QUILICO, Adolfo
QUILICO, Adolfo. – Nacque a Milano il 12 novembre 1902, da ascendenze astigiane (il padre Carlo, sovraintendente dell’Accademia di Brera) e siciliane (la madre Angelica Nicastro).
Dopo aver seguito in questa città gli studi medi, conseguì la licenza fisico-matematica presso l’istituto tecnico Carlo Cattaneo. Nell’ottobre del 1919 si iscrisse alla scuola preparatoria per ingegneri del Politecnico dove iniziò una brillante carriera scolastica, interrotta però al secondo anno per una malattia, che lo costrinse a sottoporsi a una lunga cura elioterapica in Sicilia. Del periodo trascorso in Sicilia conservò sempre un piacevole ricordo per quella terra che gli ridette la salute.
Riprese quindi gli studi nel 1922 e li proseguì con eccellente profitto, laureandosi con il massimo dei voti e la lode in ingegneria industriale (sezione chimici) il 26 ottobre 1925. Durante gli studi frequentò, quale allievo interno, il laboratorio di chimica generale sotto la guida di Giorgio Renato Levi, pubblicando due note prima del conseguimento della laurea; successivamente ottenne la nomina ad assistente straordinario alla cattedra di chimica generale e analitica di cui era titolare Giuseppe Bruni (Cardani, 1988, p. 99).
Nel laboratorio dell’istituto, situato al primo piano del vecchio edificio di piazza Cavour (ora via del vecchio Politecnico) trovò come colleghi Adolfo Ferrari e Arnaldo Corbellini, oltre al suo grande amico Giulio Natta, futuro premio Nobel. Mentre questi iniziavano un’intensa attività scientifica nel campo dell’indagine strutturistica con i raggi X, Bruni, che intuì le doti del giovane assistente, lo lasciò libero di seguire il suo istinto. Quilico avviò per proprio conto una serie di ricerche sull’azione dell’acido ammino-solfonico sulle ammine aromatiche, sui fenoli, sui loro eteri e su alcuni composti insaturi. Da queste ricerche e da quelle che seguirono sui sali di diazonio e sull’azione dell’acido nitrico sui composti insaturi, si intuisce che Quilico sentì l’influenza di Angelo Angeli, di cui studiò a fondo i lavori, ottenendo da lui consigli e incoraggiamento nel corso di frequenti visite a Firenze (Quilico - Freri, 1929).
Conseguita nel 1929 la libera docenza in chimica organica, Quilico proseguì una serie di ricerche sulle proprietà ossidanti dei sali di diazonio e sui neri di pirrolo, che si ottengono per azione del pirrolo stesso con l’acqua ossigenata in acido acetico. Pensava probabilmente che fosse il processo che più assomigliava alla formazione delle melanine naturali, sulle quali scrisse una monografia, I pigmenti neri e bruni di origine animale e vegetale, che ottenne nel 1935, da parte dell’Istituto lombardo di scienze e lettere, il premio della Fondazione Cagnola.
Dopo essere stato ternato a un concorso alla cattedra di chimica generale e inorganica, alla fine del 1936 fu chiamato all’Università di Parma e dopo un anno si trasferì all’omonima cattedra dell’Università di Firenze, dove rimase fino al 1943, quando rientrò al Politecnico di Milano per coprire la cattedra di Bruni dopo il collocamento a riposo di quest’ultimo.
A Firenze iniziò la sua collaborazione con Giovanni Speroni sulla chimica dell’isossazolo, ricerche che proseguì attivamente anche dopo il ritorno a Milano. Le ricerche da lui intraprese sull’azione dell’acido nitrico sull’acetilene, reazione già studiata da altri ma senza successo, gli permisero di isolare alcune sostanze azotate, che dimostrò essere derivati dell’isossazolo, come gli acidi isossazolocarbossilici; fu questo l’inizio di una lunga serie di lavori sapientemente sviluppati che costituiscono le basi di sviluppo di questo interessante eterociclo.
Studiò numerosi nuovi derivati isossazolici, preparati sia con sintesi tradizionali sia con nuovi metodi, quali quelli basati sull’azione delle clorossime o dell’acido fulminico su alcheni e alchini. La sintesi fulminica fornì la chiave per interpretare la formazione dei moltissimi derivati isossazolici, ove l’acido fulminico figura tra i composti intermedi; dimostrò inoltre che la reazione con le clorossime è dovuta all’azione dell’ossido di nitrile che si forma come intermedio. Gli studi di Quilico sui nitrilossidi furono la base su cui più tardi Rolf Huisgen costruì la sua notissima teoria sulle cicloaddizioni 1,3-dipolari.
Un altro settore nel quale Quilico eccelse fu quello della chimica delle sostanze di origine naturale, del quale può essere ritenuto il fondatore in Italia: egli fu un chimico organico puro, nel senso che accettava la struttura di una molecola soltanto se era possibile riprodurla per sintesi. All’inizio degli anni Cinquanta, Quilico si recò negli Stati Uniti, ove affinò le sue conoscenze e metodologie, collaborando attivamente alle ricerche sull’ergosterolo sviluppate presso la scuola di Louis Fieser che erano oggetto di comunicazioni sui giornali dell’American Chemical Society (Di Modica, 1983).
Quilico fu attratto dal pigmento nero prodotto dalle spore di un fungo, l’Aspergillus niger, lo isolò e dimostrò che il pigmento, che chiamò aspergillina, aveva una struttura aromatica fortemente condensata con gruppi acidi; queste osservazioni, pur non consentendo ancora di assegnare una formula di struttura, lo autorizzarono a parificarla alle cosidette sostanze umiche (Quilico et al., 1933). Dalle spore di un’altra muffa, l’Aspergillus echinulatus, isolò due pigmenti che riconobbe identici alla flavoglaucina e all’aureoglaucina, isolati da sir Robert Robinson da un ceppo di Aspergillus; corresse le formule di struttura dei due pigmenti ipotizzate da Robinson e iniziò a studiare un metabolita prodotto da Aspergillus echinulatus che chiamò echinulina. Fu uno studio lungo e difficile per i mezzi che il chimico aveva allora a disposizione. Aiutato anche dalla sintesi di alcuni prodotti di degradazione, Quilico giunse infine a stabilirne la struttura. Di altre numerose sostanze prodotte da muffe, quali la lucensomicina, gli acidi trisporici, il trisporone, o da piante quali l’attrattiloside, studiò la struttura e le reazioni.
Iniziò successivamente un’intensa collaborazione con l’entomologo Mario Pavan dell’Università di Pavia; tra il chimico e il naturalista si stabilì una particolare unione scientifica che portò a ricerche pionieristiche sull’isolamento e sulla determinazione della struttura di parecchie sostanze contenute o secrete da formicidi, miriapodi e coleotteri: sostanze responsabili del comportamento degli insetti e che regolano la loro vita sociale. La più interessante di queste sostanze fu senza dubbio la pederina, presente in minima quantità nel coleottero Paederus fuscipes; la determinazione della struttura (risultata del tutto insolita) richiese anni di lavoro, in parte dovuto all’azione vescicante della stessa (Cardani, 1988, p. 103). Quilico si interessò fino all’ultimo delle sostanze naturali con grande passione e fu prodigo di osservazioni e suggerimenti in un settore in cui aveva pubblicato non meno di settanta lavori.
Queste ricerche risvegliarono in Italia l’interesse per le sostanze organiche naturali e Quilico ne stimolò lo studio costituendo, nell’ambito del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), un centro per il loro studio. Seppe attorniarsi di numerosi e validi collaboratori che mai forzò a seguirlo nelle sue ricerche: citiamo, per esempio, Massimo Simonetta, chimico teorico, e i chimici organici Cesare Cardani, Giuseppe Casnati, Paolo Grünanger, Franco Piozzi. L’attività scientifica di Quilico si sviluppò in un particolare periodo della chimica organica che vide, accanto all’accumulo dei dati sperimentali, i primi tentativi di una loro razionalizzazione; un secondo aspetto non meno interessante fu l’indagine dei meccanismi biosintetici che portarono alla formazione dei composti organici naturali.
Quilico fu collocato a riposo nel 1973. Sempre sereno e sempre disponibile a parlare di scienza, uomo di vasta cultura, poliglotta – conosceva oltre all’inglese, il francese e il tedesco – amava leggere le opere letterarie russe nella lingua originale e possedeva un’invidiabile biblioteca, ricca di libri di chimica, ma anche di opere storiche e letterarie in varie lingue e di libri di antiquariato, che si era procurato prevalentemente a Firenze, scegliendo con cura tra le librerie e le bancarelle dei mercati. Fu anche un eccellente didatta, riuscendo ad avvincere l’uditorio sia nelle conferenze scientifiche sia nelle lezioni. Quilico non ebbe figli, essendosi sposato in età avanzata con Maddalena Stamenova e riversò i suoi affetti sul figlio di lei, Juri, che adottò, e sulla nuora Lina; un profondo affetto lo legò anche al nipote Adolfo e a sua moglie.
I contributi di Quilico alla conoscenza della chimica degli isossazoli sono contenuti in circa 85 pubblicazioni; la conferenza che lui tenne all’Università di Zurigo nel 1970, in occasione della consegna della medaglia Paul Karrer, costituì una pregevole sintesi dello stato dell’arte. Per la sua riconosciuta competenza ricevette l’incarico di scrivere il capitolo sugli isossazoli e i loro derivati per la collana sulla chimica degli eterocicli, edita da Arnold Weissberger; in tale gravoso compito venne aiutato dagli allievi Giovanni Speroni e Paolo Grünanger (P. Grünanger - P. Vita-Finzi, Isoxazoles, in The chemistry of Heterocyclic compounds, 1991, vol. 49, n. monografico), che curarono le successive edizioni. La sua produzione scientifica si esprime in oltre duecento pubblicazioni, numerosi brevetti industriali, monografie e conferenze.
Per i suoi meriti scientifici fu socio dell’Accademia nazionale dei Lincei e dell’Accademia dei XL; membro dell’Istituto lombardo di scienze e lettere; dell’Accademia delle scienze di Torino e di Catania; membro d’onore della Società chimica svizzera; della Società chimica polacca; grande ufficiale dell’Ordine della Repubblica; premio per la chimica dell’Accademia dei Lincei; professore emerito del Politecnico di Milano; laurea honoris causa in chimica dell’Università di Bologna. A ricordo della sua attività scientifica, la divisione di chimica organica della Società chimica italiana ha istituito una medaglia a lui intitolata, da conferirsi periodicamente a uno studioso italiano o straniero che si sia distinto per ricerche sugli eterocicli o sulla chimica delle sostanze naturali.
La scomparsa della moglie, verificatasi pochi mesi prima della sua morte, gli aveva lasciato un vuoto incolmabile. Si spense a Milano l’11 dicembre 1982.
Fonti e Bibl.: A. Quintieri - M. Freri, Azione dell’acido nitrico sull’acetilene, in Gazzetta chimica italiana, LIX (1929), pp. 930-941; A. Quintieri et al., Sulla natura del pigmento delle spore dell’Aspergillus niger, ibid., LXIII (1933), pp. 400-410; A. Q., in Biografie e bibliografie degli Accademici Lincei, Roma 1976, pp. 529-534; G. Di Modica, A. Q., in Atti dell’Accademia delle scienze di Torino, CXVII (1983), pp. 421-425; C. Cardani, Ricordo di A. Q., in Rendiconti dell’Istituto lombardo di scienze e lettere, 1988, vol. 120, pp. 99-106.