AES SIGNATUM
. Si denominano cosi alcuni gruppi di pezzi di bronzo di varia lega, fusi in doppie staffe a forma quadrilatera rettangolare, della misura massima di mm. 189 × 92, che si rinvengono però quasi costantemente frammentati, e che si differenziano per i tipi e l'arte dell'ornamentazione delle due facce più larghe.
1° gruppo: è il più noto e numeroso, ma il meno accurato per la tecnica della fusione, per lo spessore notevole e la minore larghezza dei singoli pezzi e per la lega che è di rame impuro con molto ferro. I pezzi sono ornati a rilievo prima su una e poi sulle due facce da una figurazione lineare detta per similitudine del ramo secco. Il maggior numero dei pezzi, di provenienza nota, 84 almeno, si sono rinvenuti nell'Italia superiore, una decina di pezzi in Etruria, qualche esemplare nel Lazio e nel Piceno. I ritrovamenti sono sporadici (Levizzano, Modena, Fucecchio, Lago Fucino); in tombe (Marzabotto, Sanpolo D'Enza); in veri e proprî depositi in terra libera (Sanpolo d'Enza, Quingento), o contenuti in dolî anche con aes rude (Castelfranco dell'Emilia, Castelnuovo di Porto, Campeggine); in depositi votivi e stipi (Monte Falterona, Tivoli); infine in qualche vero e proprio ripostiglio monetale con aes grave. ecc. (Ariccia, Vulci, La Bruna presso Spoleto). I più antichi ritrovamenti, depositi e tombe, risalgono al sec. VI e al V a. C., laddove i ripostigli monetali scendono alla fine del sec. IV e al principio del sec. III a. C. Il pezzo noto più pesante del ritrovamento di Quingento (Parma), pesa kg. 3,435; i più piccoli frammenti, 20 e 30 grammi.
I dati dei ritrovamenti portano a stabilire il luogo di fabbricazione nell'Italia superiore fra Parma e Bologna.
2° gruppo: sono pochi pezzi simili ai precedenti, ma di fattura più accurata e con qualche pretesa d'arte nelle varie figurazioni che portano in rilievo sulle due facce, e che sono: la spina di pesce, l'asta, i delfini (fig.1), la mazza, i crescenti lunari, le stelle, la lettera A sormontata da due o tre linee rette orizzontali e parallele. Per quanto si sa, questi pezzi provengono dall'Etruria, il cui aes grave ripete qualcuna delle suddette figurazioni, e ivi si deve ricercare il luogo di fabbricazione.
Degni di speciale menzione sono tre frammenti che portano al dritto in rilievo un ramicello con foglie, e al rovescio in incavo un'ornamentazione a volute. Il pezzo, di ottima fattura, ultimamente rinvenuto nel ripostiglio di Santa Marinella (cfr. Notizie degli scavi, 1928, 83 segg.), porta scritto a rilievo, sotto il ramoscello, la leggenda Rom. Con questo pezzo si passa al seguente gruppo.
3° gruppo: è costituito dai pezzi più belli, i quali, per la forma e le dimensioni, si avvicinano ai precedenti, ma se ne distaccano per la perfezione della tecnica, per la lega del metallo, per la bellezza, l'arte, la varietà delle figurazioni, che sono: 1. aquila su fulmine pegaso e Romanom (tav. CV); 2. scudo dall'esterno-scudo dall'interno. 3. spada-fodero; 4. spiga-tripode; àncora-tripode; 6. tridente-caduceo vittato; 7. polli-rostri (tav. CVI); 8. toro-toro (tav. CVI); 9. elefante-maiale. Sono i cosiddetti quadrilateri di bronzo, della forma di un sottile mattone misurante in media mm. 165 × 100, della stessa lega delle prime monete romane librali, fusi in staffe perfettamente combacianti, onde sono minime le tracce della sbavatura, di peso vario (i pezzi interi pesano da gr. 1830 a gr. 1142). Le magnifiche figurazioni riassumono tutta l'arte dell'epoca in cui i pezzi vennero fusi. Sino ad oggi si conoscono almeno 22 esemplari interi e 50 frammenti di ogni dimensione, provenienti, per quanto si sa, dalla stipe di Vicarello, dai ripostigli di Ariccia, di Vulci e La Bruna presso Spoleto, ove erano mescolati con aes rude, aes signatum (1° gruppo), aes grave; infine anche da tombe, e sporadicamente (Bomarzo, Castel Gandolfo, Velletri, Tor Marancia).
I modi analoghi di ritrovamento, di fabbricazione, di forma hanno determinato per tutti e tre questi gruppi gli stessi problemi riguardanti l'ente che ne ordinò la fusione, il luogo e il momento della loro fabbricazione, gli usi a cui poterono servire.
Per i pezzi dei due primi gruppi è prevalso il concetto che essi siano stati i succedanei dell'aes rude, che siano quindi stati fusi per servire a tutti quegli usi cui quello aveva precedentemente servito e precipuamente come mezzo di scambio, metallo a peso, sul quale le varie figurazioni poterono servire come marchi di fabbrica e di provenienza.
Le speciali caratteristiche del 3° gruppo ne hanno complicato il problema. Si dissero primieramente costituire la moneta di Servio Tullio, secondo la notizia di Plinio (Nat. Hist., 33, 3, 13.: Servius rex-primus signavit aes. Antea rudi usos Romae Timaeus tradit. Signatum est nota pecudum unde et pecunia appellata). Dal peso, molto variabile però, questi quadrilateri si considerarono quadrussi e quincussi, cioè pezzi da 4 e 5 assi librali, sulla libbra di gr. 327; ma recentemente un esame più approfondito dei varî elementi, cioè il peso variabilissimo, la costante assenza dei segni del valore e l'arte delle figurazioni, fece loro giustamente assegnare un'epoca ben più recente, dalla seconda metà del sec. IV alla prima metà del sec. III a. C. Si considerarono quindi non solo dell'età della repubblica romana, ma contemporanei dell'aes grave, cioè della prima vera e propria moneta romana librale di stato, di forma lenticolare; ad essi quindi venne negata la qualità di moneta vera e propria: ciò che oggi pare ammesso generalmente. Ma il problema che li riguarda, non è stato sinora risolto in modo adeguato. Più recentemente sono stati considerati, volta a volta, pani di metallo da fondere quale articolo di esportazione, pesi, moneta privata Si vuole ancora che essi siano semplici monumenti votivi fabbricati dalla zecca statale di Roma per commemorare singoli avvenimenti storici e religiosi dello stato, cui alluderebbero i varî tipi; un'ultima asserzione è quella che divide le barre secondo l'arte e i tipi delle figurazioni in due gruppi, l'uno di origine greca, l'altro di origine italica, e vede nei tipi gli stemmi delle città che li avrebbero fabbricati e figurazioni commemoranti speciali eventi locali. Oggi pare prevalere il concetto che i quadrilateri non appartengano alla classe dei mezzi legali di pagamento, ma siano stati destinati a servire a tutti quegli altri usi per i quali sino allora avevano servito prima l'aes rude, poi l'aes signatum più rozzo.
Bibl.: G. Marchi e S. Tessieri, L'"aes grave" del Museo Kircheriano, Roma 1839; Mommsen, Hist. de la monnaie rom. trad. franc., Parigi 1865, I, pp. 174 segg.; R. Garrucci, Le monete dell'Italia antica, Roma 1885, pp. 1-13; L. A. Milani, Aes rude, signatum e grave, in Riv. ital. numism., 1891, p. 26 segg.; H. Willers, in Wiener Numism. Zeitschr., XXXVI (1905); E. J. Haeberlin, Del più antico sistema monetario presso i Romani, in Riv. ital. numism., 1906; id., Aes grave, Francoforte sul M. 1910, pp. 10-24, tavv. 5-9; 93-94; L. Comparette, Aes Signatum, in American Journal of Numismatic, LII (1919), pag. 1 segg.