sigillo
s. m. [dal lat. sigillum, dim. di signum «segno»]. – 1. a. Impronta ottenuta su un supporto malleabile mediante l’apposizione di una matrice recante i segni distintivi di un’autorità, di una persona fisica o morale (una figura, uno stemma, una o più iniziali, o una leggenda), per testimoniarne la volontà certificatrice; può essere realizzato con materiali diversi, quali cera, ceralacca, carta, cera sotto carta, ma anche con varî metalli (piombo, oro, argento), ed è allora detto bolla (in diplomatica, si preferisce distinguere tra s. aderenti e s. pendenti). Il sigillo (detto anche suggello), è stato usato fin dall’antichità per autenticare documenti, lettere o plichi e impedirne così la manomissione: mettere il s. a una busta; rompere il s. di un pacco; i s. del plico risultano manomessi; studiare i s. in archivio. Nei secoli 17°-18° si dicevano a s. volante (per calco del fr. cachet volant), o anche a s. alzato, le lettere, spec. quelle ufficiali, che venivano inviate con il sigillo applicato su una sola piegatura della missiva, al fine di non impedirne l’apertura. Nell’Apocalisse di s. Giovanni (cap. 5 e segg.), è definito libro scritto di dentro e di fuori e sigillato con sette sigilli («librum scriptum intus et foris signatum sigillis septem») il libro che contiene l’avvenire e che nessuno potrà aprire se non l’Agnello, cioè Gesù, che è stato immolato per la redenzione degli uomini. b. Per estens., la matrice, di metallo, osso, pietra dura incisa in incavo, che può presentare varie forme (cilindro, bottone, scarabeo, ecc.), in uso già nell’antichità (precedendo talvolta la scrittura), destinata a imprimere il supporto malleabile; anche il timbro (a secco, a inchiostro): s. babilonesi, cretesi, greci, romani, cinesi; s. medievali, rinascimentali, moderni. c. Segno speciale, comunque impresso, che serve a dare validità o a garantire l’autenticità di uno scritto o stampato; per es., si chiama s. tipografico il segno che nei primi secoli della stampa i tipografi ponevano alla fine dei libri per contrassegnare le proprie edizioni. Nel diritto pubblico italiano, sigillo dello stato, il segno che rappresenta giuridicamente in tutte le sue manifestazioni di volontà l’autorità dello stato, custodito dal ministro della Giustizia (detto perciò anche ministro guardasigilli) e apposto, per es., in calce a tutte le leggi dopo che esse sono state promulgate. Nel diritto internazionale, s. diplomatico, il segno indicativo del carattere ufficiale di un documento attinente alle relazioni internazionali, e anche il contrassegno della natura ufficiale dei plichi che gli organi centrali e periferici delle relazioni internazionali di uno stesso stato, o quelli di varî stati, scambiano tra loro. 2. Per analogia: a. S. di garanzia, apposto a un prodotto per garantirne la genuinità, l’originalità, la qualità o a un recipiente a tutela dell’integrità o della dichiarata quantità del prodotto contenuto: una vecchia bottiglia con il s. del tappo quasi intatto. S. ermetico (meno com. di Ermete), la chiusura, operata a fuoco, di fiale o altri recipienti di vetro (v. ermetico). b. Al plur., ogni mezzo adoperato, spec. da una pubblica autorità, per garantire una chiusura; per es., le strisce di carta o di tela che vengono incollate su porte e finestre, e opportunamente contrassegnate, per assicurarsi che nessuno entri indebitamente in un ambiente; o su mobili, cassetti, casseforti, ecc., per assicurarsi che non vengano aperti senza autorizzazione: mettere i s. a un appartamento, a una stanza; la Finanza ha sequestrato i libri contabili della ditta e li ha chiusi in un armadio cui ha apposto i sigilli. In diritto, apposizione dei s., provvedimento cautelare e provvisorio, disposto in genere dal pretore, diretto ad assicurare la conservazione di un patrimonio (per es., in caso di sequestro): rimozione dei s., provvedimento consistente nell’operazione opposta all’apposizione, e che dà luogo, quando sia necessario, al procedimento dell’inventario. 3. In usi fig.: a. Chiusura, termine, conclusione di qualche cosa: in questo senso, trattamento di sigillo, nelle costruzioni stradali, trattamento superficiale che si pratica come ultima finitura del manto bituminoso. b. poet. Conferma, approvazione; in partic., in due passi di Dante nel canto XI del Paradiso (v. 93 e v. 107), con riferimento alla regola di s. Francesco: regalmente sua dura intenzione Ad Innocenzio aperse, e da lui ebbe Primo s. a sua religione; e Nel crudo sasso intra Tevero e Arno Da Cristo prese l’ultimo sigillo, Che le sue membra due anni portarno, cioè le stimmate, interpretate come una ulteriore e definitiva approvazione della regola, accordata al santo dallo stesso Cristo. c. Obbligo del silenzio, ingiunzione di non far conoscere ad altri, in frasi come: confidare qualcosa sotto il s. della segretezza, sotto stretto s.; e nel linguaggio eccles., il s. della confessione, l’obbligo, e insieme il diritto, del sacerdote di mantenere il segreto su quanto gli è stato detto in confessione. Meno com., mettersi il s. alla bocca, alle labbra, decidere fermamente di non voler parlare di fatti o su argomenti determinati. Cfr. (anche per il sign. precedente) l’uso analogo di suggello. 4. Sigillo di Salomone, locuz. usata con tre accezioni diverse: a. In astrologia, lo stesso che nodo di Salomone (v. nodo, n. 2). b. In alchimia, figura di stella a sei punte, che rappresenta l’insieme degli elementi dell’universo, o dei metalli di base, o dei pianeti. c. In botanica, nome di alcune liliacee, e in partic. della specie Polygonatum odoratum (sinon. P. officinale), comune nei boschi alpini, così chiamata perché presenta, sulla faccia superiore del rizoma, caratteristiche incisioni corrispondenti alle cicatrici formate per il distacco dei germogli aerei seccatisi dopo la maturazione dei frutti.