AFFITTO (App. II, 1, p. 65)
Affitto di fondi rustici. - Sono intervenute leggi speciali in materia di subaffitto e di cessione di contratto (decr. legisl. lgt. 5 aprile 1945, n. 156), di revisione dei canoni (decr. legisl. C. p. S. 1° aprile 1947, n. 277; legge 18 agosto 1948, n. 1140; legge 3 giugno 1949, n. 321; legge 15 luglio 1950, n. 505, art. 3; legge 11 luglio 1952, n. 765, art.1, commi 3°-4°) e, per l'affitto a coltivatore diretto, in materia di durata (leggi 11 luglio 1952, n. 765 e 28 marzo 1957, n. 244, che richiamano anteriori disposizioni legislative). Il decreto del 5 aprile 1945 vieta ogni forma di cessione di a., di subaffitto, di sublocazione e comunque di subconcessione dei fondi rustici, disponendo la nullità dei contratti stipulati in contravvenzione a tale divieto. Sono così abrogati, per incompatibilità, gli art. 1624 e 1649 cod. civ.
Il sistema di revisione dei canoni può essere riassunto nei seguenti punti: a) traduzione in danaro dei canoni in natura; b) volontaria perequazione dei canoni in natura; c) volontaria commutazione dei canoni in danaro in canoni in natura o a riferimento; d) revisione per adeguamento attraverso il ragguaglio dei canoni in danaro a quelli in natura; e) adeguamento e perequazione dei canoni in danaro, in natura o a riferimento; f) riduzione ad equità delle obbligazioni di restituzione di soprassuoli e scorte; g) revisione di precedenti transazioni. Riguardo alla differenza tra adeguamento e perequazione, il primo riguarda soltanto i canoni in danaro e ha per presupposto il semplice mutamento del prezzo dei prodotti del fondo, talché si attua con una mera operazione aritmetica, mercé la modificazione della sola espressione quantitativa nominale della prestazione pecuniaria pattuita dai contraenti; la seconda, invece, si ispira, in via di massima, al principio generale sancito dall'art. 1467 cod. civ., in tema di eccessiva onerosità sopravvenuta dei contratti a prestazioni corrispettive, e presuppone che durante l'esecuzione del contratto siano intervenuti fatti nuovi (diversi dal mutamento del prezzo dei prodotti) che, eccedendo la normale alea del contratto, abbiano sovvertito l'equilibrio economico originariamente previsto e voluto dai contraenti, quali, per es., il mutamento della normale produttività del fondo o degli oneri fiscali che gravano sul medesimo (Cass., 6 dicembre 1958, n. 3842). Le controversie in materia di revisione dei canoni sono attualmente decise da sezioni specializzate istituite presso i Tribunali. Contro le pronunce delle sezioni specializzate è ammesso soltanto ricorso in Cassazione.
Le leggi dell'11 luglio 1952 e del 28 marzo 1957 hanno prorogato, fino al termine dell'annata agraria in cui andrà in vigore una nuova legge di riforma dei contratti agrarî, i contratti di a. a coltivatore diretto, in corso alla data di entrata in vigore dell'una o dell'altra legge, sempreché l'affittuario coltivi il fondo con il lavoro proprio e della famiglia e tale forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione. In caso di morte dell'affittuario, il contratto continua con il coniuge e con gli altri eredi legittimi, sempreché siano coltivatori diretti e dispongano di forza lavorativa pari almeno a un terzo di quella necessaria per le normali esigenze di coltivazione del fondo. Il locatore può opporsi alla proroga: 1) quando l'affittuario si sia reso colpevole di grave inadempimento contrattuale; 2) quando il locatore voglia compiere nel fondo radicali e immediate trasformazioni agrarie, la cui esecuzione sia incompatibile con la continuazione del contratto; 3) quando l'affittuario si trovi nel godimento, quale proprietario, enfiteuta o usufruttuario, di altro fondo sufficiente ad assorbire la capacità lavorativa della propria famiglia; 4) quando il locatore, che sia o sia stato coltivatore diretto, dichiari di voler coltivare direttamente il fondo o di voler farlo coltivare da un figlio che sia o sia stato coltivatore diretto; 5) quando il fondo sia stato acquistato od ottenuto in concessione enfiteutica a norma delle leggi sulla piccola proprietà contadina.
L'avente diritto alla proroga può rinunciarvi, ma la rinuncia deve, a pena di nullità, risultare da atto scritto o da dichiarazione resa dinanzi all'autorità giudiziaria. Le rinunce sono efficaci solo se risultano da documenti di data certa successiva all'entrata in vigore delle leggi di proroga o da accordi stipulati con l'assistenza delle rispettive associazioni sindacali.
La decisione di tutte le controversie relative alla proroga, comprese quelle per risoluzione del contratto e conseguente rilascio del fondo, è attribuita, in primo grado, alle apposite sezioni specializzate dei Tribunali e, in grado di appello, alle sezioni specializzate presso le Corti d'Appello.
Bibl.: G. Carrara, I contratti agrari, 4ª ed., Torino 1959, pp. 221-516; E. Bassanelli, Affitto di fondi rustici, in Enciclopedia del diritto, I, Milano 1958, pp. 761-798; A. Parlagreco, Il "canone locatizio" nel contratto di affitto agricolo, Milano 1955.