DE ZIGNO, Achille
Nacque a Padova il 14 genn. 1813, figlio di Marco e di Maria Creagli Maquire.
Di ricca famiglia padovana, imparentata con nobili casati inglesi e francesi, il D. fu educato dalla madre, di origine irlandese, e da una serie di tutori privati. Non frequentò mai alcuna scuola, né università, ma lunghi viaggi e soggiorni in Svizzera, Francia ed Inghilterra permisero al giovane nobile veneto di acquisire una profonda conoscenza delle principali lingue europee. Agli anni della giovinezza risale anche la nascita del suo profondo interesse per le scienze naturali, per la botanica e la geologia in particolare. Legami di amicizia univano la famiglia De Zigno ad esponenti di spicco della comunità dei naturalisti veneti, dai quali il D. ricevette consigli ed i primi esemplari per quella che doveva divenire una delle più importanti collezioni private di botanica, paleontologia e geologia. Di particolare importanza per la sua formazione scientifica furono le conversazioni e le escursioni scientifiche col conte Nicolò da Rio, con L. Pasini, e T. A. Catullo, dal 1829 al 1851 professore di storia naturale all'università di Padova.
Nel 1833 il D. si stabilì nella villa di Vigodarzere (Padova), per amministrare personalmente le terre e i beni della famiglia. Di sentimenti profondamente conservatori ed esponente di spicco della fazione filoaustriaca della propria città, il naturalista ricoprì vari incarichi amministrativi nel Comune di Padova. Dal 1846 al 1856 fu podestà della città; nel 1856 fu eletto deputato nella Congregazione centrale veneta, e dal 1860 al 1866 rappresentò le province venete presso il Consiglio dell'Impero a Vienna. Nonostante gli fosse rimproverata un'eccessiva deferenza verso le autorità imperiali, va tuttavia riconosciuto che nel 1848, e poi nel 1860, il D. si prodigò per mitigare le rappresaglie e le tasse di guerra che il governo centrale di Vienna voleva far subire a Padova ed alle province venete. I servigi resi al governo austriaco furono ricompensati con diverse onorificenze, quali il titolo di cavaliere della Corona di ferro e la nomina nel 1857 a barone dell'Impero. Dopo l'annessione all'Italia del Veneto, il D. si ritirò a vita privata, accettando solo di ricoprire la carica di sindaco di Vigodarzere dal 1872 al 1884. Nel 1891 fu insignito del titolo di cavaliere dell'Ordine del merito di Savoia. Nel 1848 aveva sposato la contessa Adelaide Emo Capodilista, dalla quale ebbe numerosa prole. La morte della moglie, nel 1888, fu un duro colpo per il D., che morì a Padova dopo breve malattia il 15 genn. 1891.
Giovanni Omboni acquistò dalla famiglia la biblioteca e le collezioni di fossili, che donò all'istituto di geologia dell'università di Padova, dove sono ancor'oggi conservate. La biblioteca dell'istituto possiede anche la collezione pressoché completa delle opere del De Zigno.
La prima fase della carriera scientifica del D. fu caratterizzata dallo studio della botanica. I risultati del suo studio delle piante crittogamiche del Padovano e di alcune specie di alghe microscopiche furono pubblicati in brevi opuscoli a circolazione locale (Plantae crytogamae in provincia Patavina hucusque observatae, Padova 1833; Sopra i vasi spirali delle piante, Venezia 1836).
Lo studio di vegetali microscopici serviva al D. per confutare le tesi sulla generazione spontanea di piante e animali sostenuta da J.-B. Bory de Saint-Vincent in alcune voci del Dictionnaire classique d'histoire naturelle (1822-1831). Nonostante la classica confutazione della generazione spontanea da parte di L. Spallanzani, la dottrina era stata ripresa nel corso dei primi due decenni del secolo diciannovesimo da autori quali J.-C. de la Métherie e J.-B. de Lamarck, ed aveva trovato un appassionato propugnatore in Bory de Saint-Vincent. Il saggio antimaterialista Sopra alcuni corpi organici, che si osservano nelle infusioni (Padova 1839) inaugurava la carriera scientifica pubblica del D., che nel 1838 era stato eletto membro della Accademia delle scienze di Padova.
Un, indebolimento della vista costrinse il D. a orientare i propri interessi dalla botanica alla geologia descrittiva, rivolgendo particolare attenzione alla stratigrafia del territorio delle province venete.
Gli studi pubblicati tra il 1841 e il 1850, caratterizzati dal resoconto di frequenti escursioni, si avvalevano di criteri di datazione basati sullo studio comparativo dei fossili contenuti nei vari strati. Il D., che ben conosceva e citava gli studi delle maggiori autorità geologiche europee, dimostrava grandi simpatie per l'opera di C. Lyell e di R. I. Murchison. Tuttavia, considerazioni di ordine ideologico e religioso lo facevano propendere per le teorie di E. de Beaumont. Nella teoria del sollevamento successivo, ma relativamente rapido, delle catene montagnose, proposta dal geologo francese, vedeva una conferma della possibilità di conciliare la cronologia biblica con i risultati degli studi geologici.
I buoni rapporti del D. con la comunità scientifica padovana furono turbati da uno scambio polemico su questioni di stratigrafia che tra il 1847 e il 1848 contrappose l'autore a T. A. Catullo. Il D. attaccò la seriazione dei terreni sedimentari del Veneto stabilita dal Catullo, per dimostrare come le suddivisioni operate dall'anziano collega fossero fondate su erronee identificazioni di fossili. L'episodio, trattato con molta delicatezza dai biografi del D., che riconobbero tuttavia la fondatezza delle sue critiche, suscitò forti risentimenti all'interno dell'Accademia delle scienze di Padova.
Nel 1850 si apriva la terza fase nella carriera scientifica del D., il quale si dedicava con sempre maggiore fervore allo studio della paleontologia, pur continuando di tanto in tanto a intervenire con studi sui terreni giurassici e sedimentari del Veneto. La paleontologia gli permetteva di riprendere i temi a lui cari della botanica; si ritiene infatti che il contributo scientifico più significativo del D. sia stato lo studio sistematico della paleobotanica, i cui risultati vennero esposti nei due volumi della sua Flora fossilis formationis oolithicae, pubblicati a dispense a Padova tra il 1856 e il 1885.
Il D. possedeva una ricca collezione personale di piante fossili dell'oolitico, provenienti dall'Italia settentrionale, dall'Inghilterra e da altre regioni europee. Nel primo volume dell'opera descriveva centoquarantacinque specie di Acotiledoni, di cui trentatré nuove, mentre il secondo volume era dedicato alle Monocotiledoni, di cui descriveva quaranta nuove specie, su un totale di centosessanta studiate; aveva in mente di completare la descrizione della paleobotanica oolitica con un terzo volume dedicato alle Conifere e con un aggiornamento dei primi due contributi.
Di notevole importanza furono anche le ricerche condotte su alcuni fossili di Vertebrati e sui Pesci del monte Bolca. Per diversi anni il D. impiegò esperti cavatori per arricchire le proprie collezioni dei Pesci di Bolca, vendendo poi diversi esemplari all'Istituto geologico di Vienna. Nel 1874 pubblicava a Venezia un Catalogo ragionato dei fossili del calcare eocene di monte Bolca e monte Postale, che fu per anni il lavoro più aggiornato e autorevole sull'argomento.
L'opera del D. illustra in modo esemplare i pregi e i limiti delle ricerche naturalistiche dell'Italia risorgimentale e unitaria. Nonostante il crescere di cattedre universitarie dedicate allo studio delle scienze naturali, il paese non possedeva strutture pubbliche adeguate, o in grado di competere con le grandi collezioni museografiche e librarie di centri quali Parigi, Londra o Vienna. Le nuove capitali, Firenze prima, e Roma poi, non riuscivano a realizzare programmi di sviluppo scientifico, mentre la pluralità di centri periferici che vantavano grandi tradizioni di ricerca non era in grado di trovare finanziamenti adeguati, che solo grandi istituzioni nazionali potevano ormai reperire. Al pari di altri colleghi, il D. considerava lo studio della botanica, della geologia e della paleontologia alla stregua di passatempo da gentiluomo. Fonti e strumenti per la ricerca erano ottenuti grazie alle proprie finanze, o tramite scambi di favori con amici e colleghi italiani e stranieri. Il D. investì somme considerevoli per costituire il fondo di libri e di reperti indispensabili alla descrizione e alla identificazione dei nuovi esemplari che raccoglieva nel corso delle sue escursioni. I doveri verso la propria città, la professione o i propri affari impedivano quei lunghi viaggi per esplorare vasti territori su cui si fondava il successo delle scuole inglesi, tedesche e francesi. Tutte le esplorazioni e le ricerche del D. erano limitate alle province venete, se non addirittura ai territori delle sue varie residenze e proprietà. Questi limiti non gli impedirono comunque di venire riconosciuto e stimato come un profondo conoscitore della paleontologia e della paleobotanica delle province venete. Fu membro della Società geologica di Francia dal 1842 e vicepresidente per l'Italia ai congressi geologici internazionali di Bologna del 1881 e di Berlino del 1885. Ricoprì vari incarichi presso l'Accademia delle scienze di Padova, di cui fu presidente nel biennio 1879-1880, e presso il R. Istituto veneto, che diresse nel biennio 1875-1876; fu eletto membro dell'Accademia delle scienze detta dei XL e dell'Accademia dei Lincei.
Oltre a quelle citate nel testo ricordiamo alcune altre opere del D.: Sulla giacitura dei terreni di sedimento del Trevigiano. Memoria..., Padova 1841; Sur les terrains des environs de Trévise et de Padoue, in Bull. de la Soc. géol. de France, XIV (1842-1843), pp. 56-59, Sulle Alpi venete, in Atti della V Unione degli sc. it. ... Lucca ... 1843, Lucca 1844, pp. 244 s.; Della geologia e dei suoi progressi prima del sec. XIX, Padova 1843; Intorno ai cenni del prof. T. A. Catullo sopra il sistema cretaceo delle Alpi venete, ibid. 1846; Osserv. sul terreno cretaceo dell'Italia sett., in Nuovi Saggi d. I. R. Acc. di sc. lett. ed arti di Padova, VI (1847), pp. 189-200; Sui terreni giurassici delle Alpi venete e sulla flora fossile che li distingue, Padova 1852; Nouveau gisement de poissons fossiles, in Bull. de la Soc. géol. de France, s. 2, X (1852-1853), pp. 267 ss.; XI (1853- 1854), pp. 469 s.; Sulla flora fossile dell'oolite, in Mem. del R. Ist. veneto di sc. lett. ed arti, VI (1856), pp. 325-339; Prospetto dei terreni sedimentari del Veneto, in Atti del R. Ist. veneto di sc. lett. ed arti, s. 3, III (1857-58), pp. 233-244; Sulle piante fossili del trias di Recoaro raccolte dal prof. A. Massolongo m.e. del R. Ist. veneto. Osservazioni di A. D., in Mem. dell'I. R. Ist. veneto di sc. lett. ed arti, XI (1862), pp. 1-31; Osservazioni sulle felci fossili dell'oolite ed enumerazione delle specie finora rinvenute nei vari piani di quella formazione, coll'aggiunta dei sinonimi, della descrizione dei generi e delle specie nuove, e di un prospetto della loro distribuzione geografica, Padova 1865; Annotazioni paleontologiche, in Mem. del R. Ist. veneto di sc. lett. ed arti, s. 3, XV (1870), pp. 23-32; Sui sirenoidi fossili dell'Italia, in Boll. del R. Comitato geol. d'Italia, IX (1878), pp. 105-109, Annotazioni paleontologiche sulla Lithiotis problematica di Gümbel, in Mem. del R. Ist. veneto di sc. lett. ed arti, XXI (1879), pp. 129-136; Sopra un cranio di Coccodrillo scoperto nel terreno eocerico del Veronese, in Mem. d. R. Acc. dei Lincei, cl. di scienze fis., mat. e natur., s. 3, V (1880), pp. 65-72; Resti di Sauriani nel Lombardo Veneto, in Boll. d. Soc. geol. it., I (1882), p. 161; Sui vertebrati fossili dei terreni mesozoici delle Alpi venete, in Nuovi Saggi d. R. Acc. di sc. lett. ed arti di Padova, IX (1883), pp. 315-326; Nuove aggiunte all'ittiofauna dell'epocaeocena, in Mem. del R. Ist. veneto di sc. lett. ed arti, XXIII (1887), pp. 9-33; Pesci fossili di Lumezzane in Val Trompia, in Mem. d. R. Acc. dei Lincei, classe di scienze fis. mat. e natur., s. 4, VII (1891), pp. 51-59.
Fonti e Bibl.: Necr. in Rend. d. R. Acc. d. sc. fis. e nat., XXX (1892), 1-2; in Atti del R. Ist. veneto di sc. lett. ed arti, L (1892), pp. 55-62;Padova, Bibl. univ., B(a) 1490.25: Ricordo del barone A. D., a cura dei figli; G. Omboni, A. D., in Atti del R. Ist. veneto di sc. lett. ed arti, LV (1896-1897), pp. 111-150;A. Gloria, Cronaca di Padova dal 10 dic. 1849 al 2giugno 1867, a cura di G. Toffanin jr, Trieste 1977.