MAURI, Achille
MAURI, Achille. – Nacque a Milano il 16 sett. 1806, ultimo dei sei figli di Giuseppe e di Angiola Porro.
Dei fratelli due morirono bambini, mentre i restanti furono avviati alla carriera militare: Ignazio, luogotenente dei granatieri nella Legione Italica di Napoleone, morì nel 1813 nella ritirata dalla Russia; Raimondo, capitano di cavalleria nell’esercito sardo, morì nel 1855; Ludovico, ufficiale nell’esercito pontificio, al comando del generale C. Zucchi nel 1849, morì a Roma nel 1868 con il grado di colonnello.
Alunno del ginnasio di Brera, quindi del liceo di Porta Nuova, dove studiò con il filologo G. Gherardini, il M. rivelò una precoce vocazione letteraria e appena quindicenne indirizzò ad A. Manzoni versi in lode del Cinque maggio che gli procurarono l’apprezzamento dello scrittore lombardo e l’ingresso nella cerchia dei suoi amici, fra i quali T. Grossi, G. Torti ed Ermes Visconti. Destinato alla carriera ecclesiastica, fu condotto da mons. L. Tosi, l’abate filogiansenista guida spirituale di Manzoni, a compiere gli studi teologici nel seminario di Pavia.
Qui il M. rimase dal 1823 al 1828, tenendo anche lezioni di letteratura e storia ecclesiastica agli studenti del seminario e pubblicando nel frattempo versi e componimenti letterari. A Pavia assorbì la sensibilità religiosa degli ambienti giansenisti prevalenti in quella Università, dove fino al 1817 aveva insegnato P. Tamburini. Entrò in rapporti d’amicizia con E. Degola e G. Giudici, noti esponenti delle dottrine e della spiritualità gianseniste: del primo scrisse nel 1837 un profilo, edito da E. De Tipaldo (in Biografie degli Italiani illustri, IV, Venezia 1837, pp. 130-143), e sul secondo un lungo saggio rimasto incompiuto, edito poi da A. Ottolini (Notizie inedite di A. M. intorno alla vita e agli scritti di G. Giudici amico del Manzoni, in Arch. stor. lombardo, LVII [1930], pp. 68-127). I due scritti testimoniano la conoscenza ch’egli ebbe del giansenismo: a tal punto che il M., ritenuto «savant connaisseur de Port Royal», fu proposto nel 1855 tra i collaboratori del rinato foglio portorealista l’Observateur catholique, del quale fu fra i sottoscrittori.
È probabile che aderisse anche alla corrente dei «macolatisti» pavesi, così chiamati perché non riconoscevano la dottrina dell’Immacolata Concezione. Una certa impronta giansenista, caratterizzata da un marcato anticurialismo, dall’idea di una necessaria purificazione della Chiesa e da un risoluto antitemporalismo, connotò poi la sua adesione di fondo alla corrente cattolico-liberale.
In un saggio introduttivo agli scritti di P. Giannone osservò che «l’era politica del cattolicesimo era chiusa e che essa doveva restringersi alla sacrosanta missione di conservare intatta la verità religiosa senza frammettersi più alle agitazioni della società, chiamata a correre la sua via sotto la scorta di novelli principi» (Pietro Giannone, in A. Mauri, Scritti biografici, I, p. 2).
Nel 1828, dopo un ritiro presso il Calvario rosminiano di Stresa, il M. rinunciò alla vita ecclesiastica per dedicarsi a una intensa attività letteraria. Collaborò con saggi, versioni e recensioni a vari periodici fra i quali L’Eco. Giornale di scienze, lettere, arti, mode e teatri, nato nel 1828 per iniziativa dell’editore F. Lampato.
Per L’Eco il M. si occupò della produzione poetica e letteraria di quegli anni, della disputa classici-romantici, del romanzo storico: significativa in proposito una polemica con L. Malvezzi, autore della tragedia Costantino Magno, che offrì l’occasione al M. di esprimere un giudizio assai cauto su Costantino (con lui il cristianesimo saliva su «un trono di cui non aveva bisogno») e di riprovare quegli scrittori che a lui avevano voluto «paragonare Napoleone ne’ primi anni del suo impero» (L’Eco, 1° apr. 1833).
Nel luglio del 1828 il M. aveva pure assunto l’incarico di direttore editoriale e redattore di alcune fra le numerose collane di N. Bettoni, e in particolare della «Biblioteca enciclopedica italiana» e della «Biblioteca universale», con l’esiguo stipendio di 120 lire austriache a fronte di un impegno pesantissimo. Per i testi proposti per le collane il M. scriveva «brevi e lucide premesse» (Berengo, p. 163), alcune delle quali riunite poi fra gli Scritti biografici; nel 1830 allargò la collaborazione a uno dei periodici popolari di Bettoni, La Farfalla. Giornale di scienze, lettere ed arti, presto costretto a cessare le pubblicazioni. Nell’inverno del 1831, a causa dei rovesci dell’editore, il M. si vide costretto a lasciare il posto di direttore letterario.
Più continua fu la collaborazione, iniziata nel 1829, con l’Indicatore lombardo di G. Battaglia, per il quale il M. pubblicò, tra l’altro, recensioni a La disfida di Barletta di M. d’Azeglio e al Marco Visconti di T. Grossi, nonché saggi su A. de Lamartine, F. Klopstock, Ch.-A. Sainte-Beuve.
Nella rivista, che nel gennaio 1831 mutò la testata in L’Indicatore, il M. anticipava talora le prefazioni scritte per i classici di Bettoni, non sempre passate indenni per la censura. Così avvenne per la prefazione alla Storia civile del Regno di Napoli (1833) di P. Giannone e per il Discorso su Galileo Galilei (1834). Il M. continuò a collaborare alla seconda serie (1833) e alla terza serie del periodico, aperta da una sua introduzione: A nome dei compilatori dell’Indicatore Achille Mauri (gennaio 1834, pp. V-XIV). Per questa serie il M. scrisse la ricordata biografia di Galilei (febbraio 1834, pp. 149-159), una recensione alle Opere del card. G. Bentivoglio edite nel 1833 da Bettoni (febbraio 1834, pp. 277-279), una recensione al racconto storico Ida della Torre di G. Carcano (aprile-maggio 1834, pp. 218-233) e un’interessante Rassegna di letteratura italiana (giugno 1834, pp. 388-415). Anche L’Indicatore lombardo partecipò al dibattito sull’ufficio della letteratura e sul romanzo storico sviluppatosi specialmente negli anni 1827-31. Sin dall’ottobre 1829 il M. aveva iniziato pure a pubblicarvi a puntate un romanzo storico intitolato Caterina Medici di Brono, edito poi in volume a Livorno al principio del 1831: il testo – che si avvicinava al tema dell’allora inedita Storia della colonna infame di Manzoni – narrava la vicenda di una giovane contadina della campagna pavese che, assunta come domestica in casa di un influente membro del Senato milanese, con le sue malie avrebbe fatto innamorare di sé il padrone; accusata quindi di usare arti magiche e processata per stregoneria, era stata condannata a morte e arsa viva. Il romanzo, che aveva uno stile efficace e gradevole, ebbe un notevole successo e venne più volte ristampato.
Nel 1831 il M. aveva trovato un ruolo più consono ai suoi interessi come professore, con stipendio annuo di 1500 lire austriache, nel collegio privato fondato e diretto da A. Boselli (che cadrà all’inizio delle Cinque giornate nell’assalto al broletto). Benché tenesse sei ore di lezione giornaliere, continuò a collaborare all’Indicatore e alle strenne annuali di Vallardi «Non ti scordar di me». Nel 1835, utilizzando traduzioni di autori stranieri edite nell’Indicatore e brani di classici tratti dalle collane Bettoni da lui curate, pubblicò un’antologia a uso degli studenti ginnasiali, Il libro dell’adolescenza (Milano).
Composto con un’ampia selezione di brani, dai classici agli scrittori cristiani e agli autori moderni italiani e stranieri (vi figuravano Ch. Darwin, F. de Lamennais, J. de Maistre, A. Manzoni, Ch. de Montesquieu, P. Verri, A. Rosmini), il libro può considerarsi uno fra i primi esempi italiani di antologia scolastica. Ebbe uno straordinario successo e se ne fecero negli anni successivi numerose edizioni e ristampe con eccezionali tirature: 3000 copie per la seconda edizione (ibid. 1837) e 5000 copie per la quarta (ibid. 1843), notevolmente ampliata con l’aggiunta di brani tratti dai Padri della Chiesa e da scrittori contemporanei come C. Cantù e Carcano. Altre edizioni seguirono nel 1848, nel 1851, nel 1859, nel 1865, nel 1876; ancora nel 1890 Le Monnier di Firenze ne pubblicò un’edizione aggiornata.
Il 5 nov. 1835 il M. iniziò pure, con la collaborazione di C. Grolli, la pubblicazione di un settimanale educativo per giovinetti, Il Giovedì, che uscì sino al 29 dic. 1836.
Il periodico – introdotto da una breve premessa nella quale si affermava che il fondamento dell’educazione si basa sull’unità del buono, del bello e del vero – conteneva racconti storici e morali, scritti di storia naturale, geografia e viaggi, prose e poesie di autori italiani, biografie di personaggi illustri, talora siglati M.[auri] o G.[rolli], talaltra anonimi. Diffuso in 1000 copie, non ebbe per il momento seguito malgrado nell’ultimo numero si annunziasse il proposito di dar notizia di ciò che «può essere caro ed utile di possedere intorno a questa nostra diletta e nobile patria», con articoli su Milano, Venezia, Roma, Napoli, la Sicilia e la loro storia letteraria e civile. Riapparve il 18 marzo 1847 con lo stesso titolo, Il Giovedì. Lettura per giovinetti e con notevoli aggiunte e miglioramenti, tra cui versi e composizioni dello stesso M., di Torti, di Carcano, di G.B. De Cristoforis. S’interruppe però con il n. 52 alla vigilia delle Cinque giornate, con un articolo di commiato pieno di suggerimenti morali e di esortazioni ai giovinetti. Nel complesso antologia e periodico costituirono gli strumenti per l’educazione letteraria e civile di molti giovani e diedero al M., passato nel frattempo a insegnare al liceo S. Alessandro (1842) e divenuto poi titolare di filologia latina e greca e di storia universale al liceo governativo di Porta Nuova (1844), un posto di rilievo fra gli scrittori di pedagogia della sua generazione.
L’insurrezione milanese del 1848 segnò per il M. l’ingresso nella politica. Segretario aggiunto del governo provvisorio di Lombardia, ne divenne con C. Correnti l’estensore degli atti ufficiali e della corrispondenza con gli inviati all’estero; suo anche il testo del manifesto alle nazioni d’Europa inviato ai primi di aprile del 1848. Dopo la sconfitta di Custoza, l’armistizio e il ritorno degli Austriaci a Milano, il M. dovette rifugiarsi in Piemonte, riparando ad Arona, ospite dei fratelli G. e L. Bottelli, legati d’amicizia a Manzoni e a Tosi. Costituita a Torino nel novembre del Quarantotto la Consulta lombarda, ne divenne segretario. Nelle elezioni suppletive della prima legislatura del Parlamento subalpino (8 maggio - 30 dic. 1848) subentrò a Manzoni come deputato del collegio di Arona e per lo stesso collegio fu rieletto nella tornata elettorale del 22 genn. 1849 per la seconda breve legislatura, durante la quale fu relatore della risposta della Camera dei deputati al discorso della Corona letto da Carlo Alberto il 1° febbr. 1849. Nel discorso era enunciato il programma del ministero Gioberti, che riprendeva l’idea di una lega politica italiana guidata dal Piemonte. Dimessosi V. Gioberti (21 febbr. 1849), il M. tenne il 24 e 25 marzo due discorsi assai polemici nei confronti del potere temporale, sollevando le perplessità dei giornali monarchico-liberali piemontesi – in particolare de Il Risorgimento – e una replica di C. Balbo in linea con la corrente neoguelfa.
Dopo la sconfitta di Novara e l’abdicazione di Carlo Alberto il M. dettò l’indirizzo di saluto della Camera subalpina al re in procinto di partire per l’esilio. Rieletto in una votazione suppletiva per la terza legislatura (30 luglio - 20 nov. 1849), si dimise il 14 agosto, a pochi giorni dalla convalida della sua elezione avvenuta il 2 ag. 1849.
Escluso, con altri protagonisti dell’insurrezione milanese, dall’amnistia concessa dall’Austria il 12 ag. 1849, dovette restare in Piemonte. Il ministro dell’Istruzione pubblica C. Mameli lo nominò ispettore delle scuole elementari della provincia di Novara per l’anno scolastico 1849-50; in tale veste promosse l’istituzione a Novara di una scuola normale per la formazione delle maestre e si occupò dell’organizzazione degli asili d’infanzia.
Da tali interessi nacquero alcuni scritti (Discorso sugli asili d’infanzia recitato in Arona, Milano 1848; Relazione letta il 31 ott. 1850 al Consiglio provinciale d’istruzione di Novara, Novara 1850; Nell’inaugurazione dell’asilo infantile di Arona, ibid. 1854) nei quali tracciava la storia degli asili per l’infanzia, facendo l’elogio di quelli aportiani in particolare e criticando la pedagogia dell’illuminismo e le sue basi: il naturalismo rousseauviano, l’idea della perfettibilità indefinita e l’egualitarismo saintsimoniano. Nel discorso per l’inaugurazione dell’asilo di Arona espose poi alcuni fra i principî chiave della sua pedagogia: il rispetto della personalità del fanciullo, la progressività dell’azione formativa, l’unità fra istruzione, educazione e sviluppo morale.
Allo scadere dell’incarico di ispettore, accettò l’invito del conte F. Arese ad assumere l’ufficio di istitutore dei figli e si trasferì con lui a Genova, da dove ebbe tuttavia occasione di compiere un viaggio a Londra, accoltovi dal ministro sardo Emanuele d’Azeglio, nipote di Massimo, e a Parigi, dove incontrò Ch. de Montalembert, conosciuto anni prima in casa Manzoni. A Genova collaborò con il Corriere mercantile e si distinse come membro attivo della Accademia di filosofia italica, alla quale era stato associato per iniziativa di T. Mamiani.
Fra gli interventi all’Accademia filosofica vanno ricordati il discorso ufficiale del 1853 per la morte di Gioberti, Della vita e delle opere di Vincenzo Gioberti (in Scritti biografici, I, pp. 233-288) e il saggio Sulla logica di Antonio Rosmini, letto il 25 marzo 1855, nel quale rendeva omaggio all’amico, al maestro, al filosofo, al cittadino che aveva espresso «italici concetti conformi ai voti dei più sinceri e temperati» (ibid., p. 22).
Tra i saggi pubblicati negli atti dell’Accademia genovese merita di essere ricordato un commento all’opera di D. Carutti, Dei principî del governo libero, nel quale il M. appariva critico verso coloro che sostenevano il sistema costituzionale puro e, lodando Carutti – che senza esitazioni aveva condannato «quei conservatori e moderati» i quali, preoccupati dagli eccessi della democrazia, «dubitano talvolta della libertà» –, dimostrava piena fiducia nello Statuto come base di un progresso in senso liberale delle istituzioni e della vita politica (Raponi, 1967, p. 209).
Nel 1856 tornò con Arese a Torino e quivi nel maggio del 1859 fu chiamato da C. Giulini, con il quale era rimasto in corrispondenza per tutto il decennio preunitario, a far parte della commissione che preparò le basi per l’ordinamento temporaneo che avrebbe retto la Lombardia dopo la liberazione dall’Austria.
Al M. si deve il «Rapporto generale» che precedeva i progetti di legge veri e propri. Per quanto sia difficile distinguere in questo documento il pensiero personale del M., sta di fatto che nel corso dei lavori della commissione egli sostenne che l’assimilazione fra le istituzioni amministrative del Piemonte e della Lombardia doveva avvenire gradualmente e che all’ordinamento del nuovo Stato la Lombardia poteva «concorrere utilmente mercé in specie delle sapienti sue istituzioni municipali, nobile reliquia dell’antico senno italico» (Atti della Commissione Giulini…, pp. 10 s.).
Rientrato in patria dopo la liberazione di Milano (giugno 1859) e la costituzione del regio governo di Lombardia, fu chiamato a far parte dell’amministrazione centrale lombarda, istituita con r.d. 8 giugno 1859, come direttore generale della Istruzione pubblica e culto; rifiutò invece l’offerta fattagli da U. Rattazzi di assumere il ministero della Pubblica Istruzione nel governo Lamarmora, proponendo la nomina di G. Casati. Cessata l’amministrazione centrale di Lombardia il 9 genn. 1860 e incorporate le province lombarde negli Stati sardi a seguito della esecuzione del trattato di Zurigo (10 nov. 1859) disposta con r.d. 1° dic. 1859, il M. rimase a Milano come consigliere del governo provinciale sin quando non venne nominato dal ministro G.B. Cassinis direttore capo divisione al ministero di Grazia, Giustizia e Culti (14 maggio 1860), quindi direttore superiore (20 ott. 1861) e infine direttore generale per gli affari di culto (24 dic. 1864).
Appartengono a questo periodo interessanti relazioni, come quella datata 5 genn. 1864, stesa per la legazione italiana a Londra, che contiene una equilibrata rassegna sugli atteggiamenti del clero meridionale nei confronti del governo nazionale (Roma, Arch. centr. dello Stato, Ministero di Grazia e Giustizia, Misc. penale, b. 3).
Con il trasferimento della capitale a Firenze il M. assunse per breve tempo l’ufficio di segretario generale del ministero, finché fu nominato consigliere di Stato con r.d. 18 giugno 1865. Membro della terza sezione, concernente gli affari di culto, vi fece valere la preparazione storica e giuridica acquisita sia negli studi canonistici a Pavia, sia nell’amministrazione degli affari ecclesiastici, redigendo pareri e decisioni di grande rilievo giurisprudenziale.
Nel 1864 collaborò alla missione Vegezzi presso la S. Sede e nel 1867 fece parte della missione Tonello. Continuò tuttavia a interessarsi di cose letterarie, tanto da essere nominato membro, con G. Capponi, N. Tommaseo e R. Lambruschini, del gruppo toscano della commissione istituita il 14 genn. 1868 e presieduta da Manzoni con l’incarico di redigere il nuovo vocabolario della lingua italiana. Per questi suoi interessi venne chiamato nel 1873 a far parte della commissione per la biblioteca del Senato.
Nominato senatore il 15 nov. 1871 per la XV categoria, prestò giuramento nella seduta del 30 novembre.
Fra i suoi interventi in Senato vanno ricordati soprattutto quelli relativi ai progetti di legge sulla Pubblica Istruzione e quello in materia di organizzazione e finanziamento dell’Università di Roma presentato da Q. Sella e C. Correnti nel 1871: membro della commissione senatoriale incaricata dell’esame del progetto, il M., con gli amici M. Tabarrini e Mamiani, espresse riserve sull’entusiasmo riservato dal Sella agli insegnamenti scientifici. Nel 1872 fece parte della commissione incaricata di esaminare il progetto di legge sulla soppressione delle facoltà di teologia nelle università statali approvato dalla Camera il 10 maggio 1872, dicendosi favorevole all’approvazione. Intervenendo nella tornata del 13 genn. 1873 sul progetto di soppressione, tracciò una lucida sintesi storica dell’opposizione dei vescovi alle facoltà teologiche, motivata dalle tendenze regalistiche che esse seguivano sotto la pressione dei governi, tanto da divenire strumenti di una sempre più marcata ingerenza degli Stati nelle materie ecclesiastiche. Sempre nel 1873 fece parte della commissione del Senato incaricata di esaminare il progetto sull’istruzione superiore presentato dal ministro A. Scialoja.
Il M. fu relatore inoltre del disegno di legge per la soppressione delle case religiose in Roma, in applicazione delle leggi del 1866. Vicino alle posizioni di B. Ricasoli e forse riprendendo le idee di Rosmini, il M. era propenso ad affidare a commissioni miste di parroci e laici la gestione dei beni ecclesiastici delle parrocchie, e nella tornata del 17 giugno 1873 fece un intervento ispirato a questo principio, convinto che «il laicato debba prendere una legittima ingerenza intorno ai beni ecclesiastici derivanti dalle oblazioni della comunione [sic] dei fedeli costituita dal clero e dal popolo» (Atti parlamentari, Senato, Discussioni, XIII legislatura, sessione 1871-72, 17 giugno 1873).
Tuttavia il contributo più significativo in materia di rapporti Stato-Chiesa il M. lo diede con i numerosi e autorevoli pareri espressi come membro della seconda sezione del Consiglio di Stato (era stato nominato consigliere il 18 giugno 1865).
Egli fece parte di quel gruppo di consiglieri, al quale appartenevano anche Tabarrini, L. Zini, F. Sclopis, favorevoli a una interpretazione più liberale – rispetto alle posizioni stataliste e giurisdizionaliste, quando non anticlericali, dei governi della Destra e della Sinistra – delle questioni concernenti la scuola privata, le congregazioni religiose, i benefici ecclesiastici, la liquidazione dell’asse ecclesiastico; manca, tuttavia, una ricognizione significativa dei pareri del M. a causa della vastità e delle condizioni attuali dell’archivio del Consiglio di Stato. Il pensiero politico della maturità – racchiuso negli scritti posteriori all’Unità, come la biografia del p. A. Theiner nella quale ribadiva la necessità di «separare lo Stato dalla Chiesa e far toccare con mano che le ragioni dell’una non possono mescolarsi mai con quelle dell’altro» (Scritti biografici, II, pp. 356 ss.) – si può ricondurre alle posizioni tipiche del separatismo ottocentesco; il M. era pure convinto della necessità di una riforma della Chiesa; tuttavia v’era in lui una costante attenzione ai problemi religiosi e una viva sensibilità per la libertà della Chiesa che lo dividevano dalla maggioranza dei separatisti, senza che le giovanili implicazioni giansenistiche e anticuriali lo portassero dunque a scivolare verso il vecchio giurisdizionalismo statalista. È di questi anni una commemorazione di G. Arconati Visconti la cui conclusione («Amò costantemente l’Italia e dimostrò che un cattolico sincero può essere un forte e leale cittadino», ibid., p. 116) rivela bene il pensiero del M. sul problema dei rapporti religione-politica e la sua vicinanza alla linea di Manzoni.
Il M., che, come più giovane dei fratelli, aveva preso amorevolmente a carico la matrigna, Giovanna Lorini, cui il padre si era unito in seconde nozze, rimase a lungo celibe e solo in tarda età, il 17 apr. 1877, sposò Rachele Bonci, vedova Maionchi, con la quale era da tempo in rapporti d’amicizia.
Il M. morì il 15 ott. 1883 a Pisa – dove si era ritirato per ragioni di salute nella primavera dello stesso anno presso una sua nipote – e fu sepolto a Milano nel famedio civico al cimitero Monumentale.
Era stato decorato di varie onorificenze: grand’ufficiale dell’Ordine Mauriziano (13 febbr. 1867), commendatore e grand’ufficiale della Corona d’Italia (22 apr. 1868), ufficiale della Legion d’onore di Francia (3 marzo 1860), accademico della Crusca (12 sett. 1866).
La più ampia, ancorché incompleta, bibliografia del M. è in A. Vismara, Saggio di una bibliografia di A. M., Milano 1885. Il M. stesso riunì i saggi più significativi nella raccolta intitolata Scritti biografici, I-II, Firenze 1878, contenente, oltre quelle citate nel testo, le biografie di L.C. Farini, di G.C. Londonio, di Torti, di Casati e d’altri esponenti della politica e della cultura dell’Ottocento; raccolse pure i racconti sparsi in riviste e giornali vari nel volume intitolato Racconti (Milano 1845, e succ. edizioni). Il romanzo storico Caterina Medici di Brono. Novella storica del sec. XVII è una ricostruzione liberamente tratta dal riassunto del processo edito nella Storia di Milano del conte Pietro Verri (IV, Milano 1825, pp. 151-157), a sua volta tratto da un manoscritto conservato in casa Melzi, su cui si basa l’assai più recente rielaborazione di L. Sciascia, La strega e il capitano (Milano 1986), che non cita però il M. (sul romanzo v. A. Cerri, Un romanzo manzoniano di A. M., in Boll. della Soc. pavese di storia patria, n.s., XXXII [1980], pp. 54 ss.); sul romanzo e sulla letteratura relativa al caso di Caterina Medici (ricordato anche da Manzoni senza fare il nome della sventurata: Promessi Sposi, cap. 31) si veda la nota filologica di G. Farinelli, in G. Farinelli - E. Paccagnini, Processo per stregoneria a Caterina de’ Medici 1616-1617, Milano 1989, pp. 367-374. La Vita di s. Carlo Borromeo, Milano 1841, dedicata a Tosi e riedita nel 1884, è uno scritto a carattere agiografico incentrato sulla pietà, sullo zelo apostolico e lo spirito riformatore del cardinale.
Fonti e Bibl.: L’Archivio Mauri, conservato da L. Breganze, è andato disperso nei bombardamenti di Milano dell’estate 1943, ma lettere al M. e del M. si conservano in gran copia: Milano, Museo del Risorgimento, Fondo L. Breganze, cartt. 1-2; Arch. della guerra, cart. 60, b. 2; Arch. Correnti, cart. 16, bb. 790-791; Bergamo, Biblioteca civica, Fondo Camozzi Gamba (47 lettere del M. a C. Giulini, 1848-61); Torino, Museo del Risorgimento, Fondo Carutti, f. 62, nn. 106-108; Fondo Nigra, 75/17; Fondo Dabormida, f. 92, nn. 96-97; Lugo, Biblioteca civica (16 lettere a S. Gherardi, 1862-78). Carte riguardanti la censura dei suoi scritti sono conservate all’Arch. di Stato di Milano, Studi, p.m., cart. 110, f. 4. Gli interventi al Parlamento subalpino in Atti del Parlamento subalpino, Camera dei deputati, Discussioni, II legislatura, I, pp. 42, 47 s., 104, 210; il «Rapporto generale» introduttivo agli atti della Commissione Giulini è in Atti della Commissione Giulini, a cura di N. Raponi, Milano 1962, pp. 9-35, e in C. Pavone, Amministrazione centrale e amministrazione periferica da Rattazzi a Ricasoli (1859-1866), Milano 1964, pp. 236-250. Per gli interventi in Senato, Atti Parlamentari, Senato del Regno, Discussioni, XI legislatura, 2ª sessione, dal 13 genn. 1873.
Tra le fonti edite: A. De Gubernatis, Eustachio Degola, il clero costituzionale e la conversione della famiglia Manzoni, Firenze 1882, pp. 19-26 (riproduce il saggio del M. sul Degola); Opere di A. Manzoni, IV, Carteggio di A. Manzoni, a cura di G. Sforza - G. Gallavresi, I, 1803-1821, Milano 1912, pp. 200, 444, 515; II, 1822-1831, ibid. 1921, pp. 126, 131 s., 136, 229, 293, 325, 633; N. Tommaseo, Colloqui col Manzoni, a cura di G. Titta Rosa, Milano 1954, pp. 110, 206 s.; Storia del Parlamento italiano, II, Dal ministero Gioberti all’ingresso di Cavour nel Governo, a cura di G. Sardo, Palermo 1964, pp. 42, 47 s., 104; A. Manzoni, Tutte le opere, VII, Lettere, a cura di C. Arieti, Milano 1970, t. 1, pp. 259, 281, 351 s., 385, 411, 436; t. 3, pp. 362, 380; A. Caracciolo, Il Parlamento nella formazione del Regno d’Italia, Milano 1972, pp. 31, 315; P. Magnani, Scritti di Luigi Tosi vescovo di Pavia, Pavia 1976, pp. 106, 109; Processi politici del Lombardo-Veneto (1815-1851), a cura di A. Grandi, Roma 1976, p. 626. Per profili del M., testimonianze e momenti della sua vita si vedano: F. Calvi, La storia di due personaggi celebri in romanzi. Luigi e Lodovico Melzi, in Arch. stor. lombardo, V (1878), p. 703; A. Pippi, A. M., in Rass. nazionale, 1° ag. 1885, pp. 501-524; C. Casotti, A. M., in Corriere della sera, 23 maggio 1885, suppl.; G. Visconti Venosta, Ricordi di gioventù. Cose vedute o sapute (1847-1860), Milano 1904, passim; P. Barbera, Editori e autori. Studi e passatempi di un libraio, Firenze 1904, pp. 61, 64 s.; V. Cian, Il segreto di due iniziali, in Giorn. stor. della letteratura italiana, 1905, vol. 46, pp. 259-261; E. Bellorini, Giovanni Torti, Napoli 1907; B. Sanvisenti, Intorno a tre buoni amici, I, Il M., in Vita e pensiero, 1925, vol. 14, pp. 220-227; F. Curato, La Consulta straordinaria della Lombardia (1848-1849), Milano 1950; Atti della Commissione Giulini per l’ordinamento temporaneo della Lombardia (1859), a cura di N. Raponi, Milano 1962, ad ind.; P. Stella, I «macolatisti» pavesi e il tramonto del portorealismo in Lombardia (1854-1908), in Riv. di storia della Chiesa in Italia, XIX (1965), pp. 39, 61 s.; N. Raponi, Politica e amministrazione in Lombardia agli esordi dell’Unità. Il programma dei moderati, Milano 1967, ad ind. (e in partic. pp. 208-211, 325-333); B. Ferrari, La soppressione delle facoltà di teologia nelle Università di Stato in Italia, Brescia 1968, pp. 37 s., 167; F. Traniello, Cattolicesimo conciliatorista. Religione e cultura nella tradizione rosminiana lombardo-piemontese (1825-1870), Milano 1970, ad ind.; G.B. Scaglia, Cesare Balbo. Il Risorgimento nella prospettiva storica del «progresso cristiano», Roma 1975, p. 505; M. Berengo, Intellettuali e librai nella Milano della Restaurazione, Torino 1980, ad ind.; L. Musselli, Liberalismo e ideali di riforma religiosa nel Risorgimento. Il caso di don Giuseppe Robecchi da Gambalò, in Annali di storia pavese, 1981, n. 6-7, pp. 245-253; N. Raponi, Il dibattito Mauri - Balbo sul potere temporale al Parlamento subalpino (febbraio 1849), in Dai quaccheri a Gandhi. Studi di storia religiosa in onore di E. Passerin d’Entrèves, a cura di F. Traniello, Bologna 1988, pp. 181-205; S. Polenghi, La politica universitaria italiana nell’età della Destra storica, Brescia 1993, ad ind.; D. Longo, M. A., in Il Consiglio di Stato nella storia d’Italia. Le biografie dei magistrati (1861-1948), a cura di G. Melis, Milano 2006, I, pp. 205-212; A. M., in Annuario biografico universale, I, Torino 1885, pp. 441-445; L. Carpi, Biografie storico politiche d’illustri Italiani contemporanei, Milano 1886, IV, pp. 619 ss.; Diz. del Risorgimento nazionale, III, s.v. (E. Michel); Enc. biografica e bibliogr. «Italiana», E. Codignola, Pedagogisti ed educatori, p. 290; ibid., A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, II, p. 176.