posa
pòsa s. f. [der. di posare]. – 1. Pausa, sosta, più o meno lunga, che interrompe la continuità di un’attività, e spec. di una fatica, di una condizione penosa e sim.; in questa accezione è quindi spesso sinon. di requie, pace, riposo, soprattutto nelle locuz. non avere, non trovare, non dare posa (cfr. le locuz. analoghe formate con pace, tregua, respiro): Vedrai te somigliante a quella inferma Che non può trovar posa in su le piume, Ma con dar volta suo dolore scherma (Dante); Non spero del mio affanno aver mai posa (Petrarca); Ma ’l sonno che de’ miseri mortali È co ’l suo dolce oblio posa e quiete (T. Tasso). Con il sign. più generico di sosta, riposo: Ora è tempo di posa (Parini); senza posa, ininterrottamente, incessantemente: lavorare senza posa; anche, ma ormai raro, sosta durante uno spostamento, un viaggio. Nell’uso ant., pausa musicale, o pausa della voce nella lettura, nella recitazione. 2. a. L’atto, l’operazione del posare, cioè del porre, del collocare in un luogo (in questo sign., soltanto con determinati complementi): la p. della prima pietra di un edificio; procedere alla p. dei cavi telefonici, delle tubature di un condotto; la p. di mine, di reti di sbarramento; il piano di posa delle fondazioni; posa in opera, lo stesso che messa in opera (v. messa2, n. 1 b). b. Con il sign. di appoggio, in senso fig., posa della voce, il particolare rafforzamento del tono sulle sillabe che portano l’accento. 3. a. Il permanere, per un certo periodo di tempo, pressoché immobile in un determinato atteggiamento del corpo per essere ritratto o fotografato: occorrono ancora parecchie ore di posa per terminare il quadro; una p. di mezz’ora; una p. breve, lunga, snervante, estenuante; restare in posa; tenere la modella in posa. b. L’atteggiamento stesso in cui ci si pone per essere ritratti o fotografati: mettersi in posa; assumere una p. naturale, disinvolta, oppure artificiosa, sforzata. Più genericam., la posizione del corpo e delle membra, l’atteggiamento della persona sia in un ritratto o in una fotografia, sia anche nella realtà: avere una p. solenne, statuaria, regale; guarda che posa!; non potevi scegliere un’altra p.?; s’era messa intenzionalmente in una p. provocante. c. fig. Modo di atteggiarsi e di comportarsi non naturale ma studiato e affettato, di chi vuol apparire ciò che non è: si rende ridicolo con quella sua p. di grand’uomo; vuol fare l’originale a tutti i costi, ma è solo una p. (o sono tutte pose). 4. In fotografia, con varie accezioni: a. Sinon. di esposizione, spec. in alcune locuz. come tempo di p., tempo di esposizione; tabelle di p., semplici tabelle che danno il tempo di posa e l’apertura del diaframma in relazione a determinate categorie di soggetti (paesaggio, spiaggia, neve, ecc.) e di illuminazione (sole, cielo velato, ecc.); latitudine di p., di un’emulsione fotografica, la sua capacità di dar luogo a immagini leggibili anche se il tempo di esposizione è maggiore o minore, entro certi limiti, dei valori prescritti. b. Ripresa fotografica che richiede un’esposizione relativamente lunga (in genere superiore al secondo) e che quindi non può essere considerata una istantanea. c. Fotografia, immagine fotografica: è una p. riuscita; pellicola per 12, per 24, per 36 pose. In cinematografia, teatro di posa (v. teatro, n. 1 b). 5. Con sign. concr., il precipitato separatosi da un liquido torbido lasciato in riposo: questo vino ha fatto molta posa.