AFIDI (lat. scient. Aphides [genere Aphis L.]; fr. aphidiens, pucerons; sp. pulgones; ted. Aphiden, Blattlȧuse; ingl. Aphidian, Weevils)
Insetti noti comunemente coi nomi di Gorgoglioni o Pidocchi delle piante, perché vivono attaccati su di esse e si nutrono esclusivamente di succhi vegetali. Hanno dimensioni piccole, sempre però visibili ad occhio nudo; le forme più grandi raggiungono i 5-7 mm. Vivono in colonie, di solito molto numerose. Le singole specie sono polimorfe, cioè costituite da individui di aspetto diverso, che si succedono o si presentano nelle varie generazioni con un ritmo regolare, dando origine a cicli di sviluppo assai complessi.
Di regola, in una specie, si distinguono tre sorta di femmine ed una sola sorta di maschi, ma in qualcuna vi sono anche maschi di due sorta. Le femmine possono essere attere o alate; le attere sono vivipare, cioè partoriscono figli già in grado di nutrirsi, od ovipare, cioè depongono uova; le alate sono vivipare; i maschi possono essere atteri o alati. Le femmine vivipare sono pure partenogenetiche, cioè non vengono fecondate; le ovipare, invece, debbono essere fecondate. Le femmine attere vivipare hanno il corpo ovoidale, molle, a volte nudo a volte rivestito da secrezioni cerose, che dànno all'animale un aspetto farinoso o lanoso. Il capo, più o meno ben distinto dal torace, porta un paio di occhi composti ed un paio di antenne, di lunghezza variabile, sulle quali sono disposti gli organi di senso olfattorio, rappresentati da fossette di vario aspetto. L'apparato boccale, detto rostro o proboscide, è adattato a succhiare. Ha l'aspetto di una lunga doccia, che si estende sulla faccia ventrale giungendo a volte fino al limite posteriore del torace, a volte fino agli ultimi segmenti addominali. Nella doccia, che è formata dal cosiddetto labbro inferiore, sono adagiate le mandibole in forma di lunghi stiletti, che perforano i tessuti vegetali, e le mascelle che si saldano insieme a costituire un tubo, in cui passano i succhi della pianta e la saliva dell'insetto. Il torace, di solito, porta ventralmente le tre paia di zampe; i segmenti che lo costituiscono non sono sempre egualmente distinti. L'addome, composto di otto o nove segmenti, termina con un prolungamento assottigliato detto codetta o cauda. Il 6° segmento, dal lato dorsale, lateralmente, porta degli organi caratteristici detti sifoni, cornicoli, o nettarî. Sono questi dei tubicini variabili per la lunghezza e per la forma, che possono sporgere appena dalla superficie, o al massimo essere lunghi quanto la metà del corpo; in certe specie sono cilindrici, in altre rigonfiati nel mezzo, o alla base, o clavati, o appena discoidali. Il nome di nettarî deriva dalla falsa credenza che secernessero una sostanza zuccherina ricercata dagli altri insetti e specialmente dalle formiche, ma poi si è osservato che essi lanciano invece un liquido simile a cera, che rapidamente si condensa a contatto dell'aria, e serve di difesa contro i nemici. Le sostanze zuccherine si trovano negli escrementi.
Le femmine alate hanno il corpo più stretto e più allungato delle attere, la testa, il torace e l'addome più nettamente separati. Presentano quattro ali, tutte interamente membranose con poche nervature; allo stato di riposo le tengono disposte sul corpo obliquamente, a tetto; solo in pochi casi orizzontalmente o verticalmente.
Le femmine attere ovipare somigliano alle vivipare, ma di regola sono più piccole, hanno antenne e zampe più corte e possono essere prive di apparato boccale. Compaiono contemporaneamente ai maschi ed insieme ad essi costituiscono la generazione sessuata.
I maschi, tanto atteri quanto alati, hanno il corpo più ristretto delle femmine, e di regola sono più piccoli. Le ali, quando esistono, relativamente alle dimensioni del corpo, sono assai sviluppate, specialmente le anteriori.
Alcune specie di Afidi sono polifaghe, cioè possono nutrirsi su diverse piante, altre sono monofaghe, cioè legate ad una sola specie vegetale; nel caso più frequente compiono alcune generazioni su piante determinate, altre generazioni su altre piante e poi ritornano a quelle primitive. Queste migrazioni sono spesso difficili da seguire, cosicché le varie forme di una stessa specie possono sfuggire all'osservatore o essere considerate come appartenenti a specie diverse. Per tali ragioni la biologia e la sistematica degli Afidi sono sempre discusse e rivedute.
Per quanto svariati siano i modi di sviluppo, pure il ciclo tipico può ridursi al seguente. Durante l'inverno la specie è rappresentata soltanto dalle uova fecondate dette appunto uova durevoli o uova d'inverno. Da ognuna di queste, in primavera, nasce una larva che, dopo aver compiuto un certo numero di mute, per lo più quattro, diventa, salvo poche eccezioni, una femmina attera partenogenetica, detta fondatrice perché dà origine a tutta la colonia. Essa infatti partorisce una gran quantità di figlie, anch'esse vivipare e partenogenetiche, e grazie a questo modo di riproduzione, in un tempo assai breve la pianta ospite viene fortemente infestata. Dopo un certo numero di generazioni, talvolta già alla seconda, cominciano ad apparire le alate. L'ipotesi che l'origine delle alate sia dovuta a cattive condizioni di nutrimento non è sufficiente a spiegare tutti i casi, perché non di rado sulla stessa pianta, ad una generazione composta di attere e alate, ne segue una di sole attere; e anche perché in qualche specie già la fondatrice è alata.
Di solito le alate emigrano dalla pianta su cui si sono sviluppate e per questo prendono il nome di migranti. Le migrazioni possono avvenire tra le parti sotterranee e le parti aeree della stessa pianta, tra piante della stessa specie; ma più frequentemente hanno luogo tra piante di specie diversa, anche assai lontane nel sistema. Per convenzione si suol denominare ospite primario la pianta su cui si sviluppa la fondatrice, e ospite secondario quella su cui si stabiliscono le migranti. Sull'ospite secondario hanno luogo alcune generazioni (due o tre), l'ultima è costituita da alate che si dicono reduci perché ritornano sull'ospite primario, ed anche sessupare perché da esse nascono i sessuati. I maschi e le femmine sessuate si accoppiano, ed in seguito all'accoppiamento la femmina depone le uova d'inverno. Così il ciclo annuale è chiuso.
Molte modificazioni possono presentarsi. Il ciclo completo può verificarsi su una sola pianta, oppure può mancare l'ospite secondario, e quindi anche le sessupare e le sessuali, e la specie può riprodursi indefinitamente per partenogenesi svernando allo stato di larva, oppure tutti e due i casi possono presentarsi contemporaneamente, vale a dire le reduci restano sull'ospite secondario e vi compiono il ciclo, mentre sull'ospite primario il ciclo si continua per mezzo delle larve ibernanti. Si hanno allora le cosiddette serie parallele.
Gli afidi sono sempre dannosi, sia direttamente, per le alterazioni che producono sulle piante con la continua sottrazione di succhi nutritizî, sia indirettamente per i loro escrementi zuccherini che costituiscono la melata. Le piante colpite si presentano più o meno deformate. Talvolta si ha l'arricciamento o l'accartocciamento delle foglie, talvolta si sviluppano galle o tuberosità.
La melata danneggia le piante, sia perché con la sua presenza chiude gli stomi delle foglie ed ostacola la respirazione, sia perché è un ottimo terreno di cultura per molti funghi. Tra questi è frequentissimo un fungo nero, che quando si sviluppa in estese colonie prende il nome comune di fumaggine, dall'aspetto che assume la parte invasa della pianta, che sembra annerita dal fumo. La melata è ricercata da molti insetti, soprattutto dalle formiche, che ne sono ghiottissime.
È ben noto il fatto che le formiche salgono sulle piante infestate dagli afidi: esse inghiottono la melata man mano che viene emessa, e se la secrezione non è abbastanza rapida, la eccitano sfregando il corpo dell'afide colle loro antenne. Ma i rapporti tra afidi e formiche possono essere assai più complicati e costituiscono uno dei capitoli più interessanti della biologia. È stato osservato da varî autori che certe formiche, per conservare gli afidi, li proteggono dai loro nemici, altre li trasportano da una pianta già sfruttata su di un'altra ancora intatta perché non manchi loro il nutrimento, altre trascinano le femmine nei formicai, strappano loro le ali perché non fuggano, e poi hanno cura delle uova durante la stagione fredda, finché in primavera, schiuse le larve, le riportano sulla pianta ospite.
Fortunatamente per l'uomo, se le formiche proteggono gli afidi, parecchi loro nemici naturali ne frenano la diffusione. Tra questi vanno annoverati pochi uccelli, parecchi insetti di ordini diversi, molti funghi e batterî. Ma nonostante questi ausiliarî, la lotta contro gli afidi più dannosi all'agricoltura deve esser fatta con mezzi artificiali, specialmente con irrorazioni di sostanze insetticide.
Gli afidi sono diffusi in tutto il mondo; se ne contano una settantina di generi con più di 150 specie.
Tra le specie italiane più comuni meritano di essere ricordate quelle che hanno un'importanza per l'agricoltura. Esse sono: l'Afide del cavolo (Aphis brassicae L.) che vive sul cavolo ed altre crocifere, facendone rattrappire ed accartocciare le foglie; l'Afide della fava (Aphis rumicis L.) che ha come ospite primario varie piante legnose quali l'evonimo, l'agrifoglio, le magnolie, il pero, il bosso ed altre, e come ospiti secondarî varie piante erbacee tra cui i fagiuoli, i piselli e specialmente le fave, alle quali può produrre danni gravissimi; l'Afide del pesco (Aphis persicae Boyer), che vive tutto l'anno sul pesco, sul mandorlo e specie affini producendo un arricciamento dei giovani germogli, che ostacola la fruttificazione; l'Afide degli agrumi (Toxoptera aurantii Boyer), che danneggia le foglie, i fiori e i frutticini di queste piante; l'Afide delle graminacee (Toxoptera graminum Rond.), che in certe annate può danneggiare seriamente le graminacee coltivate; l'Afide dell'olmo (Tetraneura ulmi D. G.); il comunissimo Pidocchio delle rose (Macrosiphon rosae L.) che può compiere fino a dieci generazioni annuali; il Pidocchio sanguigno del melo, o pidocchio lanigifero o muffa del melo (Eriosoma lanigerum Hausím) pure comunissimo, che prende tutti questi nomi per caratteri distintivi facili a riscontrarsi, cioè il colore rosso sanguigno del corpo, il rivestimento ceroso che lo ricopre e dà l'aspetto di una muffa alla colonia. Il ciclo completo di questo afide si svolge solo nell'America del Nord, suo paese di origine, tra l'olmo, ospite primario, e il melo, ospite secondario; da noi invece si ha un ciclo ininterrotto sul melo, costituito solo da generazioni partenogenetiche.
Secondo le classificazioni più recenti, gli afidi costituiscono una famiglia, Aphididae, appartenente alla superfamiglia Aphidina, gruppo Homoptera, ordine Rhynchota. Essa comprende quelle forme che sono provviste di sifoni dorsali, hanno riproduzione vivipara nelle generazioni partenogenetiche, e ovipara solo nella generazione anfigonica. Per questi caratteri è stata separata dalla famiglia Chermesidae comprendente i Cńermes e le fillossere, che non hanno sifoni e sono sempre ovipari. Nelle classificazioni più antiche anche questi insetti venivano compresi tra gli afidi.
Bibl.: Moltissime sono le pubblicazioni riguardanti la sistematica, l'anatomia e la biologia di singoli afidi o gruppi di afidi; poco numerose invece le monografie concernenti l'intera famiglia. Considerando solo queste ultime, per l'Italia, vanno ricordate oltre a quelle già antiche di G. Passerini, Gli Afidi, 1860; Aphididae italicae hucusque observatae, in Arch. p. zool., anat. e fisiologia, II (1866), quelle più recenti di G. Del Guercio, Prospetto dell'Afidofauna italica, in Nuove relazioni della Stazione entomologica di Firenze, 1900, completato da altre note comparse sul giornale Redia, pure di Firenze.
Tra le straniere le più riassuntive sono la monografia inglese di G. Buckton, A Monograph of the British Aphides, in quattro volumi con figure a colori (1876-1883), completata con altre note pubblicate in Trans. Entom. Soc., Londra 1886; quella, scritta in tedesco, dell'olandese P. Van der Gott, Beiträge zur Kenntnis der holländischen Blattläuse, 1915; e quella recentissima, pure inglese, di Fr. Theobald, The plant Lice or Aphidinae of Great-Britain, I, 1926. Di difficile consultazione per la maggior parte degli studiosi sono le importanti opere dello scienziato russo A. Mordwilko, da lui scritte nella propria lingua.