GRANDI, Achille
Nacque a Como il 24 ag. 1883 da Romualdo, operaio tessile, e da Olimpia Cavadini. Nel 1894, allorché il padre rimase disoccupato, il G., primo di quattro fratelli, dovette provvedere al sostentamento della famiglia; fu perciò costretto a interrompere gli studi al termine della scuola elementare per andare a lavorare come apprendista linotipista in una tipografia.
Cresciuto in un ambiente intriso di valori religiosi, che gli ispirò una precoce vocazione al sacerdozio, il G. prese a frequentare l'oratorio di S. Filippo e le organizzazioni operaie cattoliche, che, soprattutto in Lombardia, tentavano di tradurre in pratica i principî della Rerum novarum.
Fu tra i giovani che nel 1901 costituirono a Como il Fascio democratico cristiano, che si ispirava al pensiero di R. Murri, e tra gli animatori del nascente movimento sindacale cattolico. Nel 1902 iniziò a collaborare a La Voce delle arti tessili, organo della Federazione cattolica arti tessili, con corrispondenze e articoli sulle principali questioni al centro del dibattito sindacale.
Degno di nota un suo articolo sull'orario di lavoro, nel quale alla "visione strettamente egoistica" che poteva indurre il lavoratore ad accettare più ore in cambio di un maggiore guadagno, il G. contrapponeva "la coscienza operaia formata coll'onesta educazione e rafforzata dalla organizzazione" che doveva "tendere in modo principale al vantaggio collettivo" (La Voce…, II [1903], 13).
Nel 1905 il G. fu tra i fondatori, sempre a Como, della Lega cattolica del lavoro e del giornale La Vita del popolo, che divenne il punto di riferimento dei cattolici impegnati nell'azione sociale in alternativa ai tradizionali gruppi moderati. Nel 1907, dopo la dissoluzione della Federazione arti tessili seguita allo scioglimento dell'Opera dei congressi, il G. si attivò per costituire una nuova organizzazione sindacale cattolica in grado di contrastare l'egemonia socialista tra i lavoratori. Nel 1908, insieme con L. Colombo e A. Noseda, diede vita al Sindacato italiano tessili, primo sindacato nazionale dell'industria di matrice cattolica e nucleo formativo del gruppo dirigente del sindacalismo bianco. Il peggioramento delle sue condizioni di salute, per una malattia professionale contratta in tipografia, lo aveva intanto costretto ad abbandonare il lavoro. Il 15 ott. 1907 trovò un impiego più adatto alle possibilità del suo fisico come segretario propagandista della diocesi di Como, mettendosi subito in luce con iniziative volte a estendere la presenza cattolica nei vari settori della società comasca. In breve tempo acquisì una notorietà che il 5 luglio 1908 gli consentì di essere eletto ai Consigli comunale e provinciale di Como.
A 25 anni il G. era "un personaggio di rilievo, conosciuto e apprezzato dai cattolici innovatori; ma [era] anche un personaggio deciso e lineare, pronto a battersi per le proprie idee, contro moderati e tradizionalisti. Deciso e lineare al punto da non obbedire nemmeno ai richiami del proprio vescovo" (Tobagi, 1976, p. 18). Così avvenne in occasione delle elezioni politiche del 1909, allorché il G., favorevole alla presentazione di una lista cattolica, osteggiò la scelta della curia di sostenere il candidato moderato contro quello socialista.
La questione si ripropose in termini più laceranti nel 1913, quando il G. riuscì a far prevalere in seno alla direzione diocesana la sua posizione contraria all'alleanza clerico-moderata, ma venne per questo licenziato dal vescovo. Nel gennaio 1914 trovò un nuovo impiego come segretario della Lega del lavoro di Monza, proponendosi di perseguire "l'opera di tutela e difesa delle classi operaie e agricole" secondo l'insegnamento della dottrina cattolica, in una prospettiva di "restaurazione religiosa, morale, civile ed economica" (Il Cittadino, 22 genn. 1914).
Per la realizzazione del suo programma il G. puntava sul sostegno delle organizzazioni parrocchiali e sul coinvolgimento dei sacerdoti più giovani e aperti. Sul piano strettamente sindacale sviluppò la sua iniziativa in direzione delle categorie dell'industria, in particolare dei tessili e dei cappellai, ingaggiando una competizione con la locale Camera del lavoro. Il netto dissenso nei confronti di scelte e comportamenti del sindacalismo di matrice socialista, acuitosi durante la "settimana rossa", non impedì al G. di proporre alla Camera del lavoro la celebrazione unitaria del 1º maggio.
Di fronte alla prima guerra mondiale il G., come tanti cattolici, fu inizialmente neutralista, ma quando l'Italia decise di intervenire nel conflitto divenne convinto sostenitore della causa nazionale. Nel 1916 fu richiamato alle armi, ma dopo pochi mesi fu riformato per invalidità e poté così tornare a occuparsi del lavoro sindacale, assumendo in quello stesso anno la presidenza del Sindacato italiano tessili. Durante il periodo bellico estese il suo raggio d'azione occupandosi dei problemi agricoli, promovendo la costituzione di leghe contadine a Milano e a Como, e partecipando, il 7 sett. 1916, alla nascita della Federazione italiana dei lavoratori agricoli.
Per l'impulso dato allo sviluppo organizzativo dei lavoratori cattolici il G. s'imponeva ormai come uno dei più noti e validi dirigenti del sindacalismo bianco a livello nazionale, partecipe delle scelte decisive del movimento cattolico.
Fu tra coloro che, il 29 sett. 1918, a Roma, vararono il "programma iniziale" della Confederazione italiana dei lavoratori (CIL) e tra i sottoscrittori dell'appello lanciato da L. Sturzo per la costituzione del Partito popolare italiano (PPI). L'11 febbraio dello stesso anno figurava tra i fondatori della sezione monzese del PPI e, nel giugno, tenne la relazione sul programma sociale al primo congresso nazionale del partito. Il G., allora, poté finalmente esprimere con pienezza il proprio impegno sindacale e politico, anche perché in campo cattolico la situazione era profondamente mutata grazie alle aperture del pontificato di Benedetto XV. Insorgeva piuttosto il problema dei rapporti tra il partito popolare e la confederazione bianca, che il G. incarnava essendo, oltre che dirigente sindacale, membro della direzione nazionale e deputato del PPI. Il 16 dic. 1919 era infatti stato eletto alla Camera sia nel collegio di Como sia in quello di Milano e aveva optato per quest'ultimo.
Contrario a una netta separazione tra sindacato e partito il G. riteneva che i rapporti tra CIL e PPI, alimentati dalla comune ispirazione, dovessero basarsi su uno scambio vitale di appoggi e aiuti reciproci; a suo giudizio, però, andava anche affermata la piena autonomia sindacale e politica dei cattolici rispetto sia ai socialisti, sia ai liberali. Assertore di una strategia ispirata a una visione intimamente solidaristica, che perseguiva una costruttiva collaborazione fra lavoratori e imprenditori, il G., in contrasto con le posizioni classiste dell'altro sindacalista cattolico, G. Miglioli, si schierò contro le agitazioni del "biennio rosso" e in particolare contro l'occupazione delle fabbriche del 1920.
Confermato deputato nelle elezioni politiche del maggio 1921, intervenne alla Camera per sollecitare un'azione pacificatrice del governo che favorisse il rinnovo dei contratti di lavoro e il superamento della crisi. Il 6 dic. 1922 il G., che non aveva partecipato al voto di fiducia al ministero Mussolini, venne eletto segretario generale della CIL al posto di G. Gronchi, entrato a far parte del governo. Di fronte alle violenze fasciste che, seppur rivolte soprattutto contro le organizzazioni politiche e sindacali della sinistra, non risparmiavano il sindacato cattolico, osteggiò l'ipotesi di unità sindacale organica limitandosi a inviare memoriali di protesta a B. Mussolini. Soltanto in seguito al delitto Matteotti il G., che nelle elezioni del 1924 era stato rieletto e aveva aderito alla protesta dell'Aventino, accettò l'idea di un'intesa contingente con la Confederazione generale del lavoro e gli altri sindacati contribuendo alla costituzione del Comitato interconfederale di difesa sindacale.
Oltre che dal fascismo la sopravvivenza della CIL era minacciata dall'atteggiamento di disponibilità della gerarchia ecclesiastica nei confronti del sindacalismo fascista. Il G. tentò in tutti i modi di salvaguardare l'autonomia della propria organizzazione, ma nel 1925 dovette accettare l'assorbimento della CIL da parte dell'Azione cattolica e nel marzo 1926, dopo il varo della legge che istituiva il monopolio sindacale fascista, vide addirittura sconfessato dalla stessa Azione cattolica il suo tentativo di mantenere in vita la CIL almeno come associazione di fatto. Proseguì la sua battaglia sulle pagine della Cronaca sociale d'Italia, una rivista edita a Firenze da Gronchi e da altri esponenti popolari e, con lo stesso Gronchi e con G. Rapelli, resse la CIL fino al suo definitivo scioglimento nel novembre 1926.
Amareggiato per le incomprensioni con la gerarchia e per la sconfitta subita, il G. scelse di vivere a Milano in un isolamento quasi totale, adattandosi ai lavori più disparati: fu amministratore di diversi locali pubblici, liquidatore, direttore commerciale della tipografia del Pontificio Istituto di missioni estere e infine contitolare di una tipografia a Torino. Riprese l'attività politica nel 1940-41 partecipando alle prime riunioni clandestine di esponenti cattolici e collaborando, nel 1943, alla stesura delle Idee ricostruttive della Democrazia cristiana. Al tempo stesso il G. cominciò a tessere le fila per una ripresa dell'attività sindacale incontrando nel 1942 a Torino i socialisti riformisti B. Buozzi e L. D'Aragona e il comunista G. Roveda.
Tali incontri crearono i presupposti per un'intesa tra le diverse correnti ideali e politiche che consentisse la costituzione di un'organizzazione sindacale su basi unitarie.
Dopo la caduta di Mussolini il G. vide riconosciuto il suo ruolo di capo del sindacalismo cattolico con la nomina, da parte del governo Badoglio, a commissario della Confederazione dei lavoratori agricoli e quindi con l'incarico di condurre, insieme con Gronchi, a nome della Democrazia cristiana (DC), le trattative per l'unità sindacale, avendo come interlocutori Buozzi e O. Lizzadri per i socialisti e G. Di Vittorio e Roveda per i comunisti.
Nel corso dei ripetuti incontri clandestini i rappresentanti democristiani ebbero non poche difficoltà nel trovare, con socialisti e comunisti, punti d'intesa che potessero superare i dubbi e le resistenze presenti all'interno del loro partito e tra la gerarchia ecclesiastica.
Grazie anche alla determinazione del G. le lunghe e difficili trattative approdarono al patto di Roma del 4 giugno 1944, che sancì la nascita della Confederazione generale italiana del lavoro (CGIL), di cui egli divenne segretario insieme con Di Vittorio ed E. Canevari.
L'accordo raggiunto scaturiva per il G. dall'"impegno morale […] di favorire l'avvento di un regime democratico popolare largamente rappresentativo di tutte le correnti progressiste nel campo sociale" e portava "come logica conseguenza lo sforzo comune di giungere all'unità dei lavoratori di ogni grado nel campo sindacale" eliminando, "nel rispetto reciproco di ogni convinzione politica e di fede religiosa" e con le dovute garanzie per le minoranze, "ogni tentativo di settarietà di parte e di dannosa concorrenza" (Il Popolo, 13 giugno 1944). Il G. non nascondeva che molte questioni importanti restavano sospese, ma assicurava che esse sarebbero state trattate in sede paritetica e non risolte a colpi di maggioranza. Per tranquillizzare i critici e i perplessi egli aggiungeva che, in caso di mancato accordo, ogni corrente sindacale avrebbe ripreso la propria libertà d'azione, dicendosi tuttavia convinto che ciò non sarebbe avvenuto perché ognuno avrebbe compiuto "i sacrifici necessari".
A tale impostazione il G. si mantenne coerente, adoperandosi da un lato perché fosse garantita e valorizzata la presenza del sindacalismo cattolico e dall'altro per contrastare le spinte alla rottura della CGIL provenienti dal mondo cattolico. Promosse così la costituzione delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani (ACLI), di cui nell'agosto 1944 fu eletto presidente, dimettendosi nel febbraio 1945 per garantire loro maggiore libertà di movimento nei confronti della CGIL.
Oltre che sul versante sindacale l'impegno del G. fu molto intenso anche su quello politico, come membro della direzione nazionale della DC, consultore nazionale e poi deputato alla Costituente eletto nel collegio di Milano.
Egli temeva che il suo partito si piegasse "alle esigenze di elementi retrivi" quando invece avrebbe dovuto battersi per l'avvento di "un regime schiettamente democratico e rinnovatore nel campo sociale e politico" (lettera del 31 ag. 1945 al segretario della Camera del lavoro di Monza, A. Barni, in Pasini, p. 231). Qualche mese dopo, tuttavia, non mancò di difendere il governo De Gasperi dalle contestazioni di tanta parte del movimento sindacale. Per il G., contrario all'esasperazione delle tensioni sociali e a una politica di continuo aumento dei salari, il governo era infatti legittimato a opporsi a richieste contrastanti con l'interesse generale. Proprio le divergenze in materia salariale costituivano uno dei principali punti di attrito all'interno della CGIL, alimentando il disagio e l'insofferenza della componente democristiana.
Stanco e malato, il G. spese gli ultimi mesi di vita in un difficile e serrato confronto con i suoi compagni di fede sempre più critici nei confronti dell'unità sindacale. Il suo ultimo impegno pubblico fu la partecipazione, il 10 ag. 1946, a una riunione di sindacalisti cristiani della Brianza, ai quali disse di comprendere le ragioni che spingevano alla rottura, ma di continuare, malgrado tutto, a ritenere più utile restare dentro la CGIL per condizionarne le scelte.
Il G. morì a Desio, presso Milano, il 28 sett. 1946.
Fonti e Bibl.: Le carte del G. sono a Milano, presso l'Istituto Mario Romani, nell'Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia (cfr. A. Colombo, Il fondo Achille Grandi presso l'Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia, in Boll. dell'Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia, XXIX [1994], pp. 3-21); Politica sociale, I (1946), 35 (numero monografico dedicato al G. con articoli, tra gli altri, di G. Gronchi, G. Rapelli, A. Piccioni, A. De Gasperi, G. Di Vittorio, O. Lizzadri); In memoria di A. G., Varese s.d.; I deputati alla Costituente, Torino 1946, s.v.; L. Riva Sanseverino, Il movimento sindacale cristiano, Roma 1950, ad indicem; A. Toldo, Il sindacalismo in Italia, Milano 1953, ad indicem; G. Candeloro, Il movimento cattolico in Italia, Roma 1953, ad indicem; G.A. Rapelli, A. G., uomo di azione sociale, Roma 1956; F. Magri, Dal movimento sindacale cristiano al sindacalismo democratico, Milano 1957, pp. 172-176 e passim; G. De Rosa, Storia del Partito popolare, Bari 1958, ad indicem; G. Pastore, A. G. e il movimento sindacale cristiano nel primo dopoguerra, Roma 1960; A. Fappani, Vita e opere di A. G., Modena 1960; D.L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia, Bologna 1966, ad indicem; G.B. Valente, Aspetti e momenti dell'azione sociale dei cattolici in Italia, 1892-1926, a cura di F. Malgeri, Roma 1968, ad indicem; G. Spataro, I democratici cristiani dalla dittatura alla Repubblica, Milano 1968, ad indicem; G.C. Galli, I cattolici e il sindacato, Milano 1969, ad indicem; G. Baget-Bozzo, Il partito cristiano al potere. La DC di De Gasperi e di Dossetti, 1945-1954, Firenze 1974, ad indicem; G. Pasini, Le ACLI delle origini, Roma 1974, ad indicem; D. Severin, Lotta politica a Como. Formazione, svolgimento e crisi dei partiti 1859-1925, Como 1975, ad indicem; A. G.: sindacalismo cattolico, 1906-1946, a cura di S. Antoniazzi - D. La Valle, Monza 1976; A. G. trent'anni dopo. Atti della Giornata di studio,… 1976, Roma [1977]; A. Grandi, Scritti e discorsi, 1944-1946. I cattolici e l'unità sindacale, a cura di W. Tobagi, Roma 1976; Problemi del movimento sindacale in Italia, 1943-1973, a cura di A. Accornero, Milano 1976, ad indicem; L. Bellotti, A. G. e il movimento sindacale cristiano, Roma 1977; G., sindacalismo cattolico e democrazia sindacale, a cura di W. Tobagi, Bologna 1978; Storia del movimento cattolico in Italia, III, Popolarismo e sindacalismo cristiano nella crisi dello Stato liberale, Roma 1980, ad indicem; G. Gini, La formazione del pensiero politico sociale di A. G., Como 1900-1913, Como 1981; C. Giovannini, G. e il Partito popolare, in Id., Romolo Murri dal radicalismo al fascismo. I cattolici tra religione e politica (1900-1925), Bologna 1981, pp. 128-174; G. Acocella, A. G., Roma 1982; P. Carniti - G. Cavalleri - S. Zaninelli, A. G. e il sindacato nuovo, Roma 1984; G. Longhi, A. G. a Como. Cristianesimo sociale e movimento sindacale nel primo Novecento, Como 1984; S. Fontana, A. G., in Il Parlamento italiano, XIII, Milano 1989, pp. 457-480; A. Giovagnoli, La cultura democristiana, Roma-Bari 1991, ad indicem; S. Turone, Storia del sindacato in Italia dal 1943 al crollo del comunismo, Roma-Bari 1992, ad indicem; M. Maraviglia, A. G. fra lotte operaie e testimonianza cristiana, Brescia 1994; Il movimento operaio italiano. Diz. biografico, II, sub voce; Diz. storico del movimento cattolico in Italia, III, 1, sub voce.