radiotelescopio
radiotelescòpio s. m. [comp. di radio- (nel sign. c) e telescopio]. – In radioastronomia, strumento usato per raccogliere e registrare i segnali emessi da radiosorgenti stellari e costituito da un’antenna, per lo più orientabile e generalmente consistente in un riflettore sferico o paraboloidico ricoperto da una griglia metallica; da un rivelatore di radiosegnali, per es. un radioricevitore a supereterodina dotato di un dispositivo in grado di discriminare il segnale (spesso anche debole) dal rumore generato dal ricevitore stesso; e da un sistema di registrazione, che registra il segnale rivelato su carta o nastro magnetico oppure lo invia (previa conversione analogico-digitale) a un calcolatore elettronico. In partic., r. completamente orientabili, con i quali è possibile osservare una radiosorgente che si trova, a un dato momento, in un qualunque punto del cielo; r. parzialmente orientabili, che consentono l’orientazione secondo una sola coordinata (per lo più l’altezza); r. fissi, con i quali l’osservazione è limitata a una striscia di cielo, resa accessibile dal moto diurno della Terra. In analogia con i telescopî ottici, si può definire il potere risolutivo di un r., che risulta tanto maggiore quanto più grande è il diametro dell’antenna e quanto più piccola è la lunghezza d’onda che si vuole ricevere (poiché le lunghezze d’onda delle radioonde sono molto maggiori di quelle della luce visibile, per avere un potere risolutivo comparabile con quello dei telescopî ottici si dovrebbero realizzare antenne di diametro enormemente grande: tale problema può essere risolto con l’impiego di un radiointerferometro). TAV.