plebeo
plebèo (ant. raro plebèio) agg. e s. m. (f. -a) [dal lat. plebeius, der. di plebs plebis «plebe»]. – 1. Della plebe, appartenente alla plebe dell’antica Roma: le magistrature p.; i consoli p.; persona di origine p.; come sost.: le lotte tra i patrizî e i plebei. 2. a. Che appartiene o si riferisce al popolo, al ceto povero e disagiato: persone p.; gente p.; come sost.: non a guisa di plebeio ma di signore, ... con grandissimo onore fu portato alla sepoltura (Boccaccio); di necessari danni Si consola il plebeo (Leopardi), qui inteso come l’uomo comune, mediocre (contrapposto al prode). b. agg. Con riferimento a cosa, popolare, umile: Quivi i lari plebei [le case popolari] Da le spregiate crete ... Versan fonti indiscrete (Parini); spesso con tono polemico e senso più o meno spreg., rozzo, grossolano, privo di qualsiasi raffinatezza: Quante volte plebea voce percosse Il dubitoso orecchio (Leopardi); anche, triviale, volgare: linguaggio p.; modi p.; un gesto plebeo. ◆ Dim. plebeùccio. ◆ Avv. plebeaménte (più raro plebeiaménte), non com., in modo plebeo, cioè grossolano, volgare, sguaiato: Quel salutar licore agro e indigesto ... te farebbe Ruttar plebeiamente (Parini).