POMPOSA, Abbazia di
(Pomposia nei docc. medievali)
Abbazia benedettina situata in Emilia-Romagna lungo la fascia litoranea adriatica, in prov. di Ferrara.Dell'insediamento altomedievale - edificato nell'insula Pomposiana, allora limitata dai due rami principali del delta del Po, quelli di Goro e di Volano, e dalle lagune orientali - sono emersi alcuni resti nel 1925 e nel 1962. Le fonti citano l'abbazia per la prima volta nell'874 come "monasterium sanctae Mariae in Comaclo quod Pomposia dicitur" (Federici, 1781), ma è probabile che un romitorio benedettino vi esistesse già da tempo. Con il sec. 10° P. divenne ricca e importante e, nella prima metà dell'11°, l'abate Guido degli Strambiati (1008-1046) ne fece un vivace centro di scambi fra mistici, studiosi, riformatori, re, papi e potenti feudatari.Una lastra iscritta con la data 1026, posta nel pavimento della chiesa di S. Maria, ne attesta la data di consacrazione; questo litostroto comprende una parte lavorata a opus sectile fra due porzioni di mosaico, di cui quella a E è sembrata ad alcuni un reimpiego (Salmi, 19662; Russo, 1984). Tracce archeologiche, messe in luce durante una campagna di scavi nel 1975 (Pavan, 1984), provano però che ancor prima di quella data esisteva una chiesa ampia all'incirca come l'attuale. Questa venne eretta con laterizio di reimpiego con pianta a tre navate divise da colonne con base, fusto, capitello e pulvino di reimpiego, con copertura a capriate e abside semicircolare, poligonale all'esterno, e ampie monofore che tagliano le pareti della navata centrale al di sopra dello spiovente delle navatelle, coronate all'esterno da arcate cieche. Al 1026 risale anche un rimaneggiamento della zona absidale, con l'inserimento della cripta a oratorio (Thümmler, 1939), la costruzione delle absidiole (Russo, 1984) e la decorazione pittorica, della quale rimangono alcuni resti nella parete perimetrale sud (Storie di s. Pietro). L'ipotesi di un coevo radicale rifacimento delle mura e dei colonnati della chiesa (Verzone, 1940) potrebbe essere avvalorata dal livello di posa delle basi dei fusti, maggiore di quello più antico. Le date proposte per il primo edificio oscillano fra i secc. 8° e 9° (Salmi, 19662; Russo, 1984).Soltanto pochi anni dopo la consacrazione della chiesa un nartece fu addossato al corpo delle navate ed è forse possibile collegare la sua costruzione ai lavori promossi dal vescovo Gebeardo (1027-1044), ricordato nell'epigrafe della sua sepoltura nella sala del Capitolo dell'abbazia come colui che incrementò la chiesa e il cenobio. Subito dopo la sua costruzione, il nartece venne ornato all'interno con un ricco ciclo di affreschi - datato alla fine del sec. 10° da Salmi (19662), agli inizi dell'11° da Russo (1984) - venuto alla luce nel 1956. Poco più tardi, dopo l'accorpamento della sua struttura alla chiesa, venne costruito l'atrio attuale, riccamente ornato all'esterno con bacini ceramici, stucchi, marmi, pietre e laterizi intagliati e incisi con figurazioni di chiara origine orientale, entro una magistrale impaginazione dovuta al suo costruttore, Mazulone (Salmi, 19662, con la tradizionale datazione al 1026; Russo, 1986, che lo posticipa di qualche decennio, avvicinandolo alla prima fase del cantiere contariniano di S. Marco a Venezia).L'imponente campanile, iniziato nel 1063 e innalzato con una struttura a sezione quadrangolare di carattere lombardo, risulta collocato a filo della chiesa ed è certamente successivo all'atrio, di cui ripropone il complesso sistema decorativo in laterizio nella spartizione in piani e nel coronamento delle polifore.All'abate Giovanni da Vidor (1148-1161) sono dovuti il restauro della zona nordorientale della chiesa, datato al 1151 da una lastra oggi collocata nella fronte dell'atrio, e la fattura di un litostroto più recente, a O. Nel frattempo, anche gli edifici del monastero vennero ampliati intorno al chiostro addossato al fianco meridionale della chiesa; di questi oggi rimangono la sala del Capitolo, il dormitorio e il refettorio nella facies due e trecentesca. A O, nel tardo sec. 11°, venne costruito l'imponente palazzo della Ragione, di cui è ancora leggibile la struttura 'lagunare' nella loggia multipla al piano terreno e nelle polifore al superiore, riportate in luce dai restauri del primo Novecento, che hanno sacrificato le trasformazioni del 1396.La variazione del corso delle acque del Po determinò, sin dal 1152, il graduale impaludamento delle terre del monastero ma, pur trovandosi in luogo insalubre, P. rimase ancora vivace centro di interessi economici e religiosi fino al 14° secolo. A questa fase tarda risalgono gli affreschi del refettorio (Ultima Cena, Déesis, Cena dell'abate Guido), successivi al 1318, opera di un maestro vicino a Pietro da Rimini, e quelli della chiesa, con la Déesis del 1351 di Vitale da Bologna (v.) nell'abside e le Storie dell'Antico e del Nuovo Testamento e dell'Apocalisse di scuola bolognese, dipinte dopo il 1360 sulle pareti della navata centrale (Benati, 1986).
Bibl.:
Fonti. - P. Federici, Rerum Pomposianarum historia, I, Roma 1781; Regesta Pomposiae, I (874-1200), a cura di E. Samaritani, Rovigo 1963.
Letteratura critica. - G. Rivani, L'insigne abbazia di Pomposa e l'attuale suo restauro, AC 19, 1931, pp. 100-115; H. Thümmler, Die Baukunst des 11. Jahrhunderts in Italien, RömJKg 3, 1939, pp. 141-226; P. Verzone, L'architettura nell'XI secolo nell'Esarcato, Palladio 4, 1940, pp. 97-112; M. Salmi, L'abbazia di Pomposa, Milano 19662 (Roma 1936); H. Stern, Le pavement de la basilique de Pomposa, CahA 18, 1968, pp. 157-169; A. Corbara, Il ciclo pittorico altomedievale di Pomposa, La Pié 43, 1970, pp. 60-62; G. Pavan, Il museo Pomposiano, Musei ferraresi 7, 1977, pp. 74-78; A. Corbara, I bacini ceramici di Pomposa, Commentari 29, 1978, pp. 32-46; G. Pavan, Ricerche e lavori a Pomposa, in L'arte sacra nei ducati estensi, "Atti della II Settimana dei Beni storico-artistici della Chiesa nazionale negli antichi ducati estensi, Ferrara 1982", Ferrara 1984, pp. 165-200: 168-170; E. Russo, Profilo storico-artistico della chiesa abbaziale di Pomposa, ivi, pp. 201-262; D. Benati, Pittura del Trecento in Emilia Romagna, in La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, Milano 1986, I, pp. 193-232; E. Russo, L'atrio di Pomposa, in La civiltà comacchiese e pomposiana. Dalle origini preistoriche al tardo medioevo, "Atti del convegno nazionale di studi storici, Comacchio 1984", Bologna 1986, pp. 477-536: 480-481; id., Antiche piante e vedute del complesso abbaziale di Pomposa, Analecta Pomposiana 15, 1990, pp. 101-136; Pomposa, la fabbrica, i restauri, a cura di C. Di Francesco, cat., Ravenna 1992; La biblioteca di Pomposa, a cura di G. Billanovich, Padova 1994; R. Romanelli, Reimpiego, tradizione e innovazione nell'architettura medievale di Ravenna, AM, s. II, 10, 1996, 1, pp. 31-44.R. Romanelli