frammenti significativi dei famosi gruppi dell'Achille e Pentesilea, e del Menelao con Patroclo, sono fra i più notevoli ritrovamenti dell'apodyterium e del frigidarium. Prova dell'attività intensa e costante degli scultori carî è il numero sempre più grande di scoperte di frammenti, specialmente non finiti. Una serie di tali frammenti, accompagnati da altri lavori già completati, è stata scavata dietro l'odeon nel 1967, forse nelle vicinanze di una officina di scultori: fra questi, un rilievo neoclassico di atleta, due versioni di un Satiro che gioca con il piccolo Dioniso (molto simile al gruppo firmato da Flavius Zenon a Copenaghen), un giovane Ercole (?), la bellissima testa di un satiro che ride, il gruppo di Pan che estrae una spina dal piede di un satiro, un busto di filosofo e molti altri. Anche una statua colossale dell'Afrodite di Afrodisiade fu trovata nella stessa zona nel 1962, adoperata nella fondamenta di un muro bizantino, ma probabilmente proveniente dal vicino tèmenos della dea.
Sulla base di questo notevole materiale, la scuola di A. costituisce un anello di congiunzione eccezionale fra la scultura ellenistica e quella romana. Nella tecnica, la bravura, la lavorazione raffinatissima del marmo, e nella scelta di temi e soggetti come eroti, centauri, satiri, pescatori, gli artisti di A. perpetuavano le tradizioni ellenistiche. Non è perfino impossibile che la scuola sia stata fondata nella città caria nel I sec. a. C. da artisti che avevano lavorato a Pergamo. Come i loro predecessori pergameni, gli scultori di A. si ispirarono spesso a capolavori, tradizioni e particolari del V o IV sec. a. C. Le recenti scoperte dimostrano non soltanto la posizione speciale della scultura afrodisiense nell'arte dell'Asia Minore romana, ma anche la sua importanza eccezionale nella storia dell'arte antica. Si deve anche finalmente fare notare che recenti ricerche fra documenti privati ed archivî hanno rivelato la dispersione di un certo numero di sculture e frammenti di statue trovate dal Gaudin nel 1904-5, finora sconosciute e mai pubblicate.
Grande interesse offrono anche i documenti epigrafici trovati nelle ultime campagne. Alla raccolta di iscrizioni già conosciute sono stati aggiunti un grande numero di nuovi frammenti e di testi che promettono di illuminare la storia della città come pure quella dell'Asia Minore. Oltre alle numerose basi di statue, sono anche state trovate iscrizioni tardo-ellenistiche, una delle quali menziona il koinòn Asias, una lettera di Gordiano III, un altro documento del I sec. a. C., una copia d'una lettera (di Marcantonio?) indirizzata agli Afrodisiensi, parecchi nuovi frammenti del De pretiis di Diocleziano.
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